Il Sacro Romano Impero germanico e gli Svevi
- Introduzione
- Federico I di Svevia
- Federico II e Innocenzo III
- Gli Angioini e gli Aragonesi
- Approfondimenti
- Riepilogando
Federico II e Innocenzo III
Enrico VI aveva disposto che il Regno di Sicilia, la moglie e il figlio di appena tre anni passassero sotto la tutela della Chiesa. Morta anche Costanza un anno dopo il marito, l'erede Federico Ruggero Costantino fu affidato alla tutela di papa Innocenzo III (Lotario dei conti dei Segni, eletto nel 1198 a 37 anni). Innocenzo III fu uno dei più grandi papi del Medioevo; con lui la Chiesa raggiunse l'apice della sua potenza temporale. Nella lotta per la successione alla dignità imperiale dopo la morte di Enrico VI, il papa prese posizione per il guelfo Ottone di Brunswick contro Filippo di Svevia, fratello di Enrico, sostenendo la superiorità dell'autorità spirituale e il diritto del papa di giudicare l'idoneità dell'imperatore. Innocenzo III cercò anche di recuperare tutti i territori che erano appartenuti alla Chiesa, ma quando nel 1209 Ottone scese in Italia e ottenne la corona imperiale, si diresse verso la Sicilia contro la volontà del papa, il quale lo scomunicò e gli oppose il giovane Federico II. Nel 1210 i fautori degli Svevi in Germania deposero Ottone e incoronarono Federico, il quale dovette promettere al papa di mantenere divise le due corone di Germania e di Sicilia. Nel 1212 Federico II fu incoronato imperatore a Francoforte; nel 1214 batté definitivamente Ottone.
Innocenzo III e le eresie. Nel frattempo Innocenzo III era all'apice della sua potenza: aveva ottenuto l'appoggio di diversi re europei (Inghilterra, Aragona, Portogallo, Bulgaria), aveva indetto la crociata contro gli Albigesi e nel Concilio Laterano del 1215 aveva riconfermato la subordinazione al Papato di tutta la Cristianità. Il Concilio aveva dovuto affrontare anche il problema delle eresie, diffuse soprattutto nella Francia meridionale e nell'Italia settentrionale. La caratteristica comune a queste eresie era di sfruttare la critica alla mondanità e al potere temporale della Chiesa per insinuare deviazioni dottrinali. Le principali correnti eretiche furono quelle dei catari (dal gr. khataròs, “puro”, i quali professavano l'esistenza di due principi opposti da cui provengono il bene e il male, per cui l'uomo doveva impegnarsi a raggiungere il bene astenendosi dal contatto con la materia, la carne, i rapporti sessuali, il matrimonio; non credevano nel purgatorio, nei sacramenti, nella divinità di Cristo e avevano un'organizzazione gerarchica che si opponeva a quella della Chiesa cattolica) e dei valdesi (seguaci di Pietro Valdo, che contestavano l'ordinamento gerarchico della Chiesa e la forza economica dei monasteri). Un caso a parte fu quello costituito dal cistercense Gioacchino da Fiore secondo cui nel XIII sec. si sarebbe aperta “l'età dello Spirito”, quella in cui la Chiesa avrebbe finalmente realizzato l'ideale evangelico; la sua dottrina trinitaria, pur condannata nel IV Concilio Laterano (1215), sembrava annunciare l'imminente grande movimento di rinnovamento spirituale che avrebbe cambiato la Cristianità. Nella lotta contro le eresie la Chiesa si servì di due mezzi: la repressione attuata dal tribunale dell'Inquisizione e la contrapposta predicazione dottrinale degli Ordini Mendicanti (i più noti furono quello dei Frati Minori fondato da san Francesco d'Assisi e quello dei Predicatori fondato da san Domenico di Guzmán).
Federico II. Alla morte di Innocenzo III gli succedette nel 1216 Onorio III che incoronò Federico a Roma nel 1220. Federico restituì alla Chiesa i beni lasciati in eredità da Matilde di Canossa e fece riconoscere dal papa l'unità nella persona dell'imperatore di Germania e Sicilia, pur nella loro separazione giuridica. Nel 1227 il nuovo papa Gregorio IX scomunicò Federico con l'accusa di non aver indetto una crociata pur promessa. Nel 1228 l'imperatore partì per la crociata e attraverso un trattato stipulato col sultano d'Egitto recuperò Gerusalemme, Betlemme e Nazareth. Nello stesso tempo il papa invadeva i suoi domini in Italia. La pacificazione avvenne col Trattato di San Germano (1230): Federico restituì i territori tolti alla Chiesa durante la lotta e rinunciò alle investiture. In Sicilia Federico riorganizzò l'amministrazione dei suoi domini; con le Costituzioni Melfitane del 1231 fissò tasse pesanti ma distribuite equamente, emanò misure per favorire il commercio e l'attività manifatturiera. In Germania, affidato il governo al figlio Enrico, concesse ampi privilegi ai signori feudali; per questo il figlio gli si ribellò nel 1234 ma fu sconfitto e tenuto prigioniero fino alla morte (1242), mentre la corona tedesca passò al fratello Corrado. Nuovi motivi di contrasto vennero dalle rivendicazioni autonomistiche dei Comuni dell'Italia settentrionale e dall'ostilità della Chiesa per il sostegno dato da Federico alla rinascita del Comune di Roma e per l'erezione della Sardegna, feudo della Santa Sede, a Regno autonomo retto dal figlio Enzo (1238). Nel 1237 Federico sbaragliò le forze comunali a Cortenuova. Gregorio IX lo scomunicò nel 1239; Federico reagì cacciando gli ordini mendicanti, confiscando i beni ecclesiastici (tranne quelli siciliani) e affidando le sedi vescovili a persone di fiducia. In Italia si crearono due opposte fazioni: i Ghibellini, favorevoli all'imperatore, e i Guelfi, dalla parte del papa. Il nuovo papa Innocenzo IV, in un Concilio a Lione, dichiarò deposto l'imperatore che fu anche abbandonato da alcune forze ghibelline tra cui la città di Parma. Nel 1250, mentre si accingeva a un'altra campagna nel nord Italia, morì improvvisamente in Puglia.