I poëtae novi, o neóteroi
- Introduzione
- L'influsso alessandrino
- La nuova sensibilità
- I poeti neóteroi
- Riepilogando
I poeti neóteroi
A eccezione di Catullo, di gran lunga il più importante, poco si conosce degli altri esponenti del gruppo: Valerio Catone, Furio Bibaculo, Elvio Cinna, Licinio Calvo, Varrone Atacino, Tìcida e Quinto Cornificio, perché di essi rimangono solo pochi frammenti.
Publio Valerio Catone
(nato ca 100 a.C.). Originario della Gallia Cisalpina, in seguito alle confische compiute da Silla si stabilì a Roma, dove si dedicò allo studio e all'insegnamento della grammatica, diventando un famoso maestro di poesia; trascorse gli ultimi anni della sua lunga vita in povertà, secondo quanto è detto in alcuni epigrammi di Furio Bibaculo. Divenne il caposcuola dei neóteroi e compose, oltre a libri di grammatica, due opere poetiche di cui rimangono solo scarsi frammenti: Lydia, probabile raccolta di elegie d'amore per una donna omonima, e Diana o Dictynia , un epillio di carattere mitologico. Gli autori antichi lo apprezzavano, ma l'esiguità dei frammenti pervenuti non consente un giudizio critico obiettivo.
Marco Furio Bibaculo
(nato a Cremona ca 103 a.C.). Fu amico di Catullo e di Valerio Catone, come attestano alcuni epigrammi a lui rivolti, di tono ironico e affettuoso. Compose un perduto poemetto epico mitologico Aethiopis (Etiopide), sulle avventure dell'eroe troiano Mèmnone figlio dell'Aurora, un poema epico-storico sulla guerra gallica (Annales sive Pragmatia belli gallici), di cui restano pochi versi. Questi lavori, probabilmente giovanili, furono criticati da Orazio per il tono magniloquente. I contemporanei ricordano i suoi sarcastici epigrammi contro Ottaviano; resta anche solo il titolo di una sua opera in prosa forse di carattere erudito Lucubrationes (Veglie). Morì molto vecchio.
Gaio Licinio Calvo
(Roma 87-47 a.C.). Figlio dell'annalista Licinio Macro fu amico di Catullo, che gli dedicò versi affettuosi nel suo Liber. Scrisse epilli, epigrammi, elegie, epitalami (canti di nozze), ma della sua produzione rimangono solo pochi frammenti. Quasi nulla è rimasto anche dell'epillio Io, che narrava il mito della giovane Io amata da Giove e trasformata in giovenca da Giunone. Compose degli epigrammi di invettiva politica, ma se ne è salvato solo uno satirico contro Pompeo, accusato di omosessualità. Quasi nulla resta delle elegie in memoria della moglie morta, Quintilia, commossi e dolenti canti d'amore tanto ammirati da Properzio. Praticò anche con grande successo l'eloquenza: le sue orazioni, secondo la testimonianza di Quintiliano erano di grande efficacia e di perfetta eleganza formale, tanto da essere lette per tutto il sec. I d.C.
Gaio Elvio Cinna
(nato forse a Brixia, oggi Brescia, sec. I a.C). Originario della Gallia Cisalpina, fu uno dei maggiori poeti del gruppo dei neóteroi, almeno secondo gli antichi che lo stimavano molto. Con l'amico Catullo, seguì il propretore Gaio Memmio in Bitinia (57 a.C.). Per nove anni attese alla composizione del suo capolavoro, Zmyrna (Mirra), un epillio sul mito dell'amore incestuoso di Mirra per il bellissimo padre Cinica; di questo poemetto mitologico, oscuro, raffinatissimo nella forma e di grande erudizione, che fu l'opera più importante dei neóteroi, rimangono solo tre versi. Elvio Cinna scrisse anche alcuni epigrammi e un Propempticon ("poemetto di accompagnamento") per l'uomo politico e scrittore Asinio Pollione (76 a.C.-4 ca d.C.), che si recava in Grecia.
Publio Terenzio Varrone Atacino
(82-35 a.C.). Nacque nella Gallia Narbonese (l'odierna Francia meridionale) sulle rive del fiume Atax, da cui derivò il soprannome. Della sua produzione poetica rimangono frammenti per poco più di 40 versi. Compose inizialmente un poema epico-storico di tipo tradizionale, alla maniera di Ennio, il Bellum Sequanicum, sulla campagna militare del 58 a.C. di Cesare contro i sequani e Ariovisto, e delle Saturae a imitazione di quelle di Lucilio. Entrato nel cenacolo dei neóteroi, si diede allo studio del greco e della cultura alessandrina; scrisse una raccolta di elegie d'amore per una certa Leucadia, uno pseudonimo che, secondo le norme poetiche, doveva essere metricamente uguale al nome vero della donna. Suoi sono anche il poemetto didascalico geografico Chorographia ("descrizione della terra"), in cui trattava dell'Asia, dell'Europa e dell'Africa, le libere traduzioni delle Argonautiche del poeta e grammatico greco Apollonio Rodio e delle Ephemeris (Effemeridi) del poeta greco Arato (320 ca-240 a.C.).
Tìcida e Quinto Cornificio.
Di questi due poeti, minori nel gruppo dei neóteroi, non rimane quasi nulla: il primo cantò poesie d'amore per una non meglio identificata Metella con lo pseudonimo di Perilla; del secondo, uomo politico e oratore, si sa che scrisse liriche d'amore e un epillio, Glaucus (Glauco), sugli amori del re del mare Nettuno, per Scilla.