L'illuminazione e il riscaldamento

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Per vedere di notte o al buio, gli antichi egizi si servivano di lampade a olio e di torce. Per riscaldarsi in casa durante le fredde notti dell'inverno ricorrevano a caminetti nei quali bruciavano carbone vegetale.

Nelle case degli egizi di luce ne entrava poca perché le finestre, in genere, erano piccole e strette. Per illuminare, ci si serviva di lampade a olio in pietra o in argilla. Al centro avevano una specie di stoppino (fatto di materiale vegetale o di strisce di tela) che veniva acceso. Le lampade erano riempite d'olio o di sesamo. Talvolta si ricorreva a torce fatte con pezzi di legno legati tra loro e impregnati di materia grassa. Le torce venivano usate anche in alcuni riti funerari, come nelle cosiddette "Cerimonie delle lampade", praticate sotto la dinastia Lagida. Avevano lo scopo di mettere in fuga i demoni e gli spiriti maligni della notte. Quanto al riscaldamento, le case erano provviste di caminetti attorno a cui si svolgevano le attività domestiche. Il focolare poteva essere collocato in cucina o nell'atrio della casa. C'erano anche focolari di argilla portatili a forma di piccola casseruola. I forni erano in argilla e cilindrici, con un'apertura da cui si toglieva la cenere e un'altra in cui si metteva il combustibile, in genere rami, foglie, cortecce di albero e persino escrementi. Per ottenere il fuoco, il sistema era rimasto quello primitivo: un foro in un pezzo di legno duttile in cui si ruotava una bacchetta di legno duro.

Nelle case e nei templi, l'illuminazione era insufficiente. Nei templi venivano praticate piccole aperture nella parte alta delle mura per consentire alla luce esterna di penetrare. Sui fori venivano poste reti per far sì che la luce fosse sempre tenue e si mantenesse la penombra. In Egitto, le case disponevano di cucine. Per cucinare veniva usato di norma una specie di fornello portatile a forma di piccola casseruola, alimentato con carbone vegetale. Il fumo era piuttosto nocivo per la salute perché in genere denso e abbondante. Lo testimonia il fatto che nei polmoni delle mummie è stata trovata una considerevole quantità di polvere di carbone (antracosi).
Il carbone vegetale si faceva in carbonaie particolari. Esse consistevano in pozzi scavati nella terra. Al centro del pozzo veniva messa un'asta che andava dalla superficie al fondo. Intorno all'asta venivano accuratamente disposti rami intrecciati, sì da non lasciare alcuno spazio all'aria. Il tutto veniva ricoperto con erbe, giunchi e con uno strato di terra. Quando l'asta veniva estratta, attraverso il foro lasciato da questa si introduceva il carbone ardente. Una volta iniziata la combustione, si tappava il foro con della terra. Il catrame e l'acqua fuoriuscivano all'esterno, e la legna si trasformava in carbone.