Jean Racine
- Introduzione
- La vita e le opere
- La tecnica teatrale e i grandi temi
- Riepilogando
La vita e le opere
Jean Racine (1639-1699), nato a La Ferté-Milon, rimase orfano di madre a due anni e di padre a quattro e venne affidato alla nonna materna. Accolto come allievo nelle "Petites Écoles" di Port-Royal, a sedici anni entrò nel collegio di Port-Royal des Champs, dove ebbe insigni maestri, acquistò una solida cultura umanistica e, in particolare, una profonda conoscenza degli autori drammatici greci, che esercitarono un'influenza determinante sulla sua opera. L'intransigente pessimismo giansenista segnò in modo profondo la sua concezione dell'uomo e del peccato. Nel 1658 si recò a Parigi dove cominciò a interessarsi al teatro. Benché Racine fosse quasi sconosciuto, Molière accettò di rappresentare le sue prime opere teatrali, le tragedie La Thébaïde ou les frères ennemies (La Tebaide o i fratelli nemici, 1664) e Alexandre le Grand (Alessandro il Grande, 1665). Quest'ultima ottenne un notevole successo di pubblico ed egli diventò un autore alla moda.
Dopo neppure quindici giorni di rappresentazione, Racine ritirò improvvisamente la pièce a Molière e l'affidò alla compagnia rivale dell'Hôtel de Bourgogne, ritenuta più prestigiosa. Poco tempo dopo, in seguito a un banale malinteso, o forse per compiacere l'arcivescovo di Parigi, attaccò violentemente i suoi benefattori di Port-Royal. Si creò così una reputazione di arrivismo e ingratitudine che lo accompagnò a lungo. Dal 1667 al 1677 Racine scrisse i suoi capolavori, che vennero rappresentati con grande successo. Dopo la tragedia Andromaque (1667) fece rappresentare una commedia, Les plaideurs (I litiganti, 1668), cui seguirono le grandi tragedie: Britannicus (1669), Bérénice (1670), Bajazet (1672), Mithridate (1673), Iphigénie (Ifigenia, 1674).
Racine divenne l'idolo del pubblico e della corte, non mancarono tuttavia avversari accaniti, che riuscirono a organizzare il fiasco della tragedia Phèdre (1677). Il fallimento colpì il poeta in un momento delicato della sua evoluzione umana e spirituale. Nel 1677 il poeta sposò Catherine de Romanet, una donna virtuosa e semplice, e Luigi XIV lo nominò storiografo di corte. Per lunghi anni non si occupò più di teatro. Le due ultime tragedie, Esther (1689) e Athalie (1691), vennero scritte per le educande del convento di Saint-Cyr, con palese intenzione edificante. Trascorse gli ultimi anni di vita accanto alla moglie e ai figli, dedicandosi al lavoro di storiografo e alla difesa del convento di Port-Royal, con cui si era riconciliato e in cui venne sepolto.