Il movimento per l'estinzione umana: l'antinatalismo per salvare il pianeta

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Soprattutto tra le persone più sensibili al riscaldamento globale sta prendendo piede l’antinatalismo, un approccio che vede l’incremento della popolazione come un fattore negativo.

Nella percezione comune avere dei figli è una delle grandi tappe della vita e, viceversa, il declino demografico una spada di Damocle che incombe sulla società (inclusa quella italiana). Ma c’è anche chi ha una visione del tutto opposta. L’antinatalismo è la corrente di pensiero per cui la nascita è un evento negativo, frequentata da vari intellettuali e filosofi nella storia, tra cui Giacomo Leopardi, Arthur Schopenhauer ed Emil Cioran. Ultimamente questa visione sta trovando vari fautori soprattutto tra le persone più sensibili al tema del riscaldamento globale.

L’antinatalismo come antidoto alla sofferenza

“Ognuno di noi ha subìto un oltraggio nel momento in cui è stato messo al mondo. E non si tratta di un oltraggio da poco poiché anche la qualità delle vite migliori è pessima – e notevolmente peggiore di quanto riconosca la maggior parte delle persone”. È lapidario l’indice di “Meglio non essere nati. Il dolore di venire al mondo” (2006), la più celebre opera del filosofo sudafricano David Benatar, tradotta e pubblicata in Italia da Carbonio Editore.

Secondo Benatar, la procreazione è sostanzialmente manipolazione, perché i genitori decidono di avere un figlio per il loro stesso bene, non certo per il bene del nascituro. Che, anzi, non ha alcuna possibilità di opporsi a tale scelta. In questo senso, è una scelta contraria all’imperativo categorico kantiano espresso nella Metafisica dei consumi, per cui un uomo deve essere sempre un fine in sé stesso, mai un mezzo per un fine. Considerato che non nascere è assenza di dolore e di piacere e, invece, nascere espone a entrambi, allora astenersi dal procreare è la strada eticamente più giusta

In caso contrario, si condanna una persona inconsapevole a vivere una vita di sofferenza e a generare, a sua volta, sofferenza negli altri. “Gli esseri umani sono una specie profondamente imperfetta e distruttiva responsabile della sofferenza e della morte di miliardi di altri esseri umani e animali. Se tale livello di distruzione fosse causato da un'altra specie, raccomanderemmo rapidamente che nuovi membri di quella specie non vengano portati ad esistere”, scrive. 

Lo spettro della sovrappopolazione

Altre argomentazioni a favore dell’antinatalismo non vertono tanto sulla qualità della vita del singolo quanto, piuttosto, sulle prospettive della società. Si inseriscono in questo quadro le varie misure per il controllo della popolazione. La più celebre è la politica del figlio unico in Cina, abolita progressivamente a partire dal 2013 senza però una reale ripercussione positiva in termini di natalità.

Tra i più autorevoli studiosi della sovrappopolazione c’è lo statunitense Paul Elrich, docente di entomologia e autore di “The population bomb”, volume pubblicato nel 1968 che dipinge un futuro drammatico fatto di carestie globali. Previsioni che, nei fatti, si rivelano allarmistiche: nei decenni successivi le carestie ci sono state, ma su scala ben più ridotta rispetto a quanto ipotizzato dall’autore. Al di là delle critiche, il libro – che ha venduto due milioni di copie – ha contribuito a innescare una riflessione collettiva sulla scarsità di risorse a disposizione sulla Terra, in un’epoca in cui la consapevolezza sui temi ambientali era ancora da costruire.

Il calo delle nascite per salvaguardare le risorse del pianeta

Proprio la salvaguardia del pianeta è tra le ragioni che spingono molti verso l’antinatalismo. Esistono alcune evidenze scientifiche a supporto. Uno studio pubblicato su Environmental Research Letters, per esempio, stila una classifica delle azioni individuali con il maggiore potenziale di riduzione dell’impronta di CO2. Al primo posto c’è proprio la scelta di avere un figlio in meno, i cui benefici sono stimati in 58 tonnellate di CO2 equivalente evitate per ogni anno di vita del potenziale genitore.

Un calcolo che prende in considerazione le ipotetiche emissioni legate alla vita del futuro figlio (o figlia) e anche dei suoi discendenti. In confronto, i benefici delle altre scelte individuali appaiono risibili: 2,4 tonnellate di CO2e all’anno per la rinuncia all’auto privata, 1,47 per l’approvvigionamento di energia pulita, 0,52 per la sostituzione dell’auto a motore termico con un modello ibrido. 

Altre ricerche, però, sostengono che questi dati derivino da un presupposto errato: quello per cui le future generazioni avranno un impatto sul pianeta paragonabile al nostro. In realtà, la transizione ecologica è già iniziata ed è destinata a prendere ancora più slancio in futuro, per il combinato disposto dello sviluppo di nuove tecnologie e dell’introduzione di normative ambientali stringenti. Secondo questa visione, dunque, è sbagliato dare per scontato che le emissioni pro capite restino costanti.

Il Movimento per l'estinzione umana volontaria

È sempre uno spirito ambientalista ad animare il Movimento per l’estinzione umana volontaria (VHEMT), la cui mission recita: “Eliminare gradualmente la specie umana smettendo volontariamente di riprodursi permetterà alla biosfera terrestre di tornare in buona salute. Le condizioni di sovraffollamento e la carenza di risorse miglioreranno man mano che la nostra densità diminuirà”. Respingendo le accuse di misantropia, i promotori si dicono mossi solo dalla volontà di alleggerire il peso degli esseri umani sulle risorse naturali, per permettere alla Terra di rigenerarsi

Il Movimento per l’estinzione umana volontaria non è un partito politico né una setta religiosa. Si definisce piuttosto come uno “stato mentale” che chiunque è libero di abbracciare, anche chi ha avuto figli in passato: quello che conta è scegliere di non averne altri. “Siamo l’unica specie che si è evoluta abbastanza da potersi estinguere consapevolmente per il bene di tutte le forme di vita, o da averne la necessità”, si legge nel sito del VHEMT. “Riuscirci sarebbe il più grande traguardo per l’umanità. Che possiamo vivere a lungo ed estinguerci”. 

Valentina Neri

Foto di apertura: Foto di Alex Hockett su Unsplash