canarése
agg. e sm. [da una voce indigena]. Lingua neo-indiana di ceppo dravidico, parlata nella parte nordorientale dello Stato di Tamil Nadu (India). Il reperto letterario canarese più antico è costituito dalla vasta raccolta antologica Kavirajmarg (La via del poeta), redatta forse dal poeta di corte Srivijaya verso il sec. IX e contenente numerosi brani appartenenti a una letteratura arcaica andata perduta. Verso il sec. X la letteratura canarese ebbe due generi distinti: il desi (popolaresco) riservato alla favolistica e alle ballate, e il marg (urbano), aulico e sanscritizzato, applicato per lo più alle epopee, nella stesura delle quali eccelsero Pampa, Ponna e Ranna (sec. X), le “tre gemme” (triratna) del periodo medievale. Mentre altrove dilagava il mite culto visnuita, l'estremo sud continuava a essere la roccaforte del cruento śivaismo fallico (lingayat o virasaiva), che trovò il suo mezzo d'espressione nei componimenti vacana (prosastici) in cui fu maestro il mistico Basava. I temi dello śivaismo vennero adattati anche al campu dal poeta Harihara e da suo nipote Raghavanka (sec. XII), cortigiani ambedue e autori di lunghi poemi epico-romantici che hanno gli dèi quali protagonisti. Il culto di Śiva si protrasse fin verso il sec. XVI e cominciò a diminuire soltanto quando l'Islam prese a minacciare il Paese da vicino. L'avvento del visnuismo fu rapido e la sua durata breve. La letteratura fece appena in tempo a produrre le versioni in lingua delle due epiche pan-indiane Rāmayāna e Mahābhārata prima d'essere messa a tacere dalle orde musulmane. Soltanto alla fine del sec. XIX si ebbero le prime avvisaglie d'un prossimo risveglio, grazie soprattutto allo schivo Muddana che, con il suo romanzo Rashwamedha (Il sacrificio), introdusse la prosa canarese nell'era moderna. Nel XX sec. la letteratura canarese si è avvalsa dell'appassionato contributo di poeti quali G. K. Adiga, V. K. Gokak e D. R. Bendre e di narratori quali Venkatesa Aiyangar “Masti” e P. Lankesh , autore prevalentemente di racconti.