Herbert Spencer
L'inglese Herbert Spencer (Derby 1820 - Brighton 1903) è considerato uno dei principali esponenti del positivismo evoluzionista. Non ha una formazione universitaria, ma sotto la guida del padre e per suo conto studia matematica e scienze naturali pur lavorando come tecnico delle ferrovie fino al 1846. Poi si dedica all'attività filosofica e scrive, tra l'altro: Primi principi (1860-62); Principi di biologia (1864-67); Principi di psicologia (1870-72); Principi di sociologia (1876-96); Principi di etica (1879-93).
Evoluzionismo filosofico
Pur ispirandosi alla dottrina di Darwin, Spencer non fonda il suo pensiero su puntuali ricerche di scienze naturali, ma delinea piuttosto una visione generale della realtà che applica le concezioni scientifiche evoluzionistiche ai diversi settori dell'indagine filosofica. La legge generale dell'universo determina il passaggio da uno stadio diffuso e impercettibile a uno stadio concentrato e percettibile, attraverso un'integrazione di materia e una concomitante dispersione di movimento: si realizza così un passaggio dall'omogeneo all'eterogeneo. Questo processo si verifica anche nelle società umane che si evolvono differenziando i compiti dei loro membri e organizzandosi in forme sempre più complesse, anche di produzione. L'eterogeneo, a cui l'evoluzione tende, è anche il più definito, il più esatto e il più perfetto: ciò vuol dire che tutto spontaneamente procede verso il meglio.
Scienza e religione
Tutte le religioni ritengono che il mondo sia un mistero bisognoso di spiegazione; la scienza, d'altro lato, lascia molti problemi insoluti e insolubili e sa fondatamente che nulla può essere conosciuto nella sua intima essenza. Compito della conoscenza e della spiegazione è solo quello di classificare il nuovo entro una serie di fenomeni già noti, facendo salva la coerenza dell'insieme. La nostra conoscenza è sempre relativa, perché arriva a limiti non ulteriormente spiegabili. Al di là di quanto è comprensibile, e che appartiene al campo della scienza e della filosofia, c'è l'Inconoscibile, al quale si riferisce la religione. La filosofia deve purificare la religione dalle sue forme più grossolane di espressione e inoltre deve offrire una conoscenza più generale di quella scientifica, perché tende a fondere le varie conoscenze scientifiche. L'esperienza è un sapere non unificato; la scienza è un sapere parzialmente unificato, mentre la filosofia è sapere completamente unificato. Il criterio di verità è la salvaguardia della coerenza tra i vari elementi. Si deve perciò presupporre come fondamentale l'attestazione della coscienza, che coglie la coerenza delle affermazioni: pensare non significa, infatti, avere solo dei fatti di coscienza, ma vuol dire metterli in relazione tra loro. Ogni verità è frutto del processo di adattamento tra le relazioni interne all'individuo cosciente (l'insieme delle sue conoscenze, persuasioni, convinzioni) e quelle tipiche dell'ambiente circostante.