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Dal seno dell'Espressionismo: il Dadaismo

“C'è un grande lavoro distruttivo, negativo, da compiere. Spazzare, ripulire”: così T. Tzara nel Manifesto dadaista (Manifeste Dada, 1918). Nei primi anni di guerra, Zurigo, nella Svizzera neutrale, accoglieva esuli provenienti da tutta l'Europa. Alcuni artisti, tra cui T. Tzara, H. Arp, R. Huelsenbeck, H. Ball, i fratelli Janco, si ritrovavano spesso al Cabaret Voltaire: nel febbraio 1916 fu lì che nacque il movimento “dada”, il cui nome derisorio sembra sia stato scelto aprendo a caso un dizionario. Si unirono in seguito altri artisti, tra cui H. Richter, M. Duchamp e F. Picabia. Essi si proponevano di rifiutare in blocco la società borghese e allo stesso tempo l'impegno politico, radicalizzando il senso di lontananza fra l'artista e il mondo circostante.

Oltre alla rivista “Dada” diretta dallo stesso Tzara, i dadaisti si diedero a organizzare spettacoli-provocazione in cui venivano volutamente integrate e mescolate varie arti (balletto, teatro, musica) ridicolizzando i valori costituiti della cultura. Il dadaismo si definì soprattutto in rapporto alla guerra, come reazione di una generazione, come “volontà implacabile di attingere un assoluto morale”, secondo le parole di Tzara. La guerra fu per le giovani generazioni una brusca cesura, una frattura che impose cambiamenti radicali e dolorosi. Di un sol colpo gli splendori delle conquiste scientifiche e tecniche, il progresso sociale apparvero agli occhi di molti nient'altro che un'impostura. Il movimento dada, e più profondamente il surrealismo, nacquero dalla coscienza di una crisi, dalla scoperta della necessità di rifiutare la civiltà borghese e i suoi valori. In un primo momento la crisi non poté che esprimersi in una negazione assoluta, in un nichilismo distruttivo e provocatorio. Tuttavia il dadaismo ha esercitato grande influenza sulle arti figurative e sulla letteratura del Novecento e non solamente nell'ambito delle avanguardie. Alcuni tratti costanti (la demistificazione della lingua, la deformazione delle strutture, l'insistenza sulla parodia e sul nonsense) hanno costituito un'eredità preziosa, benché nel tempo abbiano perso la loro carica polemica ed “eversiva”.