cristallo
IndiceLessico
sm. [sec. XIII; dal latino crystallum, risalente al greco krýstallos, ghiaccio, da krýos, freddo].
1) Nome generico di una categoria di vetri bianchi: un vaso di cristallo. Frequente in varie similitudini e al fig.: limpido, terso, puro come il cristallo; aria, luce, cielo di cristallo. Per estensione, lastra di cristallo o anche di vetro comune; lett., specchio: “si specchiò con attenzione nel cristallo dietro il bar” (Calvino).
2) Oggetto, suppellettile di cristallo, per lo più al pl.: la tavola splendeva di cristalli; ant. e lett., lente. Fig. poetica, acqua chiara e limpida: “Muti pesci... dentro al vivente e tenerocristallo.” (Poliziano). Talora detto di acqua divenuta ghiaccio: “E già son quasi di cristallo i fiumi” (Petrarca).
3) Nella terminologia automobilistica, si dicono cristalli i vetri di tipo speciale impiegati per il parabrezza, il lunotto e i finestrini laterali. Per il parabrezza si fa uso, secondo le legislazioni nazionali per la sicurezza, di cristalli “laminati”, costituiti da due strati di vetro fra i quali è intercalato come legante uno strato di materia plastica trasparente (polibutirrale) che impedisce la dispersione dei frammenti in caso di rottura, o di cristalli “temperati”, cioè vetri caratterizzati dalla proprietà di ridursi, in caso d'urto, in minutissimi frammenti senza spigoli taglienti. Lunotto e finestrini laterali sono sempre in cristallo “temperato”.
4) In botanica, inclusi vacuolari, formati principalmente da ossalato di calcio, che si formano molto spesso nelle cellule vegetali. In genere hanno forma molto caratteristica e propria della specie di pianta che li produce, per cui sovente esaminandoli è possibile identificarla. Possono essere isolati o aggregati: nel primo caso hanno forma romboedrica, ottaedrica o prismatica; a volte sono al limite della visibilità al microscopio e costituiscono la cosiddetta sabbia cristallina; nel secondo sono aghiformi (rafidi), stellari (druse) o tondeggianti (sferocristalli).
5) In cristallografia, sostanza solida fisicamente e chimicamente omogenea, con figura geometrica definita, che presenta una forma poliedrica.
6) Per cristallo liquido in chimica e fisica, vedi liquido.
Cristallo. Una tavola del Traité de Chrystallographie di R. J. Haüy (1822), in cui sono correlate forme geometriche semplici di cristalli ottenute secondo la teoria dello stesso Haüy.
De Agostini Picture Library
Cristallo. Elementi cristallini di lazulite, classe esacistetraedrica del gruppo monometrico.
De Agostini Picture Library / G. Cigolini
Cristallo Smeraldo, appartenente alla classe bipiramidale diesagonale del gruppo dimetrico.
De Agostini Picture Library / C. Bevilacqua
Cristallo Acquamarina, appartenente alla classe bipiramidale diesagonale del gruppo dimetrico.
De Agostini Picture Library / C. Bevilacqua
Cristallo. Elementi cristallini di stronzianite, classe bipiramidale rombica del gruppo trimetrico.
De Agostini Picture Library / R. Appiani
Industria del vetro: composizione
I cristalli sono contraddistinti dal fatto di contenere un'elevata percentuale di piombo in sostituzione del calcio, che è il metallo bivalente contenuto, accanto ai metalli alcalini, nei vetri comuni. Il contenuto in piombo conferisce al cristallo un elevato indice di rifrazione, prossimo a 2, e notevole elasticità, e quindi una particolare brillantezza e sonorità; per queste proprietà, per il fatto di fornire per politura superfici molto lucenti, per la sua durezza e assenza di colorazioni, il cristallo viene usato quale vetro pregiato per la cristalleria da tavola di alta qualità e inoltre per la fabbricazione degli specchi, in ottica, ecc. I cristalli per cristalleria da tavola contengono in genere dal 50 al 60% di silice, dal 20 al 35% di ossido di piombo e dal 10 al 15% di ossido di potassio, mentre non contengono o quasi sodio; dato l'uso cui sono destinati, devono venir prodotti da materie prime molto pure, in modo da ottenere la miglior trasparenza e l'assenza di ogni colorazione. I cristalli per ottica, che prendono il nome di flint, presentano composizione diversa secondo l'indice di rifrazione richiesto: il loro contenuto in ossido di piombo va dal 7 fino all'80% e alcuni tipi contengono quantità più o meno elevate di anidride borica. Meno propriamente, si indicano spesso con il nome di cristallo anche le lastre di vetro di buona qualità, a base di silice, ossido di calcio e sodio con aggiunta di allumina e di sesquiossido di ferro, le cui superfici siano state sottoposte a levigatura su ambedue le facce, e con il nome di mezzo cristallo quelle levigate su una faccia sola. I processi più antichi, ancora usati per lastre decorative di forte spessore, oltre i 3 cm, comportano la colatura del vetro fuso su un tavolo e quindi lo spianamento meccanico per mezzo di rulli. Le tecniche moderne per lastre di serie prevedono una colata continua dal forno fusorio e una laminazione attraverso rulli raffreddati, seguita da una ricottura per far diminuire le tensioni interne, per impartire una linearità dei piani ed eliminare le rugosità superficiali. In seguito le lastre sono assoggettate a levigatura e politura per mezzo di abrasivi (sabbie di differenti granulometrie).
Industria del vetro: tipologia
La denominazione cristallo fu data in particolare al vetro veneziano, che è in realtà un vetro sodico molto puro (il cristallino veneziano, decolorato per mezzo di biossido di manganese, sembra sia stato introdotto dal vetraio Angelo Barovier). In senso stretto il termine cristallo va usato solo per il vetro piombico inglese, introdotto in Inghilterra nella seconda metà del sec. XVII e perfezionato da George Ravenscroft. Tale vetro, rispetto al cristallino veneziano, si presta molto di più a essere lavorato per mezzo di incisione e intaglio. Dal tipo originario, variando la componente piombica, si sono ottenuti altri tipi di cristallo di maggiore purezza: in particolare lo strass (realizzato da G. F. Strass, 1700-1773), che per la sua purezza e brillantezza fu impiegato nell'imitazione del diamante e, con l'aggiunta di coloranti, di altre pietre preziose. Nell'uso comune viene indicato come cristallo anche il cristallo di Boemia, a base potassica, che presenta molte affinità con quello piombico. Rispetto a quello, è più duro e pertanto più facilmente lavorabile con la tecnica dell'intaglio alla mola (sfaccettatura, ecc.). Di questo esiste una sottospecie, il semicristallo di Boemia, di minore durezza, impiegato quando non siano richieste doti di assoluta trasparenza. Tanto il cristallo piombico che quello potassico furono largamente impiegati in Europa nella produzione di oggetti di particolare pregio, come cristalleria da tavola, lampadari, oggetti decorativi, per lo più sfaccettati o incisi. La migliore qualità fece sì che ben presto, a partire dalla fine del sec. XVII, soppiantasse la produzione veneziana in quasi tutti i mercati europei.
Elettronica
I cristalli trovano largo impiego come componenti degli oscillatori (cristalli al quarzo), come materiale di base per i semiconduttori (cristalli di silicio, di germanio e di arseniuro di gallio) e come componenti optoelettronici (cristalli liquidi nematici). I cristalli al quarzo sono i più diffusi: 200 milioni di cristalli standard a 32.800 hertz sono prodotti annualmente per il mercato mondiale degli orologi. Essi sono impiegati per il controllo della frequenza con elevata precisione e stabilità in temporizzatori (clock), filtri e linee di ritardo. Un oscillatore a cristalli ha come componente centrale una lamina, ricavata da un cristallo di quarzo "La figura 1 relativa all’elettronica è a pag. 418 del 7° volume." con orientamento del taglio e dimensioni scelte in funzione della frequenza desiderata, alla quale vengono applicati due elettrodi e che viene rinchiusa ermeticamente in apposito contenitore. Un circuito apposito provvede all'alimentazione e all'estrazione del segnale oscillante. Per realizzare la funzione di oscillatore a frequenza predeterminata fissa e stabile si sfruttano le proprietà elettromeccaniche alla risonanza del quarzo che, in presenza di una tensione alternata agli elettrodi, vibra meccanicamente in diversi modi (flessione, allungamento, variazioni di spessore) con perdite bassissime (fenomeno piezoelettrico). Il campo di frequenze dei cristalli al quarzo varia da un migliaio di hertz a due-tre centinaia di milioni, con il limite inferiore determinato dalle eccessive dimensioni della piastrina e quello superiore dalla fragilità dovuta a spessori sottili (un decimo di millimetro a 15 milioni di hertz). Alle frequenze più elevate si fa funzionare il cristallo in modo overtone (un multiplo approssimativo della frequenza fondamentale). I cristalli al silicio, al germanio e all'arseniuro di gallio sono il punto di partenza della tecnologia dei semiconduttori e dei chip. Si ottengono, per esempio, monocristalli di silicio del diametro di 20-50 cm e della lunghezza di 250 cm. I monocristalli di silicio sono impiegati anche nella micromeccanica, dove si sfruttano le proprietà cristallografiche per effettuare tagli lungo direzioni privilegiate e costruire con precisione componenti di micromotori e microaccelerometri su supporti monolitici di silicio. Alcuni tipi di cristalli liquidi sono impiegati negli schermi elettronici di tipo LCD (Liquid Cristal Display). Un tale tipo di schermo è composto da più strati sovrapposti, nei quali sono presenti lo strato sottile di cristallo liquido, le superfici di contenimento e i vari elettrodi di pilotaggio. Per non alterare gli effetti ottici di interesse, tutti gli strati di contenimento e di pilotaggio sono realizzati in materiale trasparente. Si possono ottenere immagini in bianco e nero e a colori. È sempre necessaria una fonte di illuminazione (luce ambientale o luce emessa da una lampada) in quanto il cristallo liquido non emette radiazioni luminose.
Cristallografia: generalità
I cristalli sono dotati di struttura tridimensionale discontinua e periodica, sono cioè formati da particelle (leptoni) disposte a intervalli regolari nelle tre dimensioni dello spazio, in modo che intorno a ognuna di queste particelle si abbia un'eguale distribuzione di punti materiali. Conseguenza della struttura dei cristalli è l'anisotropia degli stessi, cioè il fatto che in essi variano da punto a punto le proprietà caratterizzate dalla direzione (proprietà vettoriali, come per esempio la conducibilità elettrica, la coesione, la dilatazione termica), mentre rimangono invariate le proprietà indipendenti dalla direzione (proprietà scalari, come per esempio il peso specifico e la fusibilità). In ciò differiscono le sostanze amorfe, che presentano uguaglianza in ogni loro punto sia delle proprietà scalari sia di quelle vettoriali e sono dette perciò isotrope. § La forma macroscopica assunta dai cristalli è una conseguenza della loro struttura intima; non sempre però il cristallo presenta una forma macroscopica ben definita: infatti nel corso della cristallizzazione possono intervenire fattori (come la vicinanza dei cristalli in via di formazione) che ostacolano la regolare crescita dei cristalli stessi e possono condurre, per esempio, alla formazione di individui senza una forma ben definita. In natura infatti i cristalli non si sviluppano quasi mai isolati, ma gli uni accanto agli altri in associazioni più o meno ordinate (aggregati) o in associazioni regolate da leggi precise (geminati). Anche se è la struttura intima a definire i cristalli, la loro forma ha tuttavia grande importanza: il suo studio ha permesso la formulazione di tre leggi fondamentali: la legge della costanza dell'angolo diedro, la legge della razionalità degli indici e la legge della costanza della simmetria. La prima legge, studiata inizialmente nel 1665 da N. Stenone, poi convalidata verso la fine del sec. XVIII da J. B. Romé de l'Isle, riguarda la forma esterna dei cristalli e stabilisce che nei cristalli di una stessa sostanza, purché non vari la temperatura, gli angoli diedri di due facce corrispondenti sono sempre uguali, qualunque siano lo sviluppo e la forma delle facce stesse. Ne consegue che per definire la forma geometrica di un cristallo si può prescindere dalla sua forma reale e riferirsi esclusivamente alla posizione reciproca delle facce definita dall'incontro di esse; e poiché gli angoli che esse formano non variano qualunque sia lo sviluppo delle facce stesse, sarà sempre possibile ricondurre un cristallo sproporzionato a un cristallo modello, dando a ogni faccia lo stesso sviluppo. La seconda legge, o legge di Haüy "La figura 3 relativa alla legge della razionalità degli indici o legge di Haüyè a pag. 418 del 7° volume." , "Per la legge della razionalità degli indici o legge di Haüy vedi figura al lemma del 7° volume." riguarda la posizione che le diverse facce presentano in un cristallo e il rapporto di queste con un'altra, presa come riferimento e detta “faccia fondamentale”; essa dice che “qualora si assumano come assi coordinati tre spigoli reali o possibili del cristallo, i rapporti fra i parametri tagliati sugli stessi assi da due facce del cristallo stanno fra loro come numeri razionali e semplici” . Per conoscere la posizione delle facce si colloca il cristallo in modo che la sua faccia fondamentale incontri le coordinate (assi cristallografici) in tre punti: la distanza fra l'origine delle coordinate e i punti di incontro prende il nome di parametro per ogni coordinata, quindi tre parametri per ogni faccia. Per studiare una faccia si devono conoscere i suoi parametri e confrontarli con quelli della faccia fondamentale: i rapporti che risultano da questo confronto sono detti “indici”. La legge della razionalità degli indici prende appunto in considerazione questi valori e stabilisce che essi sono sempre espressi da numeri interi generalmente piccoli. Gli assi cristallografici sono designati con x, y, z; la loro origine, immaginata all'interno del cristallo, con O; gli angoli fra gli assi sono α fra y e z, β fra z e x, γ fra x e y; i rapporti fra i parametri di una faccia con i parametri di quella fondamentale, cioè gli indici, con h, k, l. La terza legge (legge della costanza della simmetria) regola il numero delle facce e la forma particolare da attribuire ai cristalli di ogni specie minerale. Quando si studia un cristallo si ricorre alla sua simmetria e, precisamente, questa si stabilisce in base a determinati elementi detti piani di simmetria, assi di simmetria e centro di simmetria. Il piano di simmetria (p) di un cristallo è quel piano che lo divide in due parti uguali tali che l'una sia l'immagine speculare dell'altra. Asse di simmetria di un cristallo è la retta attorno alla quale il cristallo ruota di un angolo pari a 360º/n (n indica un numero intero diverso da 1) per riassumere la posizione iniziale. Gli assi di simmetria possono essere binari, ternari, quaternari e senari, n sarà uguale cioè a 2, 3, 4 o 6 e sono indicati con A2, A3, A4 e A6; si aggiunge all'indice la lettera p se gli assi sono polari, cioè se alle loro estremità il cristallo ha proprietà fisiche diverse. Il centro di simmetria (c) è quel punto dal quale si dipartono direzioni e controdirezioni fisicamente uguali, in modo che a ogni faccia ne corrisponda un'altra parallela e invertita, e a ogni spigolo e a ogni vertice corrisponda un elemento analogo. In ogni cristallo il centro è sempre unico, mentre gli altri elementi di simmetria possono essere in numero anche maggiore; vi sono cristalli che presentano molti elementi di simmetria e cristalli che ne hanno pochi; l'insieme degli elementi di simmetria costituisce il grado di simmetria e serve per la classificazione dei vari minerali che si presentano allo stato cristallino.
Cristallografia: struttura e proprietà
"Per l'accrescimento di un cristallo e forme semplici, la costruzione del reticolo spaziale cristallino, i reticoli dei cristalli di salgemma, diamante e blenda e i reticoli di Bravais vedi figure al lemma del 7° volume." La prima importante intuizione sulla struttura intima dei cristalli "Le figure a pag. 419 illustrano:-l’accrescimento di un cristallo e forme semplici (figure in alto a, b, c, d, e, f, g, h)-la costruzione del reticolo spaziale cristallino (figure 1, 2, 3)-i tre reticoli corrispondenti a cristallo di salgemma (A), di diamante (B), di blenda (C).-i vari tipi di reticolo (figure a, b, c, d, e, f, g, h, i, l, m, n, o, p)" si deve a D. Guglielmini (1688), il quale ipotizzò che l'accrescimento dei cristalli avviene per giustapposizione di particelle elementari aventi la stessa forma del cristallo; pochi anni dopo anche Ch. Huygens formulò un'ipotesi analoga. All'inizio del sec. XIX, R. J. Haüy ammise che la sfaldatura di un cristallo potesse continuare sino a dar luogo a un solido di sfaldatura (la molecola integrante) con gli stessi caratteri e la stessa forma di quello di partenza, ma non più divisibile senza provocare la rottura del composto chimico e del cristallo. Questi concetti vennero ripresi da A. Bravais, che nel 1850 espresse chiaramente il concetto della struttura periodica tridimensionale dei cristalli: secondo lo scienziato le particelle costituenti i cristalli sono le molecole chimiche, non a diretto contatto fra loro ma regolarmente intervallate nelle tre dimensioni dello spazio. La distanza fra particella e particella è detta periodo e può variare secondo la direzione; inoltre le tre direzioni lungo cui si dispongono le particelle possono formare fra di loro angoli retti o no. L'edificio cristallino sarebbe perciò rappresentato da un reticolo di punti solidi, immaginato come la ripetizione spaziale di una cella elementare. Variando le posizioni dei punti o nodi del reticolo con semplici operazioni di simmetria (traslazione e compenetrazione), Bravais riuscì a determinare 14 celle elementari e quindi 14 reticoli (cellule o reticoli di Bravais). Di questi 14 tipi, 7 sono semplici e corrispondono ciascuno a uno dei sette sistemi cristallini e 7 sono derivati e hanno lo stesso grado di simmetria dei tipi semplici. Pertanto i 14 reticoli di Bravais possono rappresentare solo 7 classi (le sette classi di massima simmetria) delle 32 possibili nei cristalli. La difficoltà fu superata da L. Sohncke e A. Schönfliess, che, introducendo movimenti di simmetria più complessi (rotazione, roto-traslazione, ecc.), trovarono 230 possibili ordinamenti dei punti del reticolo, i cosiddetti gruppi spaziali, che potevano rappresentare tutte le 32 classi di simmetria.
Cristallografia: le classi cristalline
I possibili aggruppamenti degli elementi di simmetria sono 31 e a questi corrispondono altrettante classi cristalline "La tabella relativa ai gruppi, sistemi e classi cristallini è a pag. 420 del 7° volume." , più una a cui non corrisponde alcun elemento di simmetria. Tutti i cristalli possono venire raccolti in queste 32 classi "Per i gruppi, sistemi e classi cristallini vedi tabella al lemma del 7° volume." che a loro volta sono raggruppate in 7 sistemi (cubico o monometrico, tetragonale, trigonale, esagonale, rombico, monoclino e triclino). I 7 sistemi sono poi riuniti, in base alle loro proprietà fisiche, in tre gruppi: monometrico , dimetrico e trimetrico . Diamo ora, di ogni sistema, le proprietà principali. Sistema cubico: gli assi cristallografici formano fra loro angoli (α, β, γ) uguali a 90º e i parametri della faccia fondamentale (a, b, c) sono uguali fra loro. Sistema tetragonale: la croce assiale è formata da tre assi ortogonali e i parametri fondamentali sono a=b≠c. Sistema trigonale: i tre assi cristallografici formano angoli uguali fra loro ma diversi da 90º; i parametri fondamentali sono a=b≠c. Sistema esagonale: gli angoli α e β sono uguali a 90º mentre γ è uguale a 120º; dei parametri fondamentali, a e b sono uguali. Sistema rombico: gli angoli fra gli assi cristallografici sono di 90º; i parametri a, b e c sono tutti diversi. Sistema monoclino: la croce assiale forma solo due angoli (α e γ) uguali a 90º; i parametri sono diversi fra loro. Sistema triclino: gli angoli α, β e γ sono diversi fra loro, come pure i parametri della faccia fondamentale.
Cristallografia: le proprietà fisiche
Nello studio dei cristalli alcune proprietà scalari hanno importanza determinante ai fini diagnostici: esse sono il peso specifico e il punto di fusione, che sono differenti da minerale a minerale. Per stabilire di che minerale sia un cristallo si può ricorrere perciò alla determinazione di queste sue proprietà. Maggiore importanza hanno però le proprietà vettoriali, conseguenza della struttura intima dei cristalli. Fra queste sono quasi esclusivamente quelle ottiche che rivelano la struttura dei cristalli. I cristalli monometrici sono “otticamente isotropi”, la luce cioè si propaga con la stessa velocità in tutte le direzioni e non si ha il fenomeno della birifrangenza. Nei cristalli dimetrici la birifrangenza dà luogo a due raggi, dei quali uno si propaga con velocità costante in tutte le direzioni (raggio ordinario), mentre l'altro si propaga con velocità variabile (raggio straordinario). Esiste una direzione lungo la quale i due raggi si propagano con la stessa direzione (asse ottico) e non si ha birifrangenza. Nei cristalli trimetrici entrambi i raggi sono straordinari e vi sono due assi ottici, due direzioni cioè lungo le quali la velocità dei raggi coincide. Altre proprietà vettoriali utili per lo studio dei cristalli sono quelle dipendenti dalla coesione (deformazioni elastiche e plastiche, sfaldatura, durezza), le proprietà magnetiche ed elettriche.
Cristallografia: le proprietà chimiche
Gli studi sulle proprietà chimiche dei cristalli e sulla composizione dei cristalli in rapporto alla loro struttura hanno permesso di chiarire la natura degli elementi costitutivi del reticolo cristallino. I nodi possono essere considerati come centri d'equilibrio di ioni, di atomi, o di molecole e corrispondentemente variano la natura dei legami e la stabilità del reticolo. I reticoli ionici sono propri della maggior parte dei composti inorganici (acidi, ossidi, carbonati, solfati, ecc.); ai nodi del reticolo si trovano anioni e cationi che devono rispettare le seguenti regole: ogni catione è circondato da anioni che formano un poliedro di coordinazione; la carica di ognuno degli anioni è compensata dalla carica elettrostatica del catione che a esso è legato; se i poliedri di coordinazione di un reticolo si toccano in più di un punto (cioè secondo una faccia o uno spigolo) la stabilità del reticolo diminuisce; il numero delle differenti particelle costituenti un reticolo è in generale il minimo possibile. I reticoli atomici hanno come elementi costitutivi gli atomi e devono la loro stabilità a legami di tipo covalente (come, per esempio, nel diamante, nella blenda, nella grafite) e metallico; nei reticoli dei metalli, gli atomi sono disposti in modo tale da dar origine a strutture piene ad alta densità. I reticoli molecolari hanno ai nodi degli aggruppamenti atomici (molecole), ciascuno dei quali deve corrispondere alla composizione chimica della sostanza.
W. A. Thorpe, English Glass, Londra, 1949; G. Mariacher, Il vetro europeo dal XV al XX secolo, Novara, 1964; C. M. Gramaccioli, Il meraviglioso mondo dei cristalli, Bologna, 1986.