L'educazione dell'uomo secondo natura: Rousseau
Jean-Jacques Rousseau (1712-1778) è tradizionalmente considerato come importante esponente dell'Illuminismo, in quanto nelle sue opere è possibile riscontrare chiaramente una forte critica alla realtà contemporanea (dal punto di vista giuridico, governativo, sociale, morale, economico e via di seguito), elemento caratterizzante del movimento illuminista.
• L'illuminismo di Rousseau
Rousseau faceva inoltre parte del gruppo dei philosophes promotori dell' Enciclopedia (esponenti di spicco dell'illuminismo francese), alla cui redazione partecipò curando alcune voci di musica e di economia e soprattutto sollecitando fino a punti estremi gli strumenti critici introdotti dal gruppo stesso. Queste sue estremizzazioni critiche lo porteranno, nel 1757, alla rottura con Diderot e il gruppo dell'Enciclopedia, rottura nella quale è possibile vedere rispecchiata la posizione oramai lontana dall'illuminismo ufficiale assunta da Rousseau. Infatti, se la critica illuminista portava alla ricerca di una nuova cultura che proponesse un modello di Stato futuro, Rousseau, al contrario, volge il suo sguardo al passato, per ritrovare in condizioni precedenti alle attuali gli ideali e i valori da perseguire, arrivando a escludere in loro nome anche la cultura. Egli è alla ricerca di una nuova antropologia (e in questo possiamo ritrovare la parte costruttiva del suo pensiero) nella quale sia possibile riscoprire una legittimazione della vita associata.
Questa ricerca viene condotta attraverso l'arma principe degli illuministi: la critica avanzata nei confronti della società della cultura, ma, diversamente dai pensatori del suo tempo, Rousseau ritiene che il più grande bene dell'uomo non sia la ragione, ma che gli esseri umani si distinguono principalmente sulla base dei loro bisogni e delle loro passioni. Il grande difetto riscontrato da Rousseau nella società, ma anche nella visione comune della cultura, è che esse tendono a moltiplicare i bisogni e a corrompere le passioni, portando l'uomo lontano dalla sua natura originaria. Il processo porta a un passaggio da uno stato originario di uguaglianza a uno artificiale, nato con lo sviluppo dell'uomo, di ineguaglianza.
L'autore non propone un ritorno alle origini, che egli ben percepisce come impossibile, ma invita alla ricerca di forme legislative e educative capaci di ristabilire una forma di uguaglianza tra uomini, o, meglio, tra uomini in quanto cittadini.
• L'educazione “naturale”
Alla base della concezione pedagogica di Rousseau si ritrova la forte opposizione tra natura e cultura: allo stato di natura l'uomo vive in una condizione di uguaglianza e libertà, nella società e con la cultura si trova costretto tra imposizioni e disuguaglianza. Sulla base di queste premesse l'autore postula che l'educazione debba necessariamente essere naturale. Cosa egli intenda esattamente per “naturale” occorre chiarire. La natura per Rousseau consiste nell'insieme delle facoltà umane e intellettive proprie dello stato originario dell'uomo, facoltà, che come si è già ricordato, vengono sistematicamente corrotte nella società contemporanea da civiltà e cultura.
Il carattere naturale dell'educazione implica dunque che essa non può derivare dai dettami della società, ma deve necessariamente fondarsi nell'uomo visto come essere autonomo. Anche il metodo utilizzato dagli insegnanti dovrà essere coerente con l'evoluzione naturale del soggetto, senza forzarla in alcun modo, e dovrà quindi essere strutturato sulla base dell'evoluzione psicologica dei fanciulli.
•La prima e la seconda infanzia
Questo primo periodo formativo del bambino, in cui la ragione ancora non è pienamente sviluppata e non può quindi essere pienamente utilizzata, deve essere caratterizzata per Rousseau da un'educazione negativa. Questo termine non è utilizzato da Rousseau in senso peggiorativo rispetto a un'educazione tradizionale, ma come definizione di un metodo pedagogico che sia volto più che a progettare interventi formativi specifici e rispettare lo sviluppo del bambino evitando interventi contrari a esso. Si faccia attenzione a non concludere dunque che il formatore in questi primi anni debba limitarsi a non far nulla e a lasciare che il bambino completi da sé la propria educazione. Al contrario egli dovrà impegnarsi molto per impedire che sia influenzato negativamente e per predisporre al contrario occasioni propizie per uno sviluppo armonico.
Egli insiste molto sull'importanza nel percorso educativo dei bambini delle sensazioni provate dalla manipolazione degli oggetti e dal movimento. Ritiene invece che si debba escludere in questa fase ogni forma di educazione morale, in quanto senza il supporto della ragione il bambino non potrebbe capire ciò che sta dietro a divieti e imposizioni e li considererebbe solo come mere imposizioni, allontanandosi così dallo stato naturale di libertà.
La seconda fase dell'educazione del bambino, che per Rousseau va dai 3 ai 12 anni circa, resta sempre caratterizzato dall'impiego di una pedagogia negativa, ma si introduce il concetto della libertà anche come conquista.
Il bambino comincerà e rendersi conto dello squilibrio che esiste tra i suoi bisogni e le capacità che gli sono date di soddisfarli. Su questa dicotomia ci si potrà appoggiare per una prima educazione morale che non conterrà obblighi o doveri ma partirà appunto dall'osservazione e dal confronto con la necessità delle cose, metodologia che dovrebbe portare allo sviluppo dell'uomo sulla base dell'autonomia e dell'autenticità.
Il precettore dovrà essere vigile in modo da non anticipare mai lo sviluppo dei bambini che gli sono affidati, e basando sempre i suoi insegnamenti sui bisogni e sugli interessi dei suoi piccoli allievi. Egli, ricorda Rousseau, dovrà fare buon uso del suo pensiero critico, in modo che i bambini avvertano di essere loro a comandare, mentre il vero controllo resta però nelle mani degli insegnanti che guidano e controllano quindi la crescita educativa degli alunni, pur, come si è detto, nel rispetto del loro percorso naturale di crescita.
Questa impostazione porta, naturalmente, alla messa tra parentesi della didattica tradizionale, i cui programmi sono sentiti come troppo rigidi e lontani dalle esperienze concrete degli alunni, che quindi non ne trarranno mai un autentico beneficio.
• La preadolescenza e l'adolescenza
Con l'avvicinarsi del bambino all'adolescenza scompare la distinzione forte che aveva caratterizzato l'infanzia tra i bisogni e il potere di soddisfarli. Ora la ragione e le forze del fanciullo si sviluppano velocemente, e di conseguenza anche l'impostazione della pedagogia deve cambiare diventando da negativa a positiva.
Il motore che porta alla crescita in questa età (crescita che non è più solo fisica ma soprattutto spirituale) è la curiosità su cui deve poggiarsi la linea pedagogica positiva del bravo insegnante. Infatti, occorre ora introdurre le linee guida di un sapere formale, ma non trasmettendo al giovane una serie di idee preordinate, quanto piuttosto portandolo alla scoperta delle idee attraverso un percorso che muova, appunto, dalla sua innata curiosità e faccia continuo riferimento all'utilità di quanto emerge dalla ricerca.
Dal punto di vista dello sviluppo intellettivo il bambino sta ora passando dalle sensazioni dell'infanzia al mondo delle idee dell'adolescenza. Questo comporta – sul piano morale – un passaggio educativo da una condotta regolata sulla necessità a una condotta orientata all'utilità, verso cui, è bene ricordarlo, anche l'insegnamento formale deve condurre. Per Rousseau il passaggio da ciò che è veramente utile a ciò che è buono sarà poi breve e facile.
Dal punto di vista sociale il giovane deve essere tenuto lontano dai complicati concetti di relazioni sociali, che ancora rischierebbero di confonderlo. La sua socializzazione dovrà prendere dunque l'avvio dalla conoscenza e dalla pratica di mestieri che risultino di pubblica utilità, e di cui egli sia portato a comprendere le ragioni di utilità sociale.
Con l'adolescenza inizia la vera e propria educazione , che non è più guidata dalle sensazioni o dalla curiosità, ma dalle passioni, che introducono il giovane all'interno della società. Altri aspetti caratterizzanti di questa fase, tutti conseguenti però al subentrare delle passioni, sono lo sviluppo dell' immaginazione, il confronto con le problematiche morali, la comparsa delle idee astratte fino a giungere alla conquista razionale dell'idea di Dio.
Le passioni, si è detto, sorgono naturalmente nell'animo dei giovani, ma in questo caso Rousseau mette in guardia i formatori dal pericolo di contaminazione a cui esse sono costantemente soggette. Consiglia pertanto di non offrire ai giovani occasioni che portino all'eccitazione delle passioni, quanto di mirare piuttosto a contenerle, in modo che sia più facile per il giovane rispettare e seguire l'evoluzione naturale del suo sentire.
Questa evoluzione naturale ha origine dal sentimento di amore, che inizialmente si pone come amore di sé stesso (e che deve essere guidato perché non diventi amor proprio, base della vanità e dell'orgoglio), alla base della nostra stessa sopravvivenza e motore della curiosità dei giovani. Da questa prima essenziale forma di amore dei fanciulli ne deriva poi un secondo, più evoluto, che si esplica nell'amore per chi gli sta vicino.
Al sentimento di amore è vicino il sentimento della pietà, per sviluppare il quale (che porta come l'amore per se stessi all'amore per gli altri, anche se da un'altra strada) Rousseau raccomanda di porre l'adolescente a confronto con situazioni di sofferenza e dolore. Queste esperienze lo porteranno ad amare maggiormente chi gli sta vicino, e quindi a rispettare i suoi simili. Questo è il percorso morale che si avvia con l'ingresso del giovane nell'adolescenza e che lo porterà ad apprendere gradatamente i valori, il concetto di giustizia, di pace, di Dio.
Anche in questa fase l'educazione formale non scompare, ma ancora una volta non è affidata a verbalizzazioni astratte quanto all'esperienza diretta del giovane che, spinto dalla curiosità, sarà guidato a confrontarsi direttamente (nella pratica o tramite ragionamento) con le nuove conoscenze.