"Swing Era"
Il termine "swing" nacque verso il 1898 con il ragtime, a indicare l'effetto danzante generato dal conflitto tra il regolare ritmo di marcia e le continue sincopi nelle melodie. Nel jazz esso divenne un effetto voluto e intensificato ad arte: accentando i tempi deboli della battuta, rendendo più fluida la scansione del ritmo, dilatando appena la durata di alcune note a scapito delle altre. Così perfezionato, lo swing divenne il marchio del jazz nel 1935-45, tanto che il decennio fu detto "periodo swing", periodo che si aprì con l'improvviso successo dell'orchestra di B. Goodman, il cui ritmo danzante espresse il ritrovato ottimismo dell'America uscita dalla crisi. Ma quel ritmo era stato perfezionato da artisti neri (B. Moten, F. Henderson) rimasti in ombra. In breve, lo swing divenne la musica della nazione, una merce prodotta su scala industriale da orchestre bianche (A. Shaw, T. e J. Dorsey, G. Miller, H. James); questa sua facciata consumistica conquistò il mondo con i dischi e i film di Hollywood, improntando anche la canzone europea. All'ombra di essa fiorì il più genuino e duraturo swing nero. Esso fu creato da orchestre capaci di sposare orecchiabilità e ricerca (D. Ellington, J. Lunceford) o di far ballare con un ritmo infuocato (C. Basie, C. Webb). Ma toccò l'apice nell'opera di alcuni eccelsi improvvisatori neri (R. Eldridge, C. Hawkins, L. Young, B. Carter, J. Hodges, T. Wilson, A. Tatum, C. Christian, L. Hampton, B. Holiday).
Il prototipo del musicista swing: Fats Waller
Thomas, detto Fats, Waller (New York 1904 - Kansas City 1943), figlio del pastore della Chiesa Abissina di Harlem, fu il più grande organista della musica jazz. Esordì giovanissimo come emulo di J.P. Johnson ed esponente dello stride piano, dalla vena giocosa e bonaria. Avrebbe potuto conquistare la fama di grande compositore, se si fosse dedicato con pazienza e perseveranza a questa attività; avrebbe persino riempito le sale da concerto e stupito i critici con le sue interpretazioni al pianoforte di Chopin, Liszt e Brahms. Invece, visse freneticamente, consumò esagerate quantità di alcol, dilapidò il suo talento e si piegò a un'immagine burlesca. Nel periodo swing divenne una celebrità della radio e l'industria sfruttò la sua vena di cantante e intrattenitore comico. Fu autore di pezzi pianistici e soprattutto di canzoni dalla vena sciolta, melodiosa, inesauribile (Jitterbug Waltz, Honeysuckle Rose). Alla fine di trentanove frenetici anni, pieni di debiti, di imbrogli di impresari, di minacce di ex mogli, anni influenzati da una società reazionaria che stimolò la sua vena pagliaccesca, tutto ciò che ebbe furono i soliti necrologi di stima, club dedicati a lui e, durante i recenti anni Ottanta, persino una commedia musicale in memoriam, che ha vinto premi a Broadway e ha fatto varie volte il giro del mondo.
Le big band della "Swing Era"
Modello per le grandi orchestre della "Swing Era" fu l'orchestra di Fletcher Henderson. Non può essere trascurato, a questo riguardo, che proprio Benny Goodman, all'apice della sua carriera, volle con sé Henderson come arrangiatore, dimostrando così quanto i grandi dell'epoca gli fossero debitori.
Il modello creato da Don Redman per Henderson, soprattutto dopo l'arrivo di L. Armstrong nell'orchestra, si basava sullo sviluppo orchestrale del call and response delle origini africane del jazz attraverso l'opposizione delle varie sezioni della band, in un gioco di incroci e controcanti basati su espressioni sincopate, che solo con il trascorrere degli anni e con gli apporti di molti musicisti (basterebbe citare Benny Carter e i suoi arrangiamenti per le sezioni dei sax) diverrà swing. Né può essere dimenticato, d'altra parte, che alla nascita dello swing fornì un determinante contributo il jazz più spontaneo delle band del Midwest in particolare di Kansas City con i suoi head arrangements ("arrangiamenti a memoria"). In pratica, il leader si limitava a esporre a voce le sue idee e a indicare alcuni riffs (frasi ripetitive di tipo più ritmico che melodico), dopo di che spettava ai musicisti il compito di creare una sorta di adeguamento collettivo, realizzando così la veste musicale finale del brano.