Occupati e disoccupati nelle statistiche
Chi sono i disoccupati e come si calcolano? Non si deve credere che chiunque non lavori è un disoccupato.
Il dato da cui partire per identificare i disoccupati e quantificare il fenomeno della disoccupazione è quello relativo alle forze di lavoro, espressione che, nelle statistiche ufficiali dell'ISTAT si riferisce al complesso degli occupati e delle persone in cerca di occupazione.
Gli occupati comprendono le persone di 15 anni e più che dichiarano di possedere un'occupazione o che risultano occupati al momento della rilevazione.
Le persone in cerca di occupazione comprendono:
- i disoccupati, ossia le persone di 15 anni e più che hanno perduto una precedente occupazione alle dipendenze per licenziamento, fine di un lavoro a tempo determinato, dimissioni;
- le persone in cerca di prima occupazione, ossia le persone di 15 anni e più che non hanno mai esercitato un'attività lavorativa oppure l'hanno esercitata in proprio;
- le altre persone in cerca di lavoro, ossia persone con 15 anni e più che si sono dichiarate in condizione di iniziare un'attività in futuro oppure che sono nella condizione di studente, casalinga, ritirata dal lavoro ma affermano di cercare ugualmente lavoro.
Il resto della popolazione è classificato dall'ISTAT con la dizione: non forze di lavoro.
Il rapporto tra le forze di lavoro così definite e la popolazione definisce il tasso di attività. (La tabella 2 presenta i tassi di attività relativi ai principali paesi avanzati. Il dato molto basso relativo all'Italia è indicativo di un mercato del lavoro non pienamente sviluppato).
Il rapporto tra le persone in cerca di occupazione e le forze di lavoro definisce il tasso di disoccupazione.
Se calcolato come rapporto percentuale tra le persone in cerca di occupazione in età dai quindici ai ventiquattro anni e le forze di lavoro nella stessa classe di età viene chiamato tasso di disoccupazione giovanile.
Si noti che è possibile il verificarsi simultaneo di un aumento degli occupati e di un aumento dei disoccupati, quando aumentano contemporaneamente anche le forze di lavoro (per esempio, per un aumento del tasso di partecipazione delle donne).
•La disoccupazione di massa in Europa
La disoccupazione di massa ha fatto di nuovo la sua comparsa a partire dagli anni Ottanta. Diversamente dagli anni Trenta, è ora l'Europa a essere maggiormente colpita. Osservando la tabella 1 si nota che per quasi tutto il decennio Novanta gli Stati Uniti hanno registrato un tasso di disoccupazione che è circa la metà di quello europeo.
Sia in Gran Bretagna sia negli Stati Uniti si sono verificate diminuzioni del salario medio e aumenti del tasso di povertà, anche fra gli occupati. Nell'Europa continentale, dove il tenore di vita degli occupati non è peggiorato, la disoccupazione è esplosa, con tassi a due cifre. Si tratta prevalentemente di disoccupazione giovanile e/o a lungo termine, di cui è più difficile il riassorbimento.
•Garantiti e non garantiti
Secondo l'interpretazione più corrente, questi sviluppi suggeriscono che le terapie keynesiane più massicce hanno perso la loro efficacia, mentre quelle marcatamente neoliberiste creano disuguaglianze insostenibili per la coesione sociale che i paesi europei desiderano mantenere.
Questa difesa della coesione sociale aumenta però il solco fra gli occupati rappresentati dal sindacato e garantiti dai contratti collettivi (gli insiders) e i disoccupati e gli occupati precari che non godono di questa protezione (gli outsiders), perlopiù giovani e donne.
Nella lotta alla disoccupazione molti economisti tendono a raccomandare un forte intervento dello Stato nella formazione e nell'istruzione per preparare una forza lavoro competitiva in un'economia che ormai trascende i confini degli Stati. Da parte degli Stati, tuttavia, non sempre si sono fatti seguire alla retorica interventi finanziari degni dell'emergenza.
Un'altra misura di politica dell'occupazione che gode di un certo seguito è la riduzione dell'orario di lavoro raggiunta o direttamente attraverso legge e contrattazione collettiva o indirettamente attraverso l'abbattimento per le imprese dei vincoli alla diffusione del part-time (occupazione a tempo parziale).