polinòmio
IndiceDescrizione generale
sm. [sec. XVIII; poli-+(bi)nomio]. Somma algebrica di più monomi, cioè di termini ciascuno dei quali è espresso in forma di prodotto di un coefficiente, usualmente numerico, per potenze a esponente positivo di una o più variabili. In generale, in algebra moderna, dicesi polinomio in un'indeterminata X e a coefficienti in un anelloA un'espressione del tipo aX+a-₁X-1+...+a0 con a0≠0 e dove i coefficienti a sono elementi dell'anello A: per esempio si hanno polinomi a coefficienti interi, razionali, reali, complessi o in un anello qualunque; il coefficiente a si chiama coefficiente direttore del polinomio e n è il grado del polinomio. L'insieme dei suddetti polinomi forma a sua volta un anello, rispetto alle usuali operazioni di somma e prodotto, indicato con il simbolo A[X]. In particolare, se si considerano i polinomi su di un campo K, è possibile definire un procedimento di divisione detto algoritmo euclideo. A tale proposito, si ha l'importante proprietà che dati due polinomi esistono e sono unici il polinomio quoziente e il polinomio resto della divisione del primo per il secondo; in altri termini i polinomi su di un campo formano un anello euclideo. Dato l'anello A[X] e un'indeterminata Y, ripetendo il procedimento precedente è possibile definire l'anello A[X] [Y], che viene indicato con il simbolo A[X, Y] e prende il nome di anello di polinomi in due variabili a coefficienti in A; un tale polinomio risulta quindi una somma di monomi del tipo aXY dove a sono elementi di A. Si definisce grado di un tale polinomio rispetto alla X il massimo grado al quale appare la X. Definizione analoga vale per la Y. Il grado di un monomio aXY è dato dalla somma i+j e il grado totale del polinomio è dato dal massimo tra i gradi dei monomi che appaiono nel polinomio. Le definizioni precedenti si applicano a un numero qualunque di indeterminate X₁,...,X ottenendo così l'anello dei polinomi in n indeterminate A[X₁,...,X]; tale polinomio risulterà quindi una somma di monomi del tipo . Un polinomio in più indeterminate si dice omogeneo (o forma) se tutti i monomi che vi compaiono hanno lo stesso grado. Dato un polinomio a0 in un'indeterminata su un anello A, si può definire, a partire da esso, una funzione di A in A facendo corrispondere a ogni elemento b di A l'elemento a+...+a0; si dice allora che si è calcolato il polinomio nell'elemento b, e la funzione così ottenuta prende il nome di funzione polinomiale. Usualmente la funzione polinomiale continua a essere indicata con il simbolo a+...+a0 dove però la X non viene pensata come un'indeterminata bensì come una variabile nell'anello A. Il concetto di funzione polinomiale si estende in modo ovvio ai polinomi in più variabili. I due concetti, di polinomio e di funzione polinomiale che viene a esso associata, sono ben distinti e si possono dare esempi di polinomi diversi cui è associata una medesima funzione polinomiale; per esempio, in un campo finito di ordine q, il polinomio nullo e il polinomio X danno la medesima funzione. Tuttavia, trattando di polinomi sui campi numerici usuali (razionali, reali, complessi), si possono identificare i due concetti in quanto sussiste il principio di identità dei polinomi per il quale, se un campo K è infinito, allora due polinomi in K[X] sono uguali se e solamente se sono uguali le relative funzioni polinomiali; ciò giustifica il simbolo f(X) con cui viene abitualmente indicato un polinomio.
Prodotti di polinomi
Per fare il prodotto di un monomio per un polinomio e quello di due polinomi, si applica la proprietà distributiva moltiplicando il monomio per ciascun termine del polinomio e, nel secondo caso, moltiplicando ogni monomio del primo polinomio per ogni monomio del secondo. Esempio:
La regola vale anche per determinare qualsiasi potenza di un polinomio: infatti si ha che
e il calcolo del prodotto viene fatto nel solito modo moltiplicando dapprima due polinomi, poi il loro prodotto per il terzo e così di seguito. Nel caso particolare
Se il polinomio si riduce a un binomio lo sviluppo è immediato.
Divisione di polinomi
La proprietà distributiva viene applicata anche per dividere un polinomio per un monomio, mentre più laborioso è il procedimento per il calcolo del quoziente di due polinomi ordinati secondo le potenze decrescenti della variabile e tali che il grado del dividendo sia maggiore o uguale al grado del divisore. Esso è costituito da divisioni successive e la regola è la seguente: si divide il primo termine del polinomio dividendo per il primo termine del polinomio divisore e si ha il primo monomio del quoziente; questo monomio viene moltiplicato per ciascun termine del divisore e questi prodotti si sottraggono dal polinomio dividendo in modo da ottenere il primo resto parziale; si divide il primo termine di questo resto per il primo termine del divisore e si ottiene il secondo monomio del quoziente che, come il primo, viene moltiplicato per ogni termine del divisore e i risultati si sottraggono dal primo resto parziale. Si continua poi allo stesso modo finché non si ottiene un resto parziale nullo o di grado inferiore a quello del divisore. "Vedi esempio vol. 17, pag. 344" . Vi è inoltre un metodo per determinare rapidamente i coefficienti del polinomio Q(x) ottenuto come quoziente di un P(x) per il binomio (x±x0), procedimento noto col nome di regola di Ruffini. Secondo questa regola il primo coefficiente di Q(x) è uguale al primo coefficiente di P(x) e i successivi coefficienti di Q(x) si ottengono moltiplicando per ∓x0 il coefficiente precedente di Q(x) e sommando a questo prodotto il coefficiente di P(x) che occupa lo stesso posto; il resto è dato dalla somma del prodotto dell'ultimo coefficiente di Q(x) per ∓x0 con l'ultimo coefficiente di P(x). Si tenga presente che il grado di Q(x) è dato dal grado di P(x) meno il grado del binomio. Esempio: [(a-1)x3+(2a-3)x-(3a-2)] : (x-1) "Vedi tabella vol. 17, pag. 344" . Allora Q(x)=(a-1)x²+(a-1)x+(3a-4). Il resto di un quoziente di questo tipo lo si può determinare anche mediante il teorema di Ruffini secondo il quale un polinomio P(x) è divisibile per (x±x0) solo se, sostituendo al posto della variabile in P(x) il valore ∓a, il polinomio si annulla, cioè se si ha P(±a)=0. Per mezzo del teorema di Ruffini si può stabilire se la somma o la differenza di due potenze sono divisibili per la somma o la differenza delle basi e, in caso affermativo, con la regola di Ruffini si può calcolare il quoziente. Valgono perciò le seguenti relazioni
Scomposizione di un polinomio in fattori
Dato un polinomio si tratta di determinarne due o più altri tali che il loro prodotto sia uguale al polinomio dato. Il caso più semplice è quello relativo a un polinomio i cui termini hanno come fattore comune uno stesso monomio; allora il polinomio può essere scritto come prodotto del monomio considerato per il polinomio ottenuto dividendo il polinomio dato per il monomio. Questo procedimento di scomposizione è detto raccoglimento a fattor comune. Esempio:
Il procedimento può essere applicato più volte; esempio: 3ax+ay-3bx-by= =a(3x+y)-b(3x+y)=(3x+y)(a-b). Altre scomposizioni si possono fare riconoscendo nei polinomi gli sviluppi di potenze di altri polinomi. Per esempio:
Valgono anche altre regole che vengono messe in evidenza nei seguenti esempi:
esse rientrano come casi particolari nel problema della divisibilità della somma o differenza di due potenze di ugual esponente per la somma o differenza delle basi. Il calcolo della scomposizione di un polinomio in fattori viene applicato per determinare il massimo comun divisore e il minimo comune multiplo di due o più polinomi, per poter operare con le frazioni algebriche, per risolvere equazioni, sistemi, ecc. Polinomio caratteristico. Data una matrice quadrata A di ordine n a coefficienti in un campo K, si dice caratteristico di A il polinomio di grado n in λ dato dal determinante della matrice A-λI dove I è la matrice identica di ordine n. I valori λ₁ in cui si annulla il polinomio caratteristico vengono detti autovalori della matrice A; essi sono tutti e soli i valori del campo K per i quali esiste una matrice non nulla X a n righe e una colonna a elementi in K tale che AX=λ₁X; le matrici X siffatte vengono dette autovettori di A con autovalore λ₁. L'insieme formato dalla matrice nulla e da tutti gli autovettori di A con autovalore λ₁ è un sottospazio vettoriale dello spazio vettoriale delle matrici a n righe e una colonna a elementi in K; esso viene detto autospazio di A relativo all'autovalore λ₁.