Ekhnaton
faraone egiziano della XVIII dinastia (1372-1354 o 1360-1340 a. C.). Figlio e successore di Amenofi III, fin dai primi anni di regno, ancora col nome di Amenofi IV, cercò di ridurre lo strapotere dei sacerdoti del dio Ammone introducendo in Tebe il culto dell'antico dio di Heliopolis, Aton, il sole nella sua entità fisica di disco solare. Nel sesto anno di regno il re cambiò il suo nome Amenofi (Ammone è soddisfatto) in Ekhnaton (Colui che è utile ad Aton) e, abbandonando Tebe e le resistenze del clero, fondò nel Medio Egitto la nuova capitale Akhetaton (L'orizzonte di Aton), ora El Amârna, trasportandovi la famiglia e tutta la corte e attuando in senso totalitario la sua riforma: abolì tutti gli altri dei e ordinò che fosse adorato solamente il dio Aton, cui il re indirizzava un inno pregno di pietà personale e di sensuale misticismo. Il sole era rappresentato come un disco i cui raggi finivano in mani apportatrici di vita al sovrano e alla sua famiglia. Il sovrano, a sua volta, era l'unico intermediario tra il dio e l'umanità, ristabilendo in pieno quella funzione di re-dio che pareva perduta dopo l'età menfita; riacquistava così poteri demiurgici con la funzione di assicurare al mondo la presenza di Maat, la verità intesa come ordine cosmico. Nelle arti fu creato un linguaggio figurativo rivoluzionario, mentre nella letteratura si adottò la lingua parlata invece di quella aulica. In campo politico si tornò al più rigido assolutismo monarchico: i funzionari erano scelti dal sovrano. Infervorato nella sua riforma Ekhnaton trascurò i rapporti con i Paesi asiatici, proprio mentre avanzava la potenza ittita. Il regno finì in modo oscuro: il sovrano tentò di riprendere i contatti col mondo tebano, attraverso il genero e coreggente Semenkhara, senza frutto. La restaurazione fu portata a termine dall'altro genero e successore Tutankhamon e dagli ulteriori successori Ai e Horemhab. L'eresia amarniana fu condannata e il suo fondatore fu da allora ricordato con il titolo spregiativo di “criminale di Akhetaton”.