biolisciviazióne

sf. [sec. XX; da bio-+lisciviazione]. Complesso di operazioni che si compiono sui materiali misti, contenenti minerali metallici e minerali sterili, al fine di portare in soluzione i metalli, lasciando come residuo indisciolto la porzione non metallica. Non tutti i minerali metallici sono adatti a questo trattamento: lo sono in massimo grado i solfuri e – fra essi – i solfuri di ferro (pirite, marcasite e, meno, la pirrotina) e quelli di rame (calcopirite, calcosina, calcocite). Tali minerali, se attaccati da soluzioni acide, tendono a decomporsi dando luogo a una serie di prodotti solubili. La trasformazione è lenta se si usano reagenti puri, mentre è fortemente accelerata se alla soluzione acida si aggiungono particolari organismi, che vengono appunto chiamati ferroossidanti e solfoossidanti; essi sono il Thiobacillus ferroxidans, il Ferrobacillus ferroxidans, il Ferrobacillus sulfoxidans: si tratta di microrganismi che traggono la loro energia vitale dall'ossidazione del ferro e dello zolfo. Oltre ai microrganismi feroossidanti e solfoossidanti, sono stati isolati altri microrganismi capaci di attaccare i minerali, fra questi: Aeromonas, Penicillum glaucum, Aspergillus oryzae, Aspergillus niger, Micrococcus cynnabareus, capaci di solubilizzare l'oro e Penicillum brevicaule, capace di solubilizzare il potassio dai feldspati che lo contengono e dalla leucite. La loro possibilità di applicazione su scala industriale è ancora in fase di sperimentazione fatta eccezione per il rame e l'uranio, per i quali si sono ottenuti risultati positivi (lisciviazione).

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