Anāhitā
(in persiano, immacolata), la grande dea dell'Iran preislamico che diede il nome al pianeta Venere. Secondo Erodoto i Persiani impararono ad adorare Afrodite-Urania dagli Assiri e dagli Arabi. Il culto della dea si perpetuò fino all'epoca sassanide. Anāhitā, dea delle acque, fu particolarmente connessa alla regalità sia nell'epoca achemenide sia nell'epoca sassanide: insieme con Ahura Mazdā e con Mithra, è una divinità dispensatrice del potere sovrano. Non c'è dubbio che sulla concezione iranica della dea abbiano largamente influito le credenze mesopotamiche concernenti la grande Ishtar. Nell'epoca partica il culto di Anāhitā fu particolarmente diffuso in Armenia, dove in parecchi santuari della dea era praticata la prostituzione sacra. Il culto di Anāhitā, il cui tempio principale si trovava a Istakhr, si diffuse soprattutto sotto il regno dell'achemenide Artaserse II (404-359 a. C.), il quale fece innalzare simulacri della dea, generalmente identificata dal vaso che regge, da pesci intorno e da una corona scanalata, nei grandi centri del primo impero persiano: Babilonia, Susa, Ecbatana (l'odierna Hamadān), Bactra, Damasco, Sardi, Shīz. A Tāq-i-Bustan è stato trovato un capitello su cui Anāhitā è scolpita con le braccia alzate come per sorreggerlo; questa immagine si ritrova anche in alcune chiese georgiane e armene, dalle quali probabilmente passò su alcuni capitelli del primo romanico francese. Nell'Avestā la dea, cui è dedicato lo Yašt V, l'inno delle acque, ha il nome di Aredvī ed è raffigurata come un potente e perenne volume di acqua che si riversa dalla vetta del mitico monte Hukairya, al centro del mondo, nel grande mare o lago cosmico Vourukasha.