La lirica eolica: Saffo e Alceo
Alceo
Con la contemporanea e conterranea Saffo, Alceo è il più antico esponente della melica (da mélos, canto) monodica, cioè della poesia cantata da un solo esecutore.
Una vita di lotte politiche
Alceo nacque a Mitilene, nell'isola di Lesbo, attorno al 630 a.C., da una nobile famiglia. Partecipò fin dalla giovinezza alle lotte fra i “tiranni” locali, e si scagliò perfino contro Pittaco, uno dei sette sapienti greci, nonostante il rapporto di amicizia che li legava. Insieme ai fratelli di Alceo, quando questi era ancora troppo giovane per entrare in guerra, Pittaco cacciò il tiranno Melancro. Una volta che Alceo entrò in età per combattere, i due lottarono insieme contro gli Ateniesi per il possesso del promontorio Sigeo. Durante questo conflitto, Alceo dovette poco eroicamente fuggire abbandonando lo scudo, come lui stesso ammette imitando il topos espresso per primo da Archiloco. Poi i due compagni cospirarono contro il tiranno Mirsilo, ma la missione non riuscì.
Il poeta quindi fu esiliato mentre Pittaco, dopo la morte di Mirsilo, divenne aisumnétes (arbitro) con pieni poteri e di proposito si dimenticò dell'amico. Alceo forse poté ritornare prima della morte, avvenuta presumibilmente attorno al 560 a.C.
L'opera e i temi
La sua opera fu divisa dagli alessandrini in 10 libri, ordinati per argomento: inni agli dei, canti delle lotte civili (stasiotiká da stásis: rivolta), canti conviviali (sumposiaká da sumpósion: simposio), canti erotici ecc., di cui rimangono circa 400 frammenti. Nei canti di lotta e nei canti conviviali si esprime la sua voce più autentica.
Al di là della netta distinzione operata dagli antichi, alcuni motivi ricorrono in entrambi. Il più classico è quello del vino, ora celebrato come conforto al dolore o come rimedio ai rigori invernali e all'ardore della canicola, ora evocato per dare libera voce all'odio contro il nemico o alla esultanza per la vittoria. Nelle invettive il linguaggio poetico si impenna in espressioni volutamente plebee; altrove la nostalgia si distende in note amare di solitudine o di rimpianto.
Enorme fortuna, fino a divenire un luogo comune retorico, ha avuto l'immagine della nave sbattuta dalla tempesta come metafora del travaglio dello stato in pericolo (in “Non riesco a capire la rissa dei venti...”).
La pregnanza del linguaggio di Alceo ha suggestionato molti autori, primo fra tutti Orazio, che ne riprese moduli e temi. La lingua è il dialetto eolico, caratterizzato, come in Saffo, dai fenomeni della psilosi (mancanza di aspirazione nelle vocali iniziali di parola) e della baritonesi (ritrazione dell'accento).