Livio

Arte e stile

Livio è scrittore di ampie qualità narrative. Con naturale semplicità di dizione, lontana da ogni vuoto esercizio retorico, riesce in un’espressione efficace, ma non scarna. Non mancano, comunque, dei momenti di stanchezza, cadute stilistiche peraltro inevitabili in un’opera di così generose dimensioni. Nel complesso il suo periodare, maestoso e scorrevole, si richiama alla compatta rotunditas ciceroniana, piuttosto che alla breviloquenza della prosa sallustiana, più tagliente e incisiva, ma meno consona alla solennità della sua visione storica, che è tutt’uno con la grandezza di Roma, con la forza delle sue antiche virtù. Quintiliano (Institutio orat., X, 1, 32; 101) ha va-lutato con cura i caratteri essenziali del linguaggio di Livio e lo ha definito di “meravigliosa piacevolezza” (mirae iucunditatis), di “luminosissima eleganza” (clarissimi candoris) e ha di “stile ampio e pastoso” (lactea ubertas). Asinio Pollione, invece, lo accusò di patavinitas, ma noi non siamo in grado di capire in che cosa consista questo presunto suo difetto. Eppure, anche Sallustio finisce per essere il modello di Livio: al suo grande predecessore lo accomuna il gusto per il cromatismo espositivo. All’imitazione sallustiana Livio deve vari espedienti narrativi: il ricorso ai proemi per rilasciare le proprie riflessioni etiche; l’abilità nel ritrarre il profilo psicologico di molti uomini illustri; l’uso dei discorsi, che egli mette in bocca ai personaggi per sintetizzare un dato momento od una certa situazione e che si adattano al carattere dei personaggi e li fanno sembrare reali; l’intensità drammatica di certe descrizioni (discesa di Annibale dalle Alpi; battaglia di Canne; la morte
degli eroi…).