diserbatura

sf. [sec. XVIII; da diserbare]. Eliminazione delle erbe infestanti che crescono spontaneamente sui terreni agricoli. La diserbatura è una pratica nota fin dall'antichità e tende a favorire le specie coltivate nella competizione con le erbe infestanti per l'acquisizione delle risorse naturali (acqua, luce e sostanze nutrienti). Si può valutare che in assenza di diserbatura la resa delle coltivazioni non supererebbe la metà dei valori attuali. La diserbatura viene realizzata con diversi mezzi: di natura meccanica, fisica, chimica e biologica. Le pratiche agricole tradizionali prevedono l'avvicendamento di fasi di lavorazione del terreno (zappatura, sarchiatura, aratura) e di colture (cereali) che comportano lo sradicamento delle erbe infestanti. I sistemi fisici impiegati sono basati sull'alterazione di determinati fattori ambientali, come la temperatura (di cui si può provocare l'aumento con la copertura del suolo per mezzo di teli di plastica scura) o l'umidità. Molto diffusa è oggi la diserbatura mediante mezzi chimici attuata con lo spandimento di prodotti diserbanti in periodi adatti e in dosi opportune. La diserbatura chimica, a fronte di innegabili vantaggi economici, pone notevoli problemi derivanti dalla nocività dei prodotti usati per gli operatori e per l'ambiente. Da un lato si pone il problema della persistenza dei residui nelle colture successive a quella trattata, l'accumulo nel suolo e nell'ecosistema, il trasporto da parte delle acque; dall'altro le erbe infestanti, sotto l'effetto di trattamenti ripetuti nel tempo, tendono a sviluppare mutanti resistenti all'azione dei diserbanti e, quindi, è necessario ricercare sempre nuovi e più efficaci prodotti. Molto meno sviluppati sono i mezzi biologici, basati sulla diffusione di insetti e microrganismi antagonisti specifici delle specie erbose da eliminare, anche se le sperimentazioni già compiute indicano per essi notevoli prospettive in ragione del ridotto impatto sull'ambiente.