pòrfido
sm. [sec. XIV; dal greco porphýreos, purpureo, con dissimilazione]. Roccia magmatica effusiva caratterizzata da struttura porfirica e corrispondente per composizione chimica ai graniti (porfidi quarziferi) o alle sieniti (porfidi non quarziferi). In petrografia il termine era usato per designare genericamente, le rocce effusive a struttura porfirica e in questo senso era accompagnato da un aggettivo che specificava la roccia cui il porfido più assomigliava (per esempio porfido granitico, porfido sienitico, ecc.); attualmente, la maggioranza degli autori restringe il significato del termine alle rocce preterziarie, vulcaniche o ipoabissali, costituite da fenocristalli di feldspato potassico, immersi in una pasta di fondo microcristallina o vetrosa, e designa con il nome di porfirite le rocce porfiriche con fenocristalli prevalentemente di plagioclasio alcali-calcico. Molto discussa è anche la genesi dei porfidi: per la maggior parte di essi, la presenza di grossi fenocristalli testimonia una prima fase di lento consolidamento in ambiente profondo e tranquillo, seguita da una fase di eruzione a livelli superiori, entro rocce già consolidate, durante la quale si è formata la fine pasta di fondo; tuttavia, in qualche caso, i fenocristalli possono essersi formati dopo l'iniezione della massa fluida nelle rocce incassanti. Ne consegue una giacitura varia: i porfidi si trovano infatti in filoni e dicchi entro ammassi intrusivi o nelle zone marginali di masse intrusive molto potenti. I porfidi si distinguono in rapporto alla loro composizione chimica in due grandi famiglie: porfidi quarziferi e porfidi non quarziferi. I primi, considerati come la facies effusiva dei graniti, sono costituiti da fenocristalli di ortoclasio e di quarzo e, secondariamente, di oligoclasio, immersi in una pasta olocristallina (microliti di feldspato) nei depositi molto potenti, o vetrosa nelle colate più sottili; rari sono i componenti femici, per lo più biotite, orneblende e pirosseni. In Italia i porfidi quarziferi sono molto diffusi nelle Alpi e nelle Prealpi, a volte intercalati a depositi ignimbritici (come in val d'Adige, in val d'Isarco e in val d'Avisio a N di Bolzano), e in Sardegna. Rientrano nella famiglia dei porfidi quarziferi le rioliti, più recenti (terziarie) e meno alterate, diffuse nei Colli Euganei e in Maremma, e di cui sono noti estesi affioramenti nelle Montagne Rocciose e in Ungheria. I porfidi non quarziferi, detti anche ortofiri, sono considerati i corrispondenti effusivi delle sieniti. Tra i fenocristalli prevale nettamente il feldspato potassico e manca ovviamente il quarzo; la pasta di fondo è in genere costituita da microliti di sanidino. Anche per queste rocce si distinguono forme più recenti e meno alterate che prendono il nome di trachiti. In Italia mancano affioramenti di porfidi non quarziferi propriamente detti, mentre assai diffuse sono le rocce trachitiche. Affioramenti di porfidi non quarziferi di notevole entità si trovano in Slesia, in Turingia, nel Montenegro, ecc. I porfidi sono da tempo usati, per la loro bellezza e resistenza meccanica, come pietre da costruzione e da rivestimento in edilizia; in particolare, data la loro resistenza all'usura, trovano largo impiego nelle pavimentazioni stradali. Il porfido inoltre è stato utilizzato fin dall'antichità in opere di architettura e di scultura (colonne del battistero di S. Giovanni in Laterano a Roma; sarcofagi di S. Costanza e di S. Elena, Musei Vaticani; Rilievi dei Tetrarchi, Biblioteca Vaticana, Galleria Clementina).