Le collane e i pettorali
In Egitto collane e pettorali erano molto usati sia dagli uomini sia dalle donne. E non erano considerati esclusivamente degli ornamenti, ma veniva loro attribuita una vasta gamma di significati simbolici.
L'origine di questi ornamenti risaliva al Periodo Predinastico (fine V millennio-3200 a.C.) quando erano fatti di conchiglie e pietre lucidate e venivano considerati amuleti contro le malattie, le catastrofi naturali o i saccheggiatori. Tali monili venivano appesi al collo mediante un semplice cordone di cuoio o di lino; ma, ben presto, essi vennero presentati in raffinate opere di oreficeria tempestate di pietre, che possedevano qualità simboliche: l'oro era la carne delle divinità; i lapislazzuli, l'azzurro del cielo; la corniola, il sangue rosso della vita. Con lo sviluppo della scrittura geroglifica, alcuni simboli vennero trasformati anche in elementi protettori: lo udyat (occhio di Horo) proteggeva dal malocchio; il segno ankh (un cordone di sandalo), invece, significava "vita"; mentre il segno dyed (pilastro di fusti di papiro) offriva al suo possessore "resistenza". Anche le mummie indossavano collane; uno scarabeo incastonato in una collana, infatti, serviva affinché il defunto potesse superare senza difficoltà il momento del giudizio finale, o psicostasia, grazie alle formule magiche estrapolate dal Libro dei Morti.
Le collane venivano anche impiegate come ornamento. Tuttavia, i livelli artistici, aggiunti al valore dei materiali preziosi con i quali venivano fabbricati questi oggetti, consentono di ritenere che le collane possedessero anche una funzione di "propaganda" dello status sociale del possessore. Ciò appare evidente in un passaggio dei Lamenti di Ipu-ur (testo che narrava un periodo di crisi, con gravi tensioni sociali) nel quale viene menzionato l'uso di preziosi monili d'oro, turchesi, lapislazzuli, corniola e ametista, portati al collo dagli schiavi, mentre le grandi dame ne erano sprovviste. Anche nell'ambito dell'amministrazione statale le collane ebbero una certa rilevanza; esse, infatti, venivano donate come ricompensa reale ad alcuni funzionari per i loro meriti civili o militari. Le cosiddette "collane d'oro" erano la più alta onorificenza della quale poteva essere insgnito un funzionario civile egizio; ne esistono molteplici esempi, specialmente del Nuovo Regno (1552-1069 a.C.). In quanto ai militari, invece, quelli che si erano particolarmente distinti in valorose azioni di guerra ricevevano il collare delle "mosche d'oro", che costituiva, in tale ambito, il più alto onore. Infine, come testimonia il corredo funebre di Ahhotep (madre di Ahmosi, della XVIII dinastia) anche le donne potevano ricevere questa onorificenza.
Durante il Medio Regno si diffuse un tipo di pettorale che mostrava nella parte centrale il nome del faraone nel cartiglio. Il nome del re aveva una funzione protettiva. Un tipo di monile funerario era quello del falco con le ali spiegate, che veniva posto sulla mummia del faraone poiché simboleggiava l'abbraccio della divinità. Nell'ultimo periodo del Nuovo Regno fece la sua comparsa un nuovo ornamento di culto, noto come egida, la cui parte frontale rappresentava una collana di vari fili di grani (usekh), coronata dalla testa di una divinità, come Hathor o Iside. Tali collane decoravano anche la prua e la poppa delle barche divine. In una prima fase, lo scarabeo aveva la funzione di sigillo; ma, agli inizi del Nuovo Regno, la sua immagine prese il posto di altri pendenti di pietre poste sul petto dei defunti. Questi "scarabei del cuore" portavano scritti dei testi magici (spesso tratti dal Libro dei Morti) allo scopo di garantire al defunto l'assoluzione nel giudizio finale e la sicurezza della rinascita nell'aldilà. È noto, grazie al Papiro Hood, che tra gli eizi esistevano, oltre agli orafi, anche operai specializzati nella fabbricazione di alcuni gioielli, come le collane. Pare che il setro fosse un fabbricante di collane che usava grani elaborati dall'iru ueshbet. Il considerevole numero di grani di pietre suggerisce l'esistenza di diversi artigiani dediti a questo tipo di produzione.