Il teatro epico di Brecht
In sintesi
Redazione De Agostini
La vita | Esordì nel teatro subito con successo, prima a Monaco (Tamburi nella notte) poi a Berlino (L'opera da tre soldi). Alla fine degli anni Venti aderì al marxismo e si sforzò di applicarne i principi di fondo alla propria concezione drammaturgica, scrivendo lavori da lui stesso definiti "didascalici" per il contenuto dottrinario che comportavano. Avversato dal nazismo, si vide costretto all'esilio, prima in Danimarca, poi in Svezia, in Finlandia e di qui negli Stati Uniti. Rientrato in Germania, si fermò a Berlino est. |
Le opere teatrali | Il capolavoro della prima fase della produzione brechtiana è L'opera da tre soldi. Brecht intercala e commenta le scene drammatiche con canzoni, musicate da K. Weill. Il primo dramma di ampie proporzioni e d'impianto rigorosamente marxista è Santa Giovanna dei macelli, mentre le migliori opere drammatiche di Brecht vennero scritte durante l'esilio. Tra queste in primo luogo la Vita di Galileo, articolata in scene brevi e incalzanti, che danno vita a un organismo drammatico di grandiosa dinamicità; poi, sempre contro gli orrori, materiali e morali, della guerra, anche l'altro grande dramma Madre Courage e i suoi figli e Schweyk nella seconda guerra mondiale; quindi L'anima buona di Sezuan, ambientato in una favolosa Cina; e infine Il cerchio di gesso del Caucaso, dove il rapporto madre-figlio adombra quello capitalistico tra merce e lavoratore. |
La produzione poetica | Tra i poeti più prolifici del secolo, padroneggiando vari metri compose poesie, spesso pensandole per essere cantate o recitate con accompagnamento musicale, i cui temi spaziano dal politico al quotidiano, dal frivolo all'amoroso, dal satirico al lirico in senso stretto. Tra le raccolte: Libro di devozioni domestiche, Canzoni poesie cori, Poesie di Svendborg. |
La riflessione teorica sul teatro | Contro il teatro tradizionale, da lui definito "aristotelico", teorizzò e sperimentò un teatro cosiddetto "epico", nel quale l'azione, propria della forma drammatica, fosse rimpiazzata dalla narrazione, propria della forma epica. Il teatro avrebbe così perduto ogni carattere di passivo rispecchiamento della realtà e, mediante la tecnica dello "straniamento", negato allo spettatore il diletto acritico dell'immedesimazione, per generare sorpresa e, tramite questa, riflessione critica. |