biocristallografìa
sf. [bio-+cristallografia]. Branca della moderna biochimica che permette di stabilire la struttura molecolare tridimensionale di sostanze biologiche, come proteine e acidi nucleici. Uno dei principi su cui si basa questa metodologia è quello per cui le sostanze biologiche possono assumere, in particolari condizioni ambientali (alta concentrazione e ambiente salino adeguato), una struttura ordinata modulare che è un vero e proprio cristallo. Quando questi cristalli vengono colpiti con un fascio di raggi X, una parte dei raggi vi passa attraverso, ma il resto viene deviato (diffratto) e "sparso" in varie direzioni. I raggi diffratti sono infine raccolti su una lastra fotografica (nelle versioni più nuove può trattarsi di un sensore - detector - collegato a un computer). Dall'analisi delle immagini di diffrazione si può risalire alla forma tridimensionale dell'oggetto colpito. La biocristallografia nasce all'inizio degli anni Sessanta del sec. XX, con la risoluzione delle strutture della mioglobina e dell'emoglobina da parte di M. F. Perutz e J. C. Kendrew (per tali studi i due scienziati ottennero, nel 1962, il premio Nobel per la chimica), e lo stesso modello della struttura a doppia elica del DNA si basa su osservazioni fatte su immagini di diffrazione. Successivamente, con lo sviluppo delle tecniche di biologia molecolare per la preparazione delle proteine e con l'enorme progresso dei sistemi di calcolo, la biocristallografia è diventata sempre più determinante. Sono stati realizzati detectors sempre più sofisticati che permettono un'analisi delle intensità degli spot di diffrazione sempre più rapida e accurata. Inoltre sono stati sviluppati software molto potenti per determinare le mappe di densità elettronica e la ricostruzione tridimensionale. Se nei primi anni erano necessari dai tre ai cinque anni per risolvere una struttura, ora, con lo sviluppo di tecniche di calcolo sempre più veloci e con l'uso della luce di sincrotrone come sorgente di raggi X, è possibile determinare le strutture di alcune proteine in meno di un anno. Sono note al momento più di 10.000 strutture, le cui coordinate cristallografiche sono depositate in una banca dati denominata PDB (Protein Data Base). La soluzione di tante strutture tridimensionali ha permesso di comparare proteine diverse tra loro e tuttavia con funzioni simili e di comprendere a livello molecolare il funzionamento di molti enzimi. Fondamentale anche il ruolo della biocristallografia applicata alla medicina: la dettagliata conoscenza delle strutture biologiche permette infatti di progettare in maniera razionale molecole utili e con attività farmacologica sempre più specifica. Attraverso la conoscenza del sito attivo di un enzima, per esempio, è possibile disegnare inibitori specifici. Sono state risolte le strutture di grossi complessi proteici come il ribosoma o di alcuni recettori che si trovano sulla superficie delle cellule; inoltre sono note le strutture tridimensionali di alcuni virus patogeni, come per esempio l'HIV.