Lucrezio
- Introduzione
- La vita
- Il De rerum natura
- Il pessimismo lucreziano
- Lo stile e la fortuna
- Il contenuto del De rerum natura
- Riepilogando
Lo stile e la fortuna
La grandezza del De rerum natura non sta nella sostanza filosofica, ma nella poesia, nell'entusiasmo con cui Lucrezio accoglie il pensiero di Epicuro, che avrebbe condotto lo spirito umano alla vittoria della verità.
Lo stile e la lingua filosofica
Il problema di Lucrezio fu quello di rendere in esametri latini la scarna e astratta prosa greca di Epicuro; lo stesso poeta sottolineò del resto ripetutamente sia la difficoltà della materia, sia il proprio sforzo di riprodurre in poesia la terminologia filosofica di cui la lingua latina era carente. Per questo egli fu costretto a usare parole come primordia (primi elementi) per indicare gli "atomi" che compongono la struttura dei corpi, e concilium (assemblea di persone) per un "sistema di atomi". Ricorse sovente anche a perifrasi, e, quando necessario, inventò termini nuovi coniati dal greco. Certe durezze di versificazione, come certe ripetizioni e incongruenze nella disposizione degli argomenti, alcune incoerenze di ritmo, aspre elisioni e insolite prosodie sono probabilmente da imputare alla mancata revisione dell'opera per la morte dell'autore. Per lo stile e per il genere letterario fu debitore ai poeti precedenti, a Ennio in particolare. Usò liberamente allitterazioni, assonanze solenni, onomatopee e omoteleuti, forme arcaiche e vecchie costruzioni, arditi aggettivi composti. Mostra di conoscere bene i grandi scrittori greci che spesso riecheggiò, come Omero, Eschilo, Euripide, Tucidide e Ippocrate, ma anche il grande interprete dell'alessandrinismo Callimaco. I suoi esametri si collocano tra quelli di Ennio e quelli di Virgilio. La sua grandezza resta affidata alla lucida tensione dei processi di argomentazione e soprattutto alla concreta e drammatica potenza delle immagini.
La fortuna
Forte fu l'influenza di Lucrezio su Orazio e su Virgilio (specialmente nelle Georgiche), che chiaramente allude a lui quando in quell'opera afferma essere felice l'uomo che può capire la causa delle cose. Ovidio scrisse di lui: "Solo il giorno in cui avrà fine la terra, avranno fine i canti incomparabili di Lucrezio". Tacito, nel Dialogus, attesta che alcuni lo preferivano a Virgilio, rispetto al quale in effetti Lucrezio è poeta di maggiore spessore drammatico. Anche Seneca e Quintiliano lo ammirarono. Con le dottrine materialistiche accolte da Lucrezio naturalmente polemizzarono gli autori cristiani, da Tertulliano a Lattanzio a Girolamo, che pure ne subirono il fascino di poeta.