Dopo il classicismo: Hölderlin e Jean Paul
In sintesi
Redazione De Agostini
Hölderlin | Esaltò la grecità come quel luogo divinizzato in cui si era realizzata l'armonia tra uomo e natura. Nella tragedia La morte di Empedocle assegnò alla figura del filosofo greco il significato universale di una volontà volta a sanare la scissione prodottasi nel corso della storia fra l'uomo e la natura, fra il soggetto e l'oggetto e, in ultima analisi, fra l'umano e il Divino. Hölderlin ambientò in Grecia anche il romanzo epistolare Iperione, ovvero l'eremita di Grecia, nel quale il protagonista, disgustato dalla meschinità del presente, fonde la sua ardente sete di ideale con l'amore per Diotima, simbolo e insieme incarnazione della sognata bellezza classica. Di profilo eminente è poi la produzione lirica hölderliniana, nella quale il poeta tedesco sembra voler assegnare alla propria terra il rinnovamento della divina unione di uomini e natura, spezzatasi con la fine del mondo greco. |
Jean Paul | Scrisse saggi a tema estetico e pedagogico, mentre come letterato mise a punto una personale tecnica narrativa che attraversa e interrompe la trama con un flusso di osservazioni e digressioni, le quali, pur con notevoli effetti di comicità, allontanano il lettore dal filo del racconto. Il romanzo migliore di Jean Paul è probabilmente Siebenkäs, opera che contiene il celebre e sconvolgente Discorso del Cristo morto, il quale, dall'alto dell'edificio del mondo, proclama che non vi è Dio alcuno. Al titanismo faustiano e romantico Jean Paul oppose la visione idillica del piccolo mondo degli affetti, della vita umile e semplice di provincia. |