¡Que viva México!
progetto di film messicano (1931-32) di S. M. Ejzenštejn, “cattedrale incompiuta” e tragedia personale del regista sovietico, cui già Hollywood aveva bocciato ogni progetto, che sperava di condurre in porto con l'assistenza finanziaria e morale dello scrittore progressista statunitense Upton Sinclair. Stimolata dai pittori e dagli intellettuali messicani, ma soprattutto dalla realtà del Paese e dal suo processo storico, dall'“anima” del popolo e dalla lotta di classe, la piccola troupe di tre persone (con Ejzenštejn, il co-sceneggiatore e assistente G. Aleksandrov e l'operatore E. Tissé) si imbarcò in un lavoro durissimo per un affresco epico-lirico sulla nascita di una nazione, che il montaggio avrebbe probabilmente ordinato in un prologo, quattro episodi (Sandunga, Maguey, Fiesta, Soldadera) e un epilogo. Giunto a oltre due terzi dell'impresa e a 70.000 metri di negativo impressionato, Ejzenštejn ebbe l'alt da Sinclair e il suo materiale non gli fu più restituito. Da esso, a cominciare dal 1933, Hollywood trasse arbitrari montaggi: Lampi sul Messico dall'episodio Maguey, Kermesse funebre dall'epilogo, ecc. Nel 1958 J. Leyda presentò, col titolo Il film messicano di Ejzenštejn - Episodi per studio, oltre cinque ore di proiezione dei materiali reperiti, ordinati filologicamente. Da ciò (e da altro) si vide che l'ipotesi del capolavoro era più che legittima. Nel 1957 Aleksandrov e Tissé dichiararono l'intenzione di terminare l'opera secondo gli intendimenti dell'autore; alla morte di Tissé (1962) si offrì a sostituirlo S. Jutkevič. Nel 1973 gli USA consegnarono all'URSS tutto il materiale in loro possesso; una buona parte è andata perduta o deteriorata nelle successive manipolazioni.