George Berkeley
Le opere principali del vescovo anglicano irlandese George Berkeley (Thomastown, Irlanda 1685 - Oxford 1753) sono il Trattato sui principi della conoscenza umana (1710); il De motu (1721); la Difesa del libero pensiero in matematica (1735).
L' immaterialismo
Berkeley sviluppa la dottrina della conoscenza di Locke, giungendo ad affermare che gli atti cognitivi umani si identificano con le sole percezioni dei sensi. Infatti la sua tesi centrale, riassunta dalla celebre formula esse est percipi (essere è essere percepito), è che per esistere una cosa deve o essere percepita oppure essere l'ente attivo che percepisce. Questa impostazione viene definita dallo stesso Berkeley "immaterialismo", nel senso che non esiste distinzione fra cose reali e cose percepite dal momento che esse coincidono.
La critica della scienza
Fatta eccezione per Newton, la cui opera ritiene si presti ai suoi fini di difesa della religione, secondo Berkeley matematici e fisici dell'epoca aprono la strada all'ateismo e all'irreligiosità. Infatti la matematica professa assurdità come l'infinita divisibilità delle linee, che contrasta con quanto attestato dai sensi. La fisica si basa su nozioni come quelle di attrazione e forza, che sono finzioni verbali. La scienza della natura è descrittiva e non esplicativa, limitandosi a stabilire correlazioni senza cogliere le cause.
Le qualità sensibili come segni divini
L'ordine dei fenomeni in sé è stato stabilito da Dio per il nostro bene. Decifrare le successioni presentate dalla nostra esperienza sensibile equivale a decifrare il linguaggio con cui Dio ci ha comunicato i suoi decreti. Gli oggetti della vista, per esempio, sono un linguaggio visivo con cui Dio ci insegna quali cose ci sono utili e quali cose ci sono dannose. Dunque la filosofia di Berkeley ha una funzione apologetica: i limiti della nostra conoscenza sono prova che l'onnipotenza divina ha stabilito l'ordine del mondo secondo la propria superiore volontà.