Il tribunale della ragione: Voltaire
- Introduzione
- Voltaire: una nuova figura di intellettuale
- Le opere letterarie
- Riepilogando
Voltaire: una nuova figura di intellettuale
François-Marie Arouet, noto come Voltaire (1694-1778), fu la personalità che dominò il secolo dei Lumi. Egli incarnò un nuovo tipo di intellettuale, lo scrittore impegnato, mosso dal bisogno di sottoporre passato e presente al giudizio della ragione, cosciente della forza dell'opinione pubblica, consapevole dei doveri del filosofo nei confronti dell'umanità.
Gli esordi fortunati e l'esilio
Nato a Parigi, ultimo figlio di un ricco notaio, Voltaire crebbe in un ambiente borghese colto; studiò presso i gesuiti, nel prestigioso collegio Louis-le-Grand. Poco attratto dagli studi di diritto, mostrò una spiccata propensione per la letteratura e il bel mondo, dove si fece apprezzare per lo spirito arguto e brillante. Frequentò anche i circoli libertini, che esercitarono non poca influenza sul suo pensiero. La pubblicazione dei primi scritti e delle prime tragedie lo innalzò al culmine del successo. Celebre come poeta, ammirato nei salotti, ricercato dalle dame, provvisto di mezzi economici grazie a una pensione reale e all'eredità paterna, nel 1726 un alterco con il cavaliere di Rohan lo ricondusse duramente alla sua condizione di borghese: il cavaliere lo fece bastonare dai suoi servi, e lo fece rinchiudere alla Bastiglia. Messo al bando da Parigi, Voltaire si recò in esilio in Inghilterra.
L'esperienza inglese e la critica all'assolutismo
Il soggiorno inglese ebbe un'importanza decisiva: le istituzioni britanniche gli apparvero un sistema molto più aperto e progredito del regime monarchico francese. Di ritorno in Francia, Voltaire pubblicò le Lettres philosophiques (Lettere filosofiche, 1733), note anche come Lettere inglesi. La critica all'assolutismo, alle disuguaglianze e ai privilegi della società francese, l'affermazione della tolleranza religiosa, l'esaltazione della nuova scienza newtoniana, espresse in un linguaggio agile e brillante, ebbero un effetto dirompente; non a caso lo storico letterario G. Lanson le ha definite "la prima bomba scagliata contro l'Ancien Régime". Nel 1724 Voltaire aggiunse un'ulteriore lettera alle 24 della prima edizione, nella quale, contro il pessimismo di Pascal, osava "prendere le difese dell'umanità" e affermare la fiducia nella ragione quale strumento per migliorare l'uomo e la società.
Un intellettuale cosmopolita
Le Lettere filosofiche vennero condannate e Voltaire si rifugiò nel castello di Cirey, in Lorena, presso Madame du Châtelet, una donna molto colta, conoscitrice della scienza newtoniana. Furono anni fecondi: al riparo da ogni preoccupazione, egli poté dedicarsi allo studio e alla scrittura. Tra le opere filosofiche di quegli anni si ricordano: Éléments de la philosophie de Newton (Elementi della filosofia di Newton, 1738) e la Métaphysique de Newton (Metafisica di Newton, 1740). Nel 1744 Voltaire poté rientrare a Parigi, dove venne nominato storiografo di corte da Luigi XV. Ma il favore reale durò poco; di nuovo in disgrazia, amareggiato, nel 1746 tornò a Cirey, dove lo aspettava una prova ben più difficile, la morte di Madame du Châtelet (1749). Profondamente addolorato, "vedovo", come si definì, ma anche desideroso di riconoscimenti che la corte francese non voleva concedergli, Voltaire accettò l'invito di Federico II alla corte di Berlino. Là poté concludere la sua vasta opera storica, Le siècle de Louis XIV (Il secolo di Luigi XIV, 1751). Il rapporto con il sovrano si deteriorò in fretta e Voltaire tornò in Francia nel 1753. Dopo varie peregrinazioni, nel 1755 acquistò una proprietà nei pressi di Ginevra, attratto da un regime che gli sembrava rispondere alle sue esigenze di tolleranza. Nel 1756 pubblicò l'Essai sur les mœurs (Saggio sui costumi, 1756), un'opera storica dal disegno ambizioso, in cui si proponeva di cogliere il percorso dello spirito umano nella storia universale.
Ben presto Voltaire si rese conto della rigidità e dell'intransigenza del regime di Ginevra; si stabilì quindi a Ferney, in territorio francese, a pochi chilometri dal confine (1759). Là visse come un monarca, ricevendo ospiti illustri da tutta Europa, potenziando e rivoluzionando l'agricoltura nella sua proprietà, creando fabbriche, migliorando la vita dei dipendenti. La sua fama teneva a freno la corte e la Chiesa, nonostante egli fosse più che mai attivo e pubblicasse una profusione di libelli, con le firme più varie ma sempre riconoscibili, contro gli abusi della giustizia, la tortura, il parlamento. La religione, l'Infâme, come la chiamava Voltaire, fu il bersaglio più frequente delle sue polemiche di quegli anni: contro il fanatismo, la superstizione, "le contraddizioni e le sciocchezze e gli orrori" della religione rivelata, Voltaire sostenne la validità della religione naturale (Sermon des Cinquante, Sermone dei Cinquanta, 1762). Memorabili anche le sue battaglie condotte a difesa di vittime dell'intolleranza religiosa. Nel 1763 pubblicò il Traité sur la tolérance (Trattato sulla tolleranza); nel 1764 il Dictionnaire philosophique (Dizionario filosofico). Nel 1777 il governo annullò il divieto di rientrare a Parigi; l'anno seguente, due mesi prima della morte, Voltaire finalmente tornò nella capitale, accolto da un autentico trionfo.