catecumenato

sm. [da catecumeno]. Periodo di preparazione nella Chiesa primitiva per gli aspiranti al battesimo. Il catecumenato era già noto a Giustino (m. 165 ca.), ma la denominazione si trova per la prima volta in Tertulliano (m. dopo il 220). Verso il 220, secondo Ippolito (Apostolica traditio), a Roma esisteva già un catecumenato organizzato, la cui durata massima, prescritta poi dal Concilio di Elvira (ca. 306), era di tre anni. All'inizio il catecumenato non aveva un giorno fisso di scadenza, ma prima della fine del sec. IV questo fu stabilito alle vigilie di Pasqua e di Pentecoste, come attesta S. Ciricio papa (Epistula ad Himerium). Il catecumenato consisteva in istruzioni soprattutto sul Credo e sul Pater noster e in pratiche penitenziali, tra cui il digiuno, gli esorcismi e l'accusa dei peccati, chiamate scrutini (scrutinia). Durante il catecumenato vigeva la disciplina dell'arcano, detta in Oriente catechesi mistagogica, che non permetteva ai catecumeni di assistere alla parte centrale della celebrazione eucaristica né di venire a conoscenza dei sacramenti. Il catecumenato ebbe pieno sviluppo nel sec. IV.; incominciò a venir meno, con la consuetudine di battezzare i bambini, nel sec. V e sopravvisse dal sec. VI solo in formule rituali. In campo missionario, nonostante le insistenze di Roma, il catecumenato ebbe sempre poco sviluppo. Il Concilio Vaticano II (1965) lo ha di nuovo riproposto e portato in vigore nelle missioni tra i non cristiani.

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