Dopo il classicismo: Hölderlin e Jean Paul
Jean Paul
Letterato e pedagogista, maestro del romanzo-diario e del romanzo-divagazione, Jean Paul, pseudonimo di Johann Paul Richter (Wunsiedel 1763 - Bayreuth 1825), è considerato precursore del romanticismo.
La vita
Figlio di un pastore protestante e maestro elementare, visse gli anni dell'infanzia nella povertà. La severa educazione paterna provocò conflitti e frustrazioni nel ragazzo, che si diede a letture ampie e accanite, riempiendo quaderni su quaderni di appunti ed estratti di libri concernenti le discipline più disparate: questo lavoro produsse con gli anni uno schedario smisurato, da cui Jean Paul trasse poi le citazioni, le bizzarrie stilistiche e le informazioni singolari di cui pullulano le sue opere. Le sue letture continuarono anche quando frequentò il ginnasio di Hof e poi l'università di Lipsia, dove, in margine agli studi teologici impostigli dalla tradizione di famiglia e dalla necessità di guadagnare, ascoltò lezioni di logica, estetica e filosofia. In questo periodo fece anche i suoi primi tentativi letterari: scrisse un romanzo epistolare sentimentale, Abelardo ed Eloisa (Abelard und Heloise, 1781), imitazione del Werther di Goethe, e satire sociali e politiche, improntate a una visione illuministica alla quale rimase anche in seguito fedele, ma concepite in un linguaggio ampolloso e oscuro (Processi groenlandesi, Grönländische Prozesse, 2 voll., 1783; Florilegio delle carte del diavolo, Auswahl aus des Teufels Papieren, 1789). La miseria lo costrinse a interrompere gli studi e a tornare a casa dalla madre (il padre era morto nel 1779): visse in angustie, lavorando come precettore e scrivendo numerose opere di narrativa. Una di esse, Espero (Hesperus, 1795) lo rese di colpo celebre, aprendogli conoscenze e amicizie in tutta la Germania: a Weimar, nel 1796, conobbe Goethe e Schiller e strinse amicizia con Herder, poi fu a Lipsia e a Berlino, dove conobbe Tieck e i fratelli Schlegel. Sposò Karoline Meyer, con la quale ritornò poi (1804) nella nativa Franconia, stabilendosi a Bayreuth. In questo periodo la sua produzione narrativa andò scemando per fare luogo a scritti teorici.
I saggi teorici
Nel 1800 pubblicò la Clavis fichtiana in cui, col suo caratteristico stile ironico, contrappose all'Io assoluto di J.G. Fichte una molteplicità di io individuali e concreti. In Avviamento all'estetica (Vorschule der Ästhetik, 1804) , notevole anche per il tentativo di definire l'umorismo, propose una teoria dell'immaginazione e del genio in linea con la nascente poetica romantica della libera espressione individuale dell'artista. Tale libertà espressiva si manifesta come stile, inteso quale correlazione tra la personalità dell'artista e la lingua che è il deposito dello spirito del popolo. A carattere pedagogico è invece lo scritto Levana, ovvero dottrina dell'educazione (Levana oder Erziehungslehre, 1806) in cui all'educazione naturale, del tipo di quella propugnata da J.-J. Rousseau, egli oppone un'educazione attiva e spirituale, “perché un organismo non può svilupparsi senza essere stimolato”. In vari opuscoli politici manifestò i suoi sentimenti pacifisti e democratici, anche se, come tanti suoi contemporanei, fu disgustato dagli eccessi del giacobinismo. Incompiuto rimase il trattato Selina, ovvero dell'immortalità dell'anima (Selina oder über die Unsterblichkeit der Seele, 1827, postumo).
L'opera letteraria
La complessità e la difficoltà della scrittura di Jean Paul sono dovute alla sua tecnica narrativa, definita “informe” dai detrattori, “aperta” da chi lo ammirò. Egli attraversa e interrompe la trama con un flusso di osservazioni e digressioni, che, pur con notevoli effetti di comicità, allontanano dal filo del racconto, confondendo, spesso, il lettore. Espero, l'opera che gli diede notorietà, è in parte un romanzo di formazione (Bildungsroman) che intende descrivere la graduale maturazione di un sognatore a vero uomo; non piacque né a Goethe né a Schiller ed entusiasmò invece Herder. Il romanzo migliore di Jean Paul è Siebenkäs (3 voll., 1796-97), opera che riprende un fortunato filone narrativo che dal romanzo greco, attraverso la novellistica italiana medievale, porta fino a L. Pirandello (Il fu Mattia Pascal). Vi si racconta la paradossale vicenda di un avvocato di provincia sposato che, innamoratosi di un'altra donna, per sottrarsi al vincolo matrimoniale simula una morte per apoplessia e poi scompare; ritornato al suo paese, scopre che la moglie è morta e finalmente si congiunge alla donna amata. In appendice al capitolo VIII del romanzo si trova, riportato in forma di sogno, il celebre e sconvolgente Discorso del Cristo morto, il quale, dall'alto dell'edificio del mondo, proclama che non vi è Dio alcuno (Rede des toten Christus vom Weltgebäude herab, dass kein Gott sei), il cui testo risale al 1789, quando Jean Paul, sia per effetto di letture cui allora si dedicava, sia perché provato dalla morte di un amico e dal suicidio del fratello, aveva attraversato una profonda crisi di fede. Di vaste proporzioni è anche Il Titano (Der Titan, 4 voll., 1800-03), tumultuoso romanzo antigoethiano e antiromantico, il cui protagonista, dopo essersi abbandonato agli eccessi del sentimento, approda alla giusta misura di una vita ricondotta nell'ambito della natura. Un analogo dualismo ritorna nell'incompiuto Anni acerbi (Flegeljahre, 3 voll., 1804-05), dove le figure dei gemelli Walt e Vult incarnano il conflitto fra idealismo e realismo, tra sentimento e intelletto. Al titanismo faustiano e romantico Jean Paul oppone la visione idillica del piccolo mondo degli affetti, della vita umile e semplice di provincia, con i maestri di scuola, i parroci, le massaie e i bambini: le sue opere più accessibili e godibili, sono quelle imperniate su questi temi come i racconti Vita di Maria Wuz, la gioconda maestrina di Auenthal (Leben des vergnügten Schulmeisterlein Maria Wuz in Auenthal, 1793) e Vita di Quintus Fixlein (Leben des Quintus Fixlein, 1796), o anche il farsesco Viaggio termale del dottor Katzenberger (Dr. Katzenbergers Badereise, 1809). In essi la turbolenta fantasia dell'autore si mette docilmente al servizio della narrazione, che procede in modo più lineare ed efficace che non nei romanzi, frammentari e farraginosi, benché spesso rischiarati dal lampo dell'umorismo satirico, tratto costante e caratteristico dello scrittore, dagli esordi fino alla Cometa (Der Komet, 3 voll., 1820-22), ultimo suo ampio e incompiuto romanzo, imperniato su una figura a mezzo tra il pazzo e lo stravagante, sorta di Don Chisciotte tedesco.
La fortuna
La fortuna di Jean Paul fu immensa finché visse l'autore, e tale si mantenne presso la generazione successiva; declinò poi nella seconda metà del sec. XIX, allorché prevalse un giudizio che si può forse riassumere nella sferzante definizione di Nietzsche: “fato in veste da camera”. Riscoperto da S. George nel 1900, Jean Paul ha richiamato l'interesse di molti autori del sec. XX, tra cui H. von Doderer, A. Schmidt, G. Grass, M. Walser.