Circostanze storico-culturali ed esempi della tradizione musicale profana
In epoca carolingia, la musica "colta" si era sviluppata all'ombra dei monasteri, grazie allo stretto abbraccio in cui si erano congiunti il mondo laico-temporale e la sfera religiosa-spirituale. La tradizione musicale si era dunque affermata inevitabilmente come tradizione sacra, non di rado ostile nei confronti di quelle altre espressioni della creatività umana che parevano non essere in grado di recepire la vocazione ultraterrena, o addirittura sembravano volerla ignorare. Fu così che la tradizione musicale profana, sviluppatasi comunque durante il primo millennio d.C., si era diffusa solo oralmente e in modo del tutto occasionale, incontrando talora i severi divieti della censura ecclesiastica. Le cose erano però destinate a cambiare con l'avvento del nuovo sistema feudale successivo alla disgregazione dell'impero carolingio. Pur rimanendo le sorti della formazione intellettuale nelle mani della Chiesa, si imposero nuovi centri di cultura, circolarono nuovi ideali cavallereschi e una generale fluidificazione e rivitalizzazione delle dinamiche tra sfera sacra e sfera profana vennero a scuotere le precedenti rigidità. L'ambiente delle scuole monastiche ed episcopali e l'ambiente scolaresco delle prime università giungeva così a esprimere una monodia profana che, raccogliendo l'eredità del canto liturgico ed elaborando le istanze della lirica mediolatina, si sarebbe aperta alle prime forme della lirica romanza.
Monodie profane in latino
Oltre alla monodia ecclesiastica, vi fu quindi un canto monodico profano, che dovette attendere, però, la piena fioritura della "rinascita carolingia" (IX secolo) e l'epoca successiva per poter affiorare e delinearsi distintamente.
Esempi di queste prime forme profane di canti sono riconoscibili nelle forme poetico-musicali mediolatine dei planctus che ci sono pervenuti: tra gli altri, il Planctus de obitu Karoli, canto che invitava a piangere la morte dell'imperatore, e i sei successivi planctus biblico-autobiografici in cui Pietro Abelardo stilizza il proprio sventurato amore per Eloisa.
Tra l'XI e il XII secolo si diffusero poi i carmina di studenti e clerici vagantes, i canti goliardici a noi noti in trascrizioni moderne basate su congetture. La raccolta più celebre di questi canti è certo costituita dai Carmina Burana, carmi latini e in minor parte tedeschi (254, 47 dei quali muniti di apparato musicale) destinati al canto, raccolta che costituisce uno dei fiori della letteratura medievale tedesca (vi attinse C. Orff, per la cantata scenica che porta lo stesso titolo) rappresentata per la prima volta alla Staatsoper di Francoforte l'8 giugno 1937. Il manoscritto, ora alla Staatsbibliothek di Monaco, proviene dal convento bavarese di Benediktbeuren (donde il nome) e viene attribuito precisamente all'ambiente goliardico e dei clerici vaganti dei primi del Duecento.
La tematica, assai varia, tratta di corruzione dei costumi, contese religiose (con punte aspramente anticlericali), vicende politiche, amori mondani, cantati sul modello degli elegiaci latini e non immuni dall'influsso del Minnesang: ad accenti di ascetica rinuncia e di meditazione morale si alternano esaltati e splendidi inni alla donna, al vino e alla giovinezza che fugge.
Dalla "chanson de geste" ai trovatori
I rapporti di innovazione nella continuità, che contraddistinguono la monodia medievale, sono confermati esemplarmente dal tropo liturgico, dal quale ebbero origine il conductus (inizialmente solo melodico e con ricchi melismi, poi anche polifonico), molte esperienze trobadoriche e soprattutto il tropo dialogato, che si pose come tappa d'inizio di una rapida evoluzione verso il genere del dramma liturgico, in seguito trasformato nella sacra rappresentazione e arricchito di elementi profani e parodistici.
Anche dalla sequenza derivarono molte esperienze profane: la cantilena, composta in onore di santi o eroi, a carattere sostanzialmente lirico melodico; il lai, diffuso nella regione francese verso il XII secolo da Gautier de Dargiese e Gautier de Coincy e poi ripreso e perfezionato da G. Dufay. Dall'abbazia francese di Saint-Martial uscì anche il versus (precursore diretto dei vers), che con la chanson costituì la base formale delle esperienze dei trovatori francesi, tramandate nei versi (in tutto circa 130 lavori) e solo approssimativamente nella musica.
Proprio alla chanson de geste bisogna poi guardare per riconoscere l'esempio forse più affermato dei primi canti in lingua dialettale. Essa consiste in un poema epico, trasmesso oralmente e musicato su moduli melodici molto semplici, ove si narrano le gesta di eroi. La più famosa è la Chanson de Roland, la cui redazione risale circa alla seconda metà dell'XI secolo, benché narri vicende relative all'epopea di Carlo Magno.
Le chansons de geste venivano cantate da menestrelli, gli jongleurs, né poeti né compositori, ma musicisti di professione, che iniziarono a proporsi attorno al X secolo. Questi jongleurs vagavano individualmente o in piccoli gruppi, trasferendosi da villaggio a villaggio e da castello a castello, guadagnandosi da vivere cantando, saltando, facendo i saltimbanchi o esibendo animali ammaestrati.
Le abilità dei menestrelli si tramandarono riversandosi nello sviluppo della musica dell'Europa occidentale, fiorendo nella stagione di quei musicisti, loro sì poeti e compositori, denominati troubadours (trovatori) nel sud e trouvères (trovieri) nel nord della Francia.
L'arte trobadorica
Sorto nell'ambiente cortese della Francia meridionale, il movimento trobadorico ebbe il suo primo rappresentante in Guglielmo d'Aquitania, in cui sono già presenti un linguaggio preciso e la dottrina dell'amore cortese, inteso come vassallaggio alla dama. I principali trovatori, riconoscibili per l'espressione in lingua d'oc, furono Marcabruno, primo rappresentante del trobar clus, o arte ermetica, Bernard de Ventadorn, interprete del "parlare dolce e leggiadro", Jaufré Rudel, Peire d'Alvernha, Guiraut de Bornelh, Arnaut Daniel, Bertan de Born, Raimbaut de Vaqueiras, Peire Vidal, Folquet de Marseille. Accomunati da un'unica alta concezione dell'arte, i trovatori furono musicisti delle proprie composizioni e si espressero in ritmi e forme diverse, tra cui la canzone, il sirventese, la tenzone, il discordo, il lamento, secondo il prevalere dei temi prettamente lirici o di quelli morali e politici.
Del corpus di poesie trobadoriche consegnato dalla tradizione, più di trecento componimenti sono pervenuti provvisti delle melodie: di facile decifrazione per quanto attiene agli intervalli melodici, il loro aspetto ritmico è, invece, tuttora oggetto di contrastanti interpretazioni. Gli stessi dubbi investono la concreta dimensione esecutiva di queste composizioni, che si ritiene fossero cantate con l'accompagnamento di uno strumento melodico (viella, flauto ecc.); problemi analoghi investono il repertorio dei trovieri. Le forme della musica trobadorica ricalcano quelle della poesia, alle cui strutture sono strettamente collegate.
Diffusosi in tutta l'Europa, il movimento vide sorgere nel nord della Francia i trovieri.
I trovieri
Poeti lirici in lingua d'oïl, mossi da un ideale analogo a quello dei trovatori, da cui derivarono forme e temi, e anch'essi musicisti delle proprie composizioni, i trovieri appartennero alla società aristocratica del nord della Francia o furono menestrelli erranti: tra i primi, Conon de Béthune, Gace Brulé, Gui de Coucy, T. de Champagne; tra i secondi, Colin Muset e Jean Bodel.
Per quanto concerne l'aspetto musicale del repertorio dei trovieri, siamo abbastanza documentati, perché i canzonieri hanno tramandato più di 800 melodie. Anche se sotto il profilo melodico e ritmico esse presentano vistose analogie con il repertorio trovadorico, se ne distaccano per la maggiore enfasi posta sull'uso di forme peculiarmente musicali: non a caso le forme predilette dai trovieri, il rondeau, il virelai e la ballade, hanno costituito il nucleo della tecnica compositiva dell'esperienza musicale europea, ponendo le strutture fondamentali dell'esperienza polifonica profana sino a tutto il XIV secolo e a parte del XV secolo. Gli schemi formali più differenziati dei trovieri costituirono pertanto il fondamento di molti generi musicali fino al Rinascimento e delle elaborazioni polifoniche di Adam de la Halle e di G. de Machault prima, di G. Dufay e di G. Binchois poi.
I "Minnesänger"
L'arte trobadorica fornì il modello alla scuola tedesca dei cavalieri poeti e musici, i Minnesänger. Minnesang ("canto d'amore") fu il loro movimento poetico, affine allo stilnovo italiano, iniziatosi in Germania alla fine del XII secolo appunto sul modello dei trovatori provenzali e con interferenza della lirica del culto mariano.
Il Minnesang tedesco, che ha il suo centro nel sud, in Austria e Baviera, è però lontano dall'intellettualismo dello stilnovo come pure dall'accesa sensualità dei trovatori: la donna, irraggiungibile, sposa per lo più del signore feudale, è amata nella nostalgia e la speranza non è già di possesso, quanto di dedizione totale e di fusione di due anime. Nei Lieder dei due più antichi Minnesänger, Dietmar von Aist e Kürenberger, a bramare inesaudita era tuttavia la donna, e non l'uomo.
La poesia dei Minnesänger, nata in ambiente cortese e destinata a esso, raffinata fino al virtuosismo, soprattutto nella metrica e nelle melodie dall'accentuato carattere modale, sa accogliere freschi toni popolari e non esclude l'amore tutto terreno per la fanciulla d'umile estrazione (Walther von der Vogelweide), come pure l'incontro carnale fra gli amanti. Dopo il 1230 inizia il declino, in una raffinatezza estetizzate da un lato, in toni prettamente popolari e parodistici (con Neidhart di Reuenthal, l'autore forse più rappresentativo sotto il profilo musicale, e Tannhäuser) dall'altro.
I maggiori rappresentanti di questa eccelsa fioritura lirica, che fu riscoperta soltanto nella seconda metà del Settecento e venne celebrata dal romanticismo, sono, oltre ai nomi citati, Heinrich o Veldeken, Friedrich o Hausen, Reinmar von Hagenau, Heinrich Frauenlob, il monaco Hermann di Salisburgo, Wolfram von Eschenbach, Oswald von Wolkenstein.
Dal punto di vista più strettamente musicale, nella lirica cortese del Minnesang ebbe la sua prima codificazione colta il Lied profano, prima radice della lunga e feconda tradizione del Lied tedesco. Il Minnesang, nonostante la dipendenza dai trovatori francesi, ebbe anche caratteri autonomi. Tra questi va ricordata la definizione della cosiddetta Barform forma strofica costituita da due strofe uguali (Stollen), seguite da una strofa più ampia (Abgesang), che spesso riprende alla fine parte della melodia degli Stollen che caratterizza anche il successivo Lied polifonico e il corale protestante.