Rèni, Guido
Indicepittore italiano (Bologna 1575-1642). Allievo dapprima del Calvaert, poi dell'Accademia carraccesca degli Incamminati, la sua prima fase formativa si concluse con un'adesione al vitale recupero naturalista avviato dai Carracci, al di là del conformismo tardomanierista del maestro. Nel decennio tra il 1598 e il 1608, anno che segna l'inizio della brillante carriera romana dell'artista, si dispone una successione di esperienze, consumate tra Roma (dove forse si recò una prima volta anteriormente al 1603) e Bologna, che vanno dalla rimeditazione sul manierismo e su Raffaello (quadri per S. Cecilia in Trastevere) a un'interpretazione in chiave classicamente naturalistica del realismo caravaggesco. La protezione di Scipione Borghese gli procurò una serie di importanti commissioni a Roma da parte del pontefice Paolo V: l'artista attese dunque alla decorazione di due sale in Vaticano (sale delle Nozze Aldobrandini e delle Dame), delle cappelle di S. Andrea e di S. Silvia in S. Gregorio Magno al colle Celio, della cappella dell'Annunciata al Quirinale e della Cappella Paolina in S. Maria Maggiore, opere nelle quali venne chiarendosi la sottile problematica del rapporto tra Idea e Natura che informò, con alterne vicende, tutta la sua attività. Il classicismo del Reni si svolge secondo ritmi insieme monumentali e scorrevoli, aderendo da un lato alle ragioni supreme dell'Idea, dall'altro a un'esigenza di concretezza (Strage degli innocenti, Bologna, Pinacoteca Nazionale, 1611; Aurora, Roma, Casino Rospigliosi, 1613-14). Ritornato definitivamente nella città natale nel 1614, da cui si allontanò solo per un breve e sfortunato soggiorno a Napoli nel 1622, il linguaggio figurativo del Reni si arricchì di note altamente retoriche nella Gloria di S. Domenico per l'omonima chiesa bolognese, e di tonalità più calde d'influsso neoveneto (Assunta, Genova, S. Ambrogio, 1617; Fatiche di Ercole, 1617-21 per Federico Gonzaga duca di Mantova, Parigi, Louvre), mentre una vena di distillato classicismo, scaturito da una lunga rimeditazione sull'antico, si esprime in Atalanta e Ippomene (1615-25, Napoli, Galleria Nazionale di Capodimonte) e nel Battesimo di Cristo (1621-23, Vienna, Kunsthistorisches Museum). Se gli anni tra il 1620 e il 1630 segnano una pausa di ispirazione che si rivela in una certa impostazione melodrammatica (Lucrezia, Potsdam, Neues Palais), il decennio successivo, che lo vide intento all'esecuzione di un folto gruppo di opere di soggetto religioso (Madonna in gloria, Bologna, Pinacoteca Nazionale; Estasi di S. Andrea Corsini, Firenze, Galleria Corsini; Crocifissione, Modena, Galleria Estense), segna una più viva aderenza ai temi della devozione cattolica, cui si accompagna un'estrema raffinatezza formale e cromatica. Nella fase ultima dell'attività del Reni le forme del classicismo sembrano cedere a un impulso interiore che si esprime in nuove e più libere strutture compositive sostenute da una tecnica quasi bozzettistica per la trasparenza e la libertà del tocco (Adorazione dei pastori, Londra, National Gallery; Lucrezia, Cleopatra, Fanciulla con corona, Roma, Pinacoteca Capitolina).
Guido Reni. Atalanta e Ippomene (Napoli, Galleria Nazionale di Capodimonte).
De Agostini Picture Library/A. Dagli Orti
Bibliografia
C. G. Marchesini, Le incisioni di Guido Reni, Bologna, 1942; C. Gnudi, G. C. Cavalli, Guido Reni, Firenze, 1955; R. Longhi, Un nuovo S. Giovanni Battista di Guido Reni, in “Paragone”, Firenze, 1958; A. Emiliani, Guido Reni, Milano, 1964; E. Baccheschi, L'opera completa di Guido Reni, Milano, 1971; C. C. Malvasia, Vita di Guido Reni, Roma, 1989.