Oreficeria e gioielleria
La cultura egizia, che non conobbe il ferro per molti secoli, fu tuttavia maestra nella lavorazione dell'oro. I tesori recuperati dalle tombe reali, con la loro impressionante ricchezza materiale e soprattutto artistica, sono tutti un simbolo di quella cultura.
La metallurgia, una tecnica che proveniva dal Vicino Oriente, era nota agli egizi fin dal periodo predinastico. Il lavoro degli orefici consisteva nel trasformare metalli nobili oro, argento e leghe come l'electron in oggetti con una precisa funzione pratica o simbolica. La gioielleria nasce così come branca di specializzazione della metallurgia. Gli orefici lavoravano nei templi e nei palazzi sotto il controllo di ufficiali designati appositamente dal faraone. Nella decorazione delle tombe questi artigiani lasciarono incise raffigurazioni di tutto ciò che era legato al loro mestiere; in queste immagini, l'orefice era rappresentato sempre come un nano. Anche nella cultura greca il nanismo appare legato alla metallurgia e all'oreficeria. In Egitto questa attività era protetta dal dio Ptah, talvolta raffigurato anche lui come un nano. Dalla bottega degli orefici uscivano prodotti destinati alle diverse attività quotidiane e alla vita nell'aldilà. Il defunto, nel passaggio all'altra vita, si faceva accompagnare dai suoi oggetti di uso quotidiano, realizzati con materie nobili.
I giacimenti auriferi
Gli oggetti d'oro sono una caratteristica importante e interessante della cultura egizia. Tra l'altro, la loro presenza nel corredo funerario attirò i saccheggiatori fin dall'antichità. L'oro lavorato in Egitto proveniva da diverse aree geografiche. All'inizio, quando la produzione era più limitata, si utilizzava la polvere aurea depositata dal Nilo sulle sue sponde. Quando questo metodo si rivelò insufficiente, si cercarono altre zone. Le principali si trovavano nel deserto orientale e nella Nubia, il cui nome proviene dal vocabolo egizio nebu, che significa "oro". Spiccavano soprattutto quattro regioni: quella vicina a Uadi Hammamat, i dintorni di Uadi 'Allaqi, il nord-est di Uadi Halfa, nella Bassa Nubia, e Qus, più in là della Seconda Cateratta. Gioiellieri e orefici condividevano alcune materie prime; ma i primi, oltre ai metalli nobili, utilizzavano anche pietre semipreziose e materiali che aggiungevano colore al prodotto finale. Con il turchese, il diaspro verde e l'olivina, per esempio, ottenevano il colore verde, simbolo di resurrezione; con il lapislazzuli il blu scuro; con la corniola, il diaspro sanguigno e l'agata, il rosso. Il vetro, i gusci degli animali, l'ambra, il corallo e l'avorio venivano utilizzati per decorare e impreziosire alcuni pezzi che, ancora oggi, suscitano grande ammirazione.