Ludwig Wittgenstein
L'austriaco Ludwig Wittgenstein (Vienna 1889 - Cambridge 1951) studia ingegneria e si dedica in seguito alla matematica e alla logica. Dopo aver elaborato il Tractatus logico-philosophicus (1918), opera fondamentale nella filosofia del '900, nel 1920-26 insegna come maestro elementare in paesi montani dell'Austria. Tornato a Vienna entra in contatto col circolo di Vienna, i cui esponenti si ritengono vicini al percorso di pensiero del Tractatus. Wittgenstein si rende allora conto della necessità di correggere la sua opera e nel 1929 si laurea in filosofia a Cambridge, dove insegna dal 1930 al 1947. Alla sua morte lascia una mole di manoscritti, fra cui le Ricerche filosofiche (1953) e le Osservazioni filosofiche (1964).
Il "Tractatus logico-philosophicus"
Composto di brevi aforismi, numerati in ordine di importanza come commento a sette proposizioni principali, il Tractatus viene letto dai neopositivisti come la critica radicale di ogni metafisica e la riduzione della filosofia a due tipi di proposizioni: le proposizioni formalmente corrette della logica (che si riducono in fondo a tautologie) e le proposizioni di fatto, o intuitivamente verificabili.
Wittgenstein non condivide questa interpretazione ed è espressamente critico della riduzione della filosofia alla logica. Il suo intento è piuttosto quello di mostrare che la formulazione dei problemi filosofici "si fonda sul fraintendimento della logica del nostro linguaggio". Tale logica consiste essenzialmente nella raffigurazione degli stati di cose, o "fatti atomici", concatenazioni di oggetti in connessioni immediate, che sono nel mondo. Ne deriva che la pretesa di esprimere i valori dell'estetica e della morale mette capo a proposizioni prive di senso: nel mondo infatti "non v'è alcun valore, né, se vi fosse, avrebbe un valore". L'estetica e l'etica sono perciò "trascendentali", come il linguaggio, che non può essere detto come una "cosa" del mondo. Ciò non comporta una svalutazione nichilistica della metafisica e della morale: Wittgenstein intende il Tractatus come un'opera composta di due parti: la prima effettivamente scritta e la seconda lasciata nel silenzio. Infatti la settima e ultima proposizione ("su ciò di cui non si può parlare si deve tacere") è l'unica priva di commento: solo superando le proposizioni del Tractatus e sporgendosi "oltre" il linguaggio si "vede rettamente il mondo", si mostra l'"ineffabile" o "il mistico". Il percorso del Tractatus deve perciò "curare" quella malattia del linguaggio che è tradizionalmente la metafisica. Ma ciò non significa che le proposizioni di fatto della scienza, pur essendo sensate, abbiano "valore". La posizione di Wittgenstein è che ciò che più importa non si può dire, perché i limiti del linguaggio sono i limiti stessi del mondo e non è sensatamente ipotizzabile un metalinguaggio che possa parlare del mondo, del linguaggio e della loro relazione.
Il "secondo" Wittgenstein
Proprio la riflessione sul linguaggio induce Wittgenstein a una revisione delle tesi del Tractatus. La pretesa di teorizzare la logica raffigurativa del linguaggio come qualcosa di monolitico e unitario, nonché la pretesa di ridurre il linguaggio a proposizioni elementari rispecchianti stati di cose si rivelano insostenibili. Il linguaggio è in realtà intessuto di pratiche e di sensi eterogenei, e il "secondo" Wittgenstein abbandona ogni intento normativo e assume piuttosto un abito analitico di tipo descrittivo, che ispirerà la filosofia analitica del linguaggio ordinario. Wittgenstein procede qui con suggestivi esempi, analogie, ipotesi interpretative, come colui che, osservando un gioco di carte sconosciuto, cerchi di ricavarne le regole in base alle mosse dei giocatori.
Egli chiama infatti "giochi linguistici" quelle famiglie di espressioni che governano il parlare degli uomini. Quella "sensatezza" che il Tractatus ravvisava nelle proposizioni rispecchianti i fatti del mondo è ora estesa ai vari giochi linguistici che gli uomini praticano: le proposizioni di un gioco linguistico hanno senso entro di esso, ma non possono estenderlo ad altri giochi. Così, ciò che ha senso per la teologia non può aver senso alcuno entro i giochi linguistici della scienza naturale e così via. Se il compito del filosofo nel Tractatus era quello di inibire le proposizioni prive di senso logico-fattuale, nelle Ricerche filosofiche esso diviene quello di rendersi conto delle condizioni e delle avventure del senso e di descriverle.