Romanzo storico e autobiografia
- Introduzione
- Il romanzo tra illuminismo e romanticismo
- Walter Scott e il romanzo storico
- Il saggio autobiografico
- Riepilogando
Walter Scott e il romanzo storico
Sir Walter Scott (1771-1832) fu l'iniziatore riconosciuto del romanzo storico, a cui diede profondità e dignità di genere che avrebbe goduto di largo e illustre seguito.
La vita e le opere
Nato ed educato a Edimburgo, figlio di un avvocato, Scott esercitò anch'egli la professione forense, ma trovò una fonte di maggiore ispirazione nelle storie e nelle leggende scozzesi. Cominciò la propria carriera letteraria come traduttore dei tedeschi Bürger e Goethe e come redattore di ballate scozzesi che, in prima persona, riscrisse, completò e pubblicò nella raccolta in tre volumi Minstrelsy of the Scottish border (Canti giullareschi della frontiera scozzese, 1902-03). A quest'opera seguì una serie di poemetti narrativi originali, che gli diedero popolarità, nei quali narrava con toni di suggestiva evocazione i costumi e le tradizioni delle Highlands: The lay of the last minstrel (Il lamento dell'ultimo menestrello, 1805), Marmion (1808), The lady of the lake (La donna del lago, 1810). Successivamente Scott si rivelò un prosatore estremamente prolifico: scrisse ventisette romanzi, due raccolte di racconti e opere storiche, biografiche (su Napoleone) e critiche. Negli anni 1814-24 uscirono i romanzi storici migliori, quasi tutti ambientati nella Scozia del Settecento: Waverly (1814), Guy Mannering (1815), The antiquary (L'antiquario, 1816), Old mortality (I puritani di Scozia, 1816), Rob Roy (1817), The heart of Midlothian (Il cuore del Midlothian, 1818), The bride of Lammermoor (La sposa di Lammermoor, 1819) e The legend of Montrose (La leggenda di Montrose, 1819). Queste opere garantirono all'autore la ricchezza, ma la vita dispendiosa e avventate imprese editoriali lo ridussero sull'orlo del fallimento.
Nel 1820 Scott spostò il suo interesse verso il Medioevo, più precisamente il secolo XII, nel momento critico per la storia inglese in cui era avvenuto il passaggio dall'ostilità alla coesistenza e alla fusione di due popoli presenti sul territorio, i sassoni e gli invasori normanni. Nacque così il romanzo Ivanhoe (1820), che divenne subito la sua opera più popolare, e non solo in Inghilterra. La successiva serie di romanzi, benché altrettanto celebre, fu però inferiore artisticamente alla prima: fra questi, Kenilworth (1821) era ambientato nell'Inghilterra elisabettiana, The fortunes of Nigel (Le avventure di Nigel, 1822) ai tempi di Giacomo I, Quentin Durward (1823) nella Francia di Luigi XI, The talisman (Il talismano, 1825) ai tempi delle crociate in Terra Santa con Riccardo Cuor di Leone. Nel 1831 Scott fu colpito da un colpo apoplettico e morì l'anno seguente nella sua proprietà di Abbotsford.
Il romanzo storico
Scott viene considerato il vero iniziatore del romanzo storico, cioè di un'opera narrativa in cui si combinano storia e invenzione, per aver messo in risalto come tratto caratteristico del genere lo stretto legame tra il comportamento e l'azione dell'uomo e le condizioni storiche del tempo in cui vive. Gli eventuali anacronismi e inesattezze erano dovuti al fatto che egli attribuiva sentimenti, linguaggio e atteggiamenti a lui contemporanei a protagonisti del passato. Ha detto giustamente Carlyle che i suoi romanzi "hanno insegnato questa verità [...] sconosciuta agli storici, che le epoche trascorse erano in verità piene di uomini viventi, non di protocolli, documenti statali, controversie e astrazioni di uomini". Sensibile al fascino del pittoresco e del medievale, Scott può anche essere considerato uno degli artefici del trapasso del romanticismo verso forme e ideali borghesi e vittoriani, in virtù soprattutto della sua avversione a ogni forma di sensazionalismo gotico e della solida, anche se non appariscente, intelaiatura delle sue opere. Non privi di difetti (lo stile è spesso affrettato, gli intrecci sono ripetitivi e molti personaggi maggiori piuttosto convenzionali), i suoi romanzi si raccomandano ancora per il respiro epico, l'accuratezza coloristica dello sfondo, la felicità della vena comica e il senso di calda umanità, che sfocia nella creazione di riuscitissime figure di gente umile e di popolani. La loro influenza fu grande non solo sulle opere di molti scrittori inglesi sino a Stevenson, ma anche su quelle dei più grandi romanzieri europei, quali A. Manzoni, P. Mérimée, V. Hugo, H. Balzac e L. Tolstoj.