La poesia del Settecento
- Introduzione
- Un deserto poetico
- André Chénier
- Riepilogando
Un deserto poetico
Dal punto di vista della poesia, il Settecento appare come un vasto deserto. Non mancarono certo i poeti, anzi molti tra i più noti pensatori si cimentarono con la composizione poetica, ma poca cosa si può salvare in tutto il secolo. I poeti ripercorsero i sentieri tradizionali, si rifugiarono nel languido idillio, praticarono volentieri generi minori e leggeri. Si possono menzionare Jean-Baptiste Rousseau (1671-1741), autore di odi, cantate ed epistole in cui non si discostò da un'eloquenza alquanto convenzionale (Odes et poésies diverses, Odi e poesie diverse, 1723); Louis Racine (1692-1763); Jean-Baptiste-Louis Gresset (1709-1777), virtuoso della poesia leggera ed elegante; Lebrun-Pindare (1729-1807), autore di numerose Odi (tra cui À Buffon, À Voltaire, Au vaisseau "Le Vengeur") di ispirazione classica, ma di un formalismo ormai logoro. Nella seconda metà del secolo si affermò la poesia descrittiva, spesso di ambientazione campestre. Il genere, che prese a modello il poeta latino Virgilio, si mosse tra l'ispirazione bucolica e la visione cosmica e pur nella modestia degli esiti schiuse nuove possibilità espressive, che si fecero strada a fatica sul finire del secolo.
La coscienza della crisi: i teorici
Molti tra i pensatori del tempo ebbero acuta consapevolezza della crisi della poesia. E se alcuni di essi ne ritennero inevitabile il declino, la maggior parte ne deplorò la decadenza e comprese che solo un profondo rinnovamento dell'ispirazione e della forma avrebbe condotto nuove potenzialità espressive. Già nel 1714, nella Lettre sur les occupations de l'Académie (Lettera sulle occupazioni dell'Accademia, pubblicata postuma nel 1716) Fénelon lamentava la rigidezza della poesia contemporanea, costretta da regole troppo severe, e la povertà della lingua, rinsecchita dalla riforma di Malherbe. Seguirono numerosi scritti teorici intorno ai caratteri della poesia, tra cui spiccano le Réflexions sur la poésie et la peinture (Riflessioni sulla poesia e la pittura, 1719) di J.-B. Du Bos (1670-1742), in cui si affermava tra l'altro che lo stile e non le idee costituisce la qualità più autentica della poesia, qualità che non si rivela alla ragione, ma al cuore e al sentimento. Nella seconda metà del secolo le riflessioni di Diderot nel saggio De la poésie dramatique (Sulla poesia drammatica, 1757) appaiono quasi profetiche. Egli si diceva convinto che dopo i suoi tempi "disastrosi" sarebbe venuta una poesia del tutto nuova, una poesia delle "cose sconosciute", mossa da qualcosa di "enorme, di barbaro e di selvaggio". E nel Salon de 1767 lanciò il suo ammonimento ai poeti del futuro: "Siate tenebrosi".
Jacques Delille
Jacques Delille (1738-1813), professore di latino, divenne celebre nel 1769 pubblicando la traduzione delle Georgiche di Virgilio. Nel 1782 pubblicò un poema in quattro canti, Les jardins (I giardini), che ebbe una grande risonanza perché andava incontro a un'esigenza tipica del tempo, il bisogno di ritornare alla natura, ma una natura abbellita e ordinata dall'intervento dell'uomo. Il poema è capolavoro di poesia descrittiva, perché Delille possiede un vivo talento pittorico, ma è anche qualcosa di più: qua e là, nelle lunghe descrizioni, affiora l'emozione, l'espressione di una personale malinconia. Emigrato durante la Rivoluzione, Delille ritornò a Parigi nel 1802. Tra le ultime opere si ricordano L'homme des champs (L'uomo dei campi, 1802-05); Les trois règnes de la nature (I tre regni della natura, 1808), esempi di poesia didattico-descrittiva, e di nuovo traduzioni, del Paradiso perduto di Milton e dell'Eneide di Virgilio.
Evariste Parny
La produzione poetica di Evariste-Désiré Desforges, visconte di Parny (1753-1814), spaziò tra vari generi, dai componimenti didattici e solenni a quelli più intimisti ed elegiaci. In questi ultimi, e in particolare tra quelli della raccolta Poèmes érotiques (Poemi erotici, 1787), egli raggiunse gli esiti più alti rievocando con malinconia sincera, venata di sensualità, il suo idillio con la creola Éléonore. Parny si accostò al genere ossianico con il poema Isnel et Asléga (1808), storia di un amore contrastato ambientato in un fantastico Medioevo e avvolto da un'atmosfera tenebrosa e triste.