Antonio Tabucchi: vita e opere del grande scrittore
Tabucchi è stato il più grande conoscitore di Fernando Pessoa e ha avuto il merito di far conoscere la letteratura portoghese in Italia. Ecco il ritratto di uno scrittore prolifico e ossessionato dallo scorrere del tempo.
Antonino Tabucchi è stato uno scrittore, critico letterario, e linguista italiano, traduttore e divulgatore della Lingua e letteratura portoghese che insegnò dalla cattedra di cui era titolare all'Università di Siena. Ha diffuso con tali attività in Italia la conoscenza dei più grandi autori portoghesi, in particolare di Fernando Pessoa, tradotto, studiato, narrato come un fantasma incontrato a Lisbona, evocato immaginando i suoi ultimi giorni e persino i suoi sogni.
Biografia di Antonio Tabucchi
Antonio Tabucchi nasce a Pisa il 24 settembre 1943; fin dall'infanzia sviluppa una passione per l'arte e soprattutto per la letteratura, che poi costituirà i suoi studi. Dopo un viaggio in Portogallo conosce la sua futura moglie e i poeti surrealisti. Terminati gli studi universitari, insegna Lingua e letteratura portoghese in varie università italiane e pubblica nel 1975 il primo dei suoi romanzi, Piazza d'Italia (Bompiani), con cui vince il premio 'L'Inedito'. È uno scrittore prolifico ed eclettico e, con le sue opere, indaga generi letterari diversificati. Ottiene la fama internazionale con Sostiene Pereira. Muore il 25 marzo 2012, a 68 anni a Lisbona dov'è sepolto.
L'archivio dello scrittore, contenente carte, manoscritti, inediti, lettere, appunti è stato donato in grande parte alla Bibliothèque Nationale de France. Numerose sono le iniziative (convegni, rassegne, articoli e pubblicazioni) vengono organizzate da amici e studiosi di tutto il mondo per ricordarlo.
Infanzia e formazione
Antonio Tabucchi è figlio unico: sua madre era ostetrica, mentre il padre un commeciante. La morte del padre per tumore alla laringe, quando Antonio ha solo un anno, sarebbe poi diventata un caso giudiziario, perché un chirurgo si riconosce nel racconto di Tabucchi e lo denuncia per averlo infamato facendone una questione di ordinaria malasanità italiana.
Dopo la morte del padre, Antonio Tabucchi trascorre l'infanzia nella casa dei nonni materni a Vecchiano, dove frequenta le scuole. Sin da piccolo è appassionato d'arte e di letteratura, che costituiranno i soggetti delle sue future pubblicazioni. In seguito, frequenta il liceo classico a Pisa e la Facoltà di Lettere di Pisa, corso di laurea in Filologia romanza. Orienta i suoi studi verso la letteratura portoghese, seguendo un corso tenuto da Luciana Stegagno Picchio.
È uno studente brillante, che si distingue subito fra i compagni di corso al punto da vincere una borsa di studio che gli consente di recarsi a Lisbona e approfondire le sue conoscenze e la passione per la cultura e letteratura portoghese. Nel 1965 si mette in viaggio per la prima volta verso il Portogallo con la sua Fiat Cinquecento, attraversando la Costa Azzurra, la Spagna, sostando a Madrid e raggiungendo infine Lisbona.
La passione per la letteratura
Avido lettore, Tabucchi ha tra i libri prediletti nell'infanzia Pinocchio di Collodi, I viaggi di Gulliver di Swift e Don Chisciotte di Cervantes, ma la vera passione per la lettura inizierà nell'adolescenza, a quattordici anni, quando per un incidente è costretto a stare a lungo a letto ingessato. Supera la convalescenza leggendo le storie di avventura di Jack London, a cui seguirà la lettura delle opere di Stevenson, di cui amerà in particolar modo L'isola del tesoro.
I libri sono il rifugio in cui ripararsi in cerca di emozioni e avventure, alle quali partecipava accompagnato dai personaggi del racconto. Si costruisce un'intera biblioteca di libri di e su Céline. Va a conoscere Giorgio Caproni, dialoga con Vittorio Sereni, riceve consigli da Italo Calvino.
Spesso chiedeva all'amico Piero di spedirgli dalla biblioteca di Vecchiano un libro nel luogo in cui al momento si trovava. Nei ricordi dello scrittore Paolo di Paolo, Tabucchi “leggeva a voce alta, raccontava, metteva la musica. Come poche altre cose gli piaceva parlare di letteratura: di libri, di storie raccontate nei libri, di versi di poesie, lettere e vite di scrittori”. Ricorda come lo divertisse alzarsi nel pieno di una conversazione, o di un pasto, per andare a pescare dallo scaffale la citazione che in quel momento gli era urgente leggere: “Sta' a sentire che bellezza” potevano essere favolette di Gadda, una lettera di Leopardi alla sorella Paolina, una pagina di Hannah Arendt all'amico Walter Benjamin, una poesia di una poetessa portoghese innamorata, come lui, della Grecia.
Come si evince dai suoi racconti de Il gioco del rovescio possiede una ricchissima memoria letteraria, in cui hanno accesso anche Conrad e Melville, Kipling e James, Fitzgerald e Hemingway, Borges e i poeti, Baudelaire e Montale compresi, con l'aggiunta di echi cinematografici e richiami figurativi. E sarà proprio il libro Bureau de Tabac di Fernando Pessoa, a indirizzare l’amore di quel ragazzo inquieto verso i libri dell’autore portoghese e della letteratura del Paese più occidentale d'Europa.
La scoperta di Pessoa e l'amore per il portogallo
Nel 1964, trascorre un anno a Parigi, dove frequenta saltuariamente i corsi di filosofia alla Sorbona. Nei pressi della Gare de Lyon, trova su una bancarella Bureau de tabac (Tabacaria, nella traduzione francese di Pierre Hourcade) di Álvaro de Campos, uno degli eteronimi di Fernando Pessoa (1888-1935). Nasce così il suo interesse per il poeta portoghese, per il Portogallo e per la cultura e letteratura lusitane.
Nel 1965 si reca per la prima volta in Portogallo, raggiunto attraverso la Spagna con la sua Cinquecento. A Lisbona, che visita con l'aiuto della Tabacaria in lingua originale, considerata dal giovane “il viatico indispensabile per conoscere Lisbona, un libro di insonnie e di sguardi sulla città carpiti da una finestra”, incontra colei che sarà la compagna della sua vita: Maria José de Lancastre, che sposa dopo 5 anni, e conosce importanti scrittori e intellettuali portoghesi (tra i quali José Cardoso Pires) perseguitati dal regime di Salazar, e in particolare stringe rapporti con i poeti surrealisti locali, sui quali scriverà la propria tesi di laurea.
Contribuirà, negli anni, in modo decisivo a far conoscere in Italia la letteratura portoghese, in particolare, le opere di Fernando Pessoa, curandone l'edizione italiana in collaborazione con la moglie, Maria José de Lancastre, pure docente di letteratura portoghese all'Università di Pisa.
Attraverso Pessoa, Tabucchi sente le vibrazioni di una città che sarà la sua. Intanto, con l'aiuto della moglie portoghese, comincia a tradurlo per l'Italia, visto che da noi Pessoa era ancora pressoché sconosciuto.
In un'intervista del 1995 rispose alla domanda di Marco Moretti su perché Lisbona fosse fonte d'ispirazione per molti artisti: “Per la sua disponibilità. Poche città sono disponibili, Lisbona riesce a modellarsi sul suo visitatore perché è estremamente diversa e poliedrica”.
Nel 1987-'89 è direttore dell'Istituto italiano di Cultura di Lisbona. Il legame con il Portogallo è sempre costante: nel 1989, il presidente della Repubblica portoghese gli conferisce l'Ordine do Infante Dom Henrique, un ordine cavalleresco, ed è nominato dal governo francese Chevalier des Arts et des Lettres. L'anno dopo esce lo studio Un baule pieno di gente. Scritti su Fernando Pessoa. Nel 1994 escono Gli ultimi tre giorni di Fernando Pessoa (Sellerio) e il suo romanzo pluripremiato Sostiene Pereira, ambientato durante il regime di Solazar. Il legame con il Portogallo culmina nel 2004, quando riceve la nazionalità portoghese.
Da Fernando Pessoa Tabucchi mutua il grande amore per la letteratura, il sentimento della saudade (la malinconia brasiliana) e il gusto originale per la cosiddetta eteronomia, che è una vera e propria creazione estetica. Gli eteronomi – che sono cosa diversa dagli pseudonimi – sono soltanto altri nomi sotto cui nascondere i personaggi, così da poter dare vita e sostanza a personaggi altri da sé, che diventano figure autentiche attraverso la loro personale attività artistica, diversa e distinta da quella dell’autore originale. Attraverso l'eteronomia, Pessoa si lega alle grandi correnti di pensiero del Novecento e Tabucchi non disdegna di seguirlo su questo terreno, anche se la sua produzione avrà sviluppi autonomi che faranno di lui uno scrittore originale, estroso, sempre pronto a giocare la sua partita letteraria tra realtà e sogno, tra realismo e surrealismo, tra conscio ed inconscio, perché l'influenza dei surrealisti su Tabucchi ci fu, eccome!
La carriera di scrittore
Piazza d'Italia (Bompiani) è il primo dei suoi romanzi: pubblicato nel 1975, gli dà subito successo, sancito dal premio 'L'Inedito'. Negli anni successivi, la sua attività di scrittore cresce e conta un numero altissimo di pubblicazioni. Tra i titoli più noti citiamo Il gioco del rovescio (1981), Notturno indiano (1984) e Il tempo invecchia in fretta (2009). Ma la fama a livello internazionale gli arriderà soprattutto con il romanzo Sostiene Pereira.
La sua produzione si diversifica per genere letterario sino alla collaborazione dal 1983 con il quotidiano "La Repubblica", dal 1988 inizia a collaborare al quotidiano "Corriere della Sera", con articoli sulla cultura e interventi sulla realtà politica e sociale del Paese. Nel 2009 collabora, sin dal primo numero, in cui viene pubblicato il racconto Fra generali, con il giornale indipendente "Il Fatto Quotidiano".
È anche ironico polemista: nel 1998 scrive una raccolta di saggi in La gastrite di Socrate. Fu antiberlusconiano. “L'impegno di ogni artista - diceva - è quello di dire la verità sui propri sentimenti”. I suoi sentimenti civili sono diventati amari, sempre più duri e intransigenti, e non rinunciò a esprimerli polemizzando con la destra ma anche con la sinistra moderata, accusando anche Ciampi di eccessiva tolleranza verso leggi anticostituzionali.
Tuttavia, per capire bene Tabucchi bisogna capire Pessoa, considerato a ragione una delle più importanti voci della letteratura europea, studiato a fondo e amato da Tabucchi e da sua moglie Maria José, che lo hanno tradotto egregiamente e fatto conoscere in Italia e non solo. Pessoa è poeta e scrittore poliedrico e versatile, vissuto dapprima in Sudafrica e poi in Portogallo, per cui in lui si fondono la cultura anglosassone e quella lusitana. Tabucchi rievoca il poeta della sua vita immaginando persino i suoi sogni e i suoi ultimi giorni con le sue opere.
La morte
Antonio Tabucchi muore il 25 marzo 2012, a 68 anni, all'Hospital da Cruz Vermelha di Lisbona, dopo una breve battaglia contro il cancro. I funerali vengono celebrati nella capitale. Le sue ceneri sono conservate nel Cemitério dos Prazeres, nella cappella degli «Escritores Portugueses», dov'è sepolto anche il suo amato poeta Pessoa, così per sempre insieme con Tabucchi.
Come nella sua opera Requiem – l'ennesimo omaggio al Portogallo al punto da scriverlo in portoghese – in uno stato a metà tra coscienza e incoscienza, tra l'esperienza del reale e la percezione del sogno, un uomo si trova a mezzogiorno, senza sapersi spiegare come, a Lisbona, si trova a compiere un percorso che lo porta a vivere il ricordo dell'attualità di quella giornata, a ripercorrere le tappe fondamentali della sua vita, a cercare di sciogliere i nodi irrisolti all'origine del suo stato allucinatorio: “Questa storia, che si svolge una domenica di luglio in una Lisbona deserta e torrida, è il Requiem che il personaggio che chiamo «io» ha dovuto eseguire con questo libro. Se qualcuno mi chiedesse perché questa storia è stata scritta in portoghese, risponderei che una storia come questa avrebbe potuto essere scritta solo in portoghese e basta”.
Le opere di Antonio Tabucchi
Antonio Tabucchi declina la sua scrittura nei principali generi letterari: romanzi, racconti, saggi, testi teatrali, articoli di giornali, è il curatore dell’edizione italiana dell’opera di Fernando Pessoa, i suoi libri sono stati tradotti in oltre trenta lingue e hanno ricevuto innumerevoli premi nel nostro Paese e da fuori. Sostiene Pereira gli consegnerà la fama a livello internazionale.
Tutti alternano narrativa sognante (piace credere a Tabucchi non dai surrealisti, ma dal suo Pessoa che scriveva “La delicatezza deve dedursi e non vedersi”) e concreta. E tutti attraversano la storia, che attira l’attenzione di Tabucchi specialmente sui periodi in cui la libertà viene negata da regimi dittatoriali. Il ventennio fascista è attraversato dai protagonisti dei romanzi Piazza d’Italia e Il piccolo naviglio; il regime di Salazar fa da sfondo a Sostiene Pereira, La testa perduta di Damasceno Monteiro denuncia l'ingiustizia della Guardia national, la guerra di Spagna è presente, con la contrapposizione tra esercito franchista e truppe democratiche. E i suoi protagonisti stanno sempre dalla parte della libertà.
Tabucchi è, inoltre, ossessionato dal tempo (tra titoli delle sue opere Si sta facendo sempre più tardi e Il tempo invecchia in fretta), e dentro questo tempo c'è un costante dialogo tra vivi e morti. I morti entrano ed escono di continuo nelle sue pagine; in Requiem, l'io protagonista incontra il proprio padre morto da tempo e il fantasma di un poeta; Pereira scrive necrologi e parla con la moglie morta; diverse lettere di Si sta facendo sempre più tardi hanno destinatari irreperibili; in Il tempo invecchia in fretta, un'ex- spia sovietica si confessa sulla tomba di Brecht in I volatili del Beato Angelico il racconto Gli archivi di Macao è chiaramente autobiografico: è Tabucchi che si rivolge al proprio padre.
Invece “viaggiando si incontrano soprattutto i vivi. A volte anche dei moribondi. E anche dei veri morti, dipende dai luoghi. Ma anche i nostri morti, o i morti che abbiamo cresciuto quando erano vivi. Può capitare. Può capitare, per esempio, che in una modesta pensione di Lisbona, uno riceva la visita del proprio padre morto da tempo. perché a casa non veniva? Una forma di timidezza che hanno i defunti? Difficoltà a tornare in un luogo a lui troppo noto?”.
Il piccolo Naviglio
Il piccolo naviglio, edito nel 1978, racconta la storia di Sesto, capitano di uno scafo che cerca di arrivare da una riva all’altra dell’Italia immersa in un dopoguerra sofferente, dopo un periodo di isolamento. La storia di Sesto è un modo diverso di raccontare la Storia dell'uomo e sentirsene come un granello, che è comunque sentirsi parte del tutto.
Sesto, discendente da una famiglia di uomini che si sono sempre battuti per la libertà e la giustizia e che hanno sentito l’esigenza di conoscere se stessi, decide di abbandonare il silenzio nel quale si è chiuso per anni grazie al consiglio di un vecchio filosofo chiamato Socrate e di entrare in contatto con il mondo esterno.
La Storia d'Italia viene letta dalla parte degli umili, dagli esclusi dalla Storia ufficiale. Sono gli anni del dopoguerra, visti con gli occhi attoniti e innocentemente dissacratori di un bambino e di un adolescente: le elezioni del Quarantotto, le madonne in lacrime, il perbenismo e l’ipocrisia, le prime speculazioni edilizie, l’autoritarismo, la repressione, gli entusiasmi per una Cuba remota e illusoria, l’angoscia e la solitudine. Sesto è un uomo fuori dalle righe, tormentato, solitario e vagabondo.
Oltre alla storia con la s minuscola e maiuscola, c'è la fiaba che fa accadere che il colore rosso dei capelli dei protagonisti sia fatto discendere dal fiocco rosso che ha accompagnato l’infanzia di Leonida, che due sorelle gemelle e identiche partoriscano insieme un unico figlio, che Leonida (da cui inizia la dinastia dei Sesti) muoia nell’inutile tentativo di volare sfidando la legge di gravità, che Sesto, nato in una notte di pioggia, diventi “un uomo acquatico” e scompaia nell’immensità del mare. La storia, nei romanzi di Tabucchi, è attraversata dalla lotta tra libertà e oppressione, tra giustizia e ingiustizia.
Sostiene Pereira
Sostiene Pereira regala a Tabucchi la fama internazionale. Esce a Lisbona nel 1991 e in Italia l'anno dopo. Questo capolavoro della letteratura italiana del Novecento cerca di spiegare cosa significhi essere un uomo libero.
Il romanzo è ambientato a Lisbona nel 1934, durante il governo di Salazar, in un paese dove la libertà viene continuamente minacciata da un regime che non si limita a voler controllare i corpi dei suoi sudditi, ma vuole penetrarne la mente ed esercitare un controllo sempre più invasivo sui loro pensieri.
Il protagonista è un anziano giornalista, di nome Pereira, un uomo grasso, stanco e attempato, ossessionato dal pensiero della morte e preda di molteplici ossessioni. L’eroe di Tabucchi sembra il classico inetto della letteratura moderna, si trascina stancamente per le vie di Lisbona, sordo alle grida di dolore del suo paese, fino a quando non incontra un giovane idealista, Monteiro Rossi, legato alla causa rivoluzionaria.
Pereira a poco a poco, grazie all’influenza del giovane, prende coscienza di quanto la dittatura, instillando in lui la paura, avesse piegato il suo spirito, infiacchito la sua volontà, asservito la sua ragione. Questo è il senso del romanzo, la chiave di lettura dell’opera di Tabucchi: è la storia di un risveglio, morale e intellettuale, ma anche una riflessione sul ruolo della letteratura e del giornalismo: il giornalista deve essere la cattiva coscienza della sua epoca. Ha il compito di non tirarsi indietro davanti alle questioni scabrose, di additare ciò che è nascosto, di “diffondere ciò che qualcuno non vuole si sappia”.
Non deve né compiacere il pubblico, né riuscire gradito ai poteri forti, perché sono proprio i poteri forti che dovrebbe pungolare. Se non fa domande scomode, se è sempre d’accordo, per vigliaccheria o calcolo, con quanto il governo sostiene, non è un intellettuale ma un mercenario delle parole assoldato dal padrone. Dal romanzo è liberamente tratto il film di Roberto Faenza interpretato da Marcello Mastroianni.
La testa perduta di Damasceno Monteiro
La testa perduta di Damasceno Monteiro (1997), è un romanzo sulla violenza della Guardia National e sulla giustizia. Nella prefazione a questo breve romanzo, Tabucchi cita la poesia La socialdemocrazia è un mostro senza testa di Carlos Drummond De Andrade, ma come sempre anche questo romanzo trae spunto da un episodio reale che ha poi mosso la fantasia romanzesca: “la notte del 7 maggio 1996, Carlos Rosa, cittadino portoghese di anni 25, è stato ucciso in un commissariato della Guardia Nacional Republicana di Sacavém, alla periferia di Lisbona, e il suo corpo è stato ritrovato in un parco pubblico. Decapitato, e con segni di sevizie”, un'ingiustizia, sempre scatenante la narrativa di Tabucchi.
Queste sono le premesse a un giallo che apre il libro con il ritrovamento da parte del gitano Manolo di un cadavere decapitato. Manolo non denuncia alla polizia, ma confessa del narcotraffico che ci sta dietro al giornalista Firmino. Ma lo sbroglio della matassa è soltanto un pretesto per l'ennesima dedica all'antica e affascinante città di Oporto e all'atmosfera del Portogallo, prima attraverso i pensieri del vecchio Manolo, emarginato dagli avvenimenti della storia, in cui tra un'imprecazione e un ricordo, ripensa a quando il suo popolo era in quel paese rispettato, aveva i cavalli più belli che si potessero trovare, e da buoni artigiani-maghi, trasformavano il rame in opere d'arte, quasi un alchimia di un passato ricco di storia e che si scontra inevitabilmente con il campo-nomadi del presente, ancora avvolto nel sonno, in una squallida periferia di Oporto.
È Manolo il vero protagonista di questo romanzo, è suo l'occhio che guarda i fatti e la civilissima Europa, in mano ai nuovi arricchiti, corrotta e che mai ha voluto cambiare concretamente. Poi c'è Firmino, l'aspirante scrittore che tira a campare scrivendo cronaca nera, per finire la tesi di laurea sul neorealismo portoghese degli anni '50 e sulle influenze delle teorie critiche di George Lukàcs.
Nella narrazione si intrecciano l'indagine, la riflessione letteraria, il cibo, le città e l'avvocato Mello Sequeira o Don Fernando per chi lo conosce e ammira la sua riservata umanità; un uomo ricco da dinastie ma difensore di prostitute e poveri diavoli, corpulento e sornione, quanto malinconico e pozzo senza fondo di sapienza e ingegno. Insomma, anche in questo romanzo, Tabucchi usa il giallo per parlare d'altro: dei problemi dell'abuso poliziesco, della tortura, della giustizia, della marginalità sociale e delle minoranze etniche.
Scritti su Fernando Pessoa
Il poeta è fingitore è una notte di marzo, in cui Pessoa sogna di svegliarsi e incontra uno dei suoi eteronimi: “Lei deve seguire la mia voce, mi ascolterà nella veglia e nel sonno a volte la disturberò, certe altre non vorrà udirmi. ma dovrà ascoltarmi, se vuole essere un grande poeta”.
Gli ultimi tre giorni di Fernando Pessoa. Un delirio (1994) È un piccolo libro di Tabucchi, che nel Delirio – sottotitolo dell'opera – arriva così vicino a Pessoa da sfiorarne i pensieri che precedono la morte: “Proserpina mi vuole nel suo regno, è ora di partire, è ora di lasciare immagini che chiamiamo la nostra vita sapesse le cose che ho visto con gli occhiali dell'anima, ho visto i contrafforti di Orione, lassù nello spazio infinito, ho camminato con questi piedi terrestri sulla croce del Sud, ho attraversato notti infinite come una cometa lucente, gli spazi interstellari dell'immaginazione, la voluttà e la paura e sono stato uomo, donna, vecchio, bambina, sono stato la folla dei grandi boulevards delle capitali dell'Occidente, sono stato il placido Buddha dell'Oriente”. E Pessoa si congeda con le parole di Tabucchi: “Ma ora basta, vivere la mia vita è stato vivere mille vite, sono stanco, la mia candela si è consumata, la prego, mi dia gli occhiali”.
Un baule pieno di gente. Scritti su Fernando Pessoa (1990 - 2019) Conosciuto come uno dei massimi esperti di Fernando Pessoa, in questo libro riedito postumo, Tabucchi raccoglie interventi e saggi, con grande amore e acume critico, per illuminarci sulla personalità del suo scrittore Pessoa, che ha reso di tutti. La base della selezione di Tabucchi si legge nella nota introduttiva: “Di lui [Pessoa] si può dire quanto Benjamin ha scritto di Kafka: che “tutta la sua opera rappresenta un codice di gesti che non hanno già a priori un chiaro significato simbolico per l’autore, ma sono piuttosto interrogati al riguardo in ordinamenti e combinazioni sempre nuove. Su questi ordinamenti e combinazioni sempre nuove, cioè sull’essenza del «gioco» di Pessoa, la sua finzione vera, si incentra, credo, la maggior parte degli scritti che qui raccolgo. Scritti che scaturiscono da una frequentazione che dura da molti anni e che mi è sembrato utile raccogliere in un’unica sede. Essi non hanno certo la pretesa di fornire un’immagine definitiva del poeta dai mille volti, anche perché credo che Pessoa richieda letture che prescindano da interpretazioni prepotenti e che siano capaci piuttosto di seguirlo sul terreno dell’ipotesi. E come ipotesi critiche vorrei appunto che fossero letti questi miei scritti sul poeta più misterioso del Novecento.”.
Laura Cusmà Piccione
Foto di Apertura: LaPresse Torino/Cristofari Tania