resistènza (biologia)
capacità degli organismi viventi di resistere alle azioni dell'ambiente. Si manifesta essenzialmente sotto forma di adattamento, assuefazione, autoregolazione verso ciascuno dei fattori specifici dell'ambiente. Ne sono esempio, per i vegetali, la diminuzione della superficie fogliare in caso di siccità, l'ispessimento degli abbozzi fogliari (perule) a protezione delle gemme in caso di gelo, ecc.; per gli animali, la possibilità di accumulare materiale nutritizio nei tessuti adiposi, di infittire il pelo, al limite di anticipare (o ritardare) alcuni cicli biologici (per esempio, muta, letargo, allattamento) per contrastare gli effetti negativi dell'ambiente. La resistenza è strettamente legata a caratteri ereditari di una specie e alle condizioni del suo ambiente di vita. Un chiaro esempio di ciò sono i semi e, soprattutto, le spore fungine, queste ultime in grado di sopravvivere a condizioni ambientali particolarmente ostili. Tale resistenza ha tuttavia un limite, più o meno elevato, secondo la specie e le doti proprie di ciascun individuo. Tale limite si manifesta in modo più evidente nel caso della resistenza da parte di organismi superiori verso l'attacco di microrganismi parassiti: negli animali essa si manifesta con adattamenti che portano a veri e propri fenomeni di simbiosi ma soprattutto attraverso i fenomeni dell'immunizzazione, del rigetto e della distruzione dell'invasore o dell'inattivizzazione dei prodotti tossici di questo. Tali fenomeni, piuttosto complessi e la cui dinamica è spesso poco nota, si ritiene che vengano favoriti anche dall'assunzione di prodotti medicinali, in particolare dalle vaccinazioni preventive, anche se questo è lungi dall'essere scientificamente provato. L'immunità acquisita è poco diffusa nel regno vegetale, tanto che non è ancora stata provata con certezza la formazione di anticorpi nelle piante. Nei vegetali la resistenza ai parassiti si basa spesso su adattamenti anatomici, come per esempio la presenza di spesse cuticole, la lignificazione dei vasi, il possesso di strati suberosi, ecc., che valgono a impedire l'ingresso ai germi patogeni. In tal caso la resistenza si dice passiva e può essere facilmente superata da lesioni, tagli, ecc. Spesso la capacità di resistenza di una pianta è determinata da fenomeni di reazione della pianta medesima (resistenza attiva) e consiste nell'elaborazione di sostanze che, per quanto innocue alla pianta medesima, risultano più o meno tossiche per il parassita, del quale pertanto inibiscono lo sviluppo. Talvolta le tossine prodotte dai funghi o dai batteri parassiti vengono combinate con sostanze elaborate dalla pianta ospite e così neutralizzate. Un tipo particolare di resistenza ai parassiti si ha quando stimolazioni mitogenetiche provocano la moltiplicazione delle cellule più prossime al punto di infezione, con la produzione di tessuti suberificati che funzionano da sbarramento. Un meccanismo che interviene in molti casi per difendere le piante dagli attacchi parassitari, infine, è l'ipersensibilità: le cellule parassitate sono talmente sensibili all'azione del germe che muoiono subito, prima che esso abbia il tempo di diffondersi; non potendo vivere in ambiente senza vita, anche il parassita muore e l'infezione si arresta. Anche i microrganismi patogeni, e non pochi Invertebrati parassitari, mostrano notevoli capacità di resistenza all'attacco di antibiotici, chemioterapici, insetticidi: essa è dovuta a fenomeni di adattamento conseguenti a una resistenza, acquisita nel corso dell'attacco con l'agente chimico, che provoca mutazioni trasmissibili ereditariamente. Tale resistenza, che si instaura in pochi individui in grado di mettere in atto (con dinamica biologica ancora poco chiara) meccanismi difensivi efficienti, viene trasmessa ai discendenti che risulteranno mutanti e immunoresistenti verso il prodotto chimico aggredente; tale è il caso della resistenza del bacillo di Koch alla penicillina, dei virus influenzali ai vaccini specifici, degli insetti parassiti a molti insetticidi.