Guercino, Giovanni Francésco Barbièri, detto il-
Indicepittore italiano (Cento 1591-Bologna 1666). Dopo un periodo d'apprendistato nella città natale, si trasferì a Bologna (1617), dove la sua cultura artistica maturò a contatto diretto con l'opera dei Carracci. Se le opere del periodo giovanile (Miracolo di San Carlo, Madonna in gloria con i santi Pancrazio e Chiara, Madonna in trono col Bambino e santi; ca. 1615, Renazzo di Cento, parrocchiale di S. Sebastiano) rivelano una sostanziale adesione alla poetica carraccesca, esse sono tuttavia animate da un potente impeto creativo e da fermenti naturalistici sostenuti da un cromatismo e da una sensibilità ai problemi di luce (Madonna col Bambino e santi, ca. 1616, Bruxelles, Musées Royaux des Beaux-Arts; Susanna e i vecchioni, ca. 1617, Madrid, Prado; Apollo e Marsia, ca. 1618, Firenze, Galleria Palatina) che ne fanno un unicum nell'ambito della scuola bolognese. Un viaggio a Venezia nel 1618 contribuì certamente ad affinare una sensibilità cromatica che aveva le sue radici nella tradizione ferrarese (Dossi). Nel 1621 il Guercino venne chiamato a Roma da Gregorio XV. Tra le prime opere romane Rinaldo e Armida per un soffitto di palazzo Costaguti e la decorazione del casino Ludovisi (nel soffitto a volta della stanza principale: l'Aurora, 1621), dal linguaggio pienamente barocco, cui seguì nel 1623 la grande pala per un altare della basilica di S. Pietro raffigurante Santa Petronilla sepolta e accolta in cielo (dal 1817 nella Pinacoteca Capitolina di Roma). Fu questo il momento in cui l'arte guercinesca raggiunse le sue più alte realizzazioni, in composizioni di un disinvolto naturalismo percorse da luci radenti che definiscono le superfici accendendo i colori. Il ritorno a Cento (1623) segnò l'inizio di un periodo di ripensamento che avvicinò l'artista al Reni e all'Accademia di Bologna, città in cui si stabilì nel 1642: lo slancio di opere ancora barocche (Ercole e Anteo, 1637, Bologna, palazzo Sampieri; Madonna del Rosario, 1631, Torino, S. Domenico) andò mitigandosi in composizioni di misurato equilibrio e impostate su tonalità tenui, che perfettamente si adeguano agli ideali di un'estetica classicheggiante (La Sibilla Libia, 1651, collezione della regina Elisabetta II; La Sibilla Samia, 1652, Genova, Palazzo Reale).
G. C. Cavalli, in Maestri della Pittura del Seicento Emiliano, Bologna, 1959; M. Marangoni, Guercino, Milano, 1959; N. Barbati Grimaldi (a cura di), Il Guercino, Bologna, 1968; L. Salerno, I dipinti del Guercino, Roma, 1988.