riscónto
sm. [ri-+sconto]. Nelle banche, operazione passiva di provvista di fondi, mediante lo sconto di effetti ricevuti in precedenza da clienti, presso banche maggiori o presso la Banca centrale. I risconti sono componenti attivi o passivi del capitale aventi natura di costi e ricavi sospesi, relativi cioè a spese o rendite pagate o riscosse nell'esercizio in corso ma di competenza anche dell'esercizio successivo. La parte che riguarda il futuro esercizio costituisce appunto il risconto. In ragioneria, grandezza di natura economica, avente la funzione di detrarre dal periodo parti di costo (risconto attivo) o parti di ricavo (risconto passivo) che sono stati liquidati finanziariamente nell'esercizio ma che sono di competenza dell'esercizio successivo. I risconti vengono, dunque, rilevati contabilmente nel corso delle scritture finali di rettifica per la redazione del bilancio di esercizio, attraverso il rinvio al futuro di quelle quote che, pur misurate nell'esercizio in corso, daranno la loro utilità nel successivo periodo amministrativo. In particolare i risconti si distinguono dalle rimanenze attive e passive, che pure hanno la funzione di determinare correttamente la competenza economica di valori riferibili a più esercizi, in quanto la loro maturazione è legata strettamente al decorso del tempo (fitti attivi o passivi, interessi attivi o passivi, ecc.) e si colloca sempre a cavallo tra due periodi consecutivi. Nel bilancio di esercizio i risconti devono essere indicati, secondo la previsione dell'art. 2424 del Codice Civile (in vigore dal 1º gennaio 1993) sia nello stato patrimoniale, in un'apposita e separata categoria unitamente ai ratei, sia nel conto economico a diretta rettifica dei componenti economici cui si riferiscono.