Il periodo classico della letteratura latina
Il mimo
I generi drammatici tradizionali della commedia e della tragedia, ancora rappresentati in età cesariana, finirono per decadere completamente perché non riscuotevano più il favore del pubblico che era venuto a cambiare i propri gusti. A riempire i teatri furono l'atellana e, soprattutto, il mimo, la rappresentazione drammatica che durò più a lungo a Roma. L'antico intrattenimento popolare di origine greca, per lungo tempo usato come intermezzo o come farsa terminale nelle azioni sceniche più ampie, ebbe un ritorno di successo e fu rappresentato da solo negli ultimi decenni del periodo repubblicano, quando Decimo Laberio e Publilio Siro gli diedero dignità letteraria. Anche se in forma artistica il mimo mantenne la sua caratteristica originale: far ridere il pubblico senza richiedergli alcun sforzo mentale, con un contenuto generalmente piccante e licenzioso, legato alla vita quotidiana dei vari ceti sociali, con satira mordace e linguaggio spesso osceno. Gli attori non indossavano la maschera, erano a piedi nudi, o comunque senza calzari speciali, e recitavano anche le donne. Probabilmente vi erano parti parlate e parti mimate, con accompagnamento di canti e musica.
Decimo Laberio
Decimo Laberio (106 - 43 a.C.), di ceto equestre, fu il primo a dare dignità artistica al mimo e osò, anche per dissapori politici, mettere in caricatura con maliziose allusioni lo stesso Cesare. Questi allora lo costrinse nel 46 a.C., durante i ludi trionfali, ad accettare la sfida lanciata da Publilio Siro ai mimografi e a esibirsi sulla scena come attore, con grande vergogna del sessantenne scrittore, a cui era stato comunque assicurato che non vi sarebbero state conseguenze per il suo grado di cavaliere. Decimo Laberio si lamentò del fatto nel nobile prologo della rappresentazione che è stato conservato ("... Avrei potuto oppormi, io povero uomo, / a colui al quale non negarono nulla persino gli dei?"). Di lui si conservano 43 titoli, fra cui La commedia della pentola, I gemelli, I pescatori, e un centinaio di frammenti per circa 170 versi.
Publilio Siro
Di lui si ignorano la data di nascita e di morte, fu condotto come schiavo a Roma intorno all'80 a.C. da Antiochia in Siria (da qui il nome di Siro). Si dedicò alla composizione di mimi di cui fu anche attore ottenendo un successo tale che gli valse il recupero della condizione di libertà, assumendo il nome del suo ex padrone. Cesare lo mise a confronto sulla scena con il vecchio Laberio, che ne uscì sconfitto. Publilio Siro dovette imprimere al genere del mimo maggiore serietà di contenuti e di linguaggio, ma di lui si possiedono solo due titoli, nemmeno tanto sicuri, e quattro brevi frammenti. Sono stati però tramandati in una raccolta di età imperiale, con il titolo di Sententiae , oltre 700 versi singoli, solo in parte autentici, di carattere sentenzioso e morale, in senari giambici e ottonari trocaici.