Giovanni Scoto Eriugena
Giovanni Scoto Eriugena (circa 810-circa 870) insegna arti liberali (retorica, grammatica, dialettica, artimetica e geometria, musica e astronomia) alla Scuola Palatina di Parigi. Traduce dal greco le opere di Massimo il Confessore, di altri autori greci neoplatonici e di Dionigi Areopagita (pseudonimo di un misterioso autore di opere di teologia del V-VI sec.), che gli ispirano una teologia di tipo negativo (che sottolinea cioè l'inconoscibilità da parte dell'uomo dell'essenza divina, di cui possiamo dire meglio ciò che non è piuttosto di ciò che è). L'impostazione neoplatonica è presente nella sua opera più famosa, De divisione naturae (La divisione della natura), scritta in forma dialogica, in cui giunge a evidenziare l'esistenza di quattro nature o divisioni: la natura che crea e non è creata cioè Dio; la natura che è creata e crea ossia le idee di Dio, causa di tutte le cose visibili e invisibili; la natura che è creata e non crea cioè le creature; la natura che non è creata e non crea: è Dio come fine di tutta la creazione. Questa divisione da un lato sottolinea la distinzione fra Dio e la creazione, ma dall'altro suggerisce l'intima unità fra il Creatore e le sue creature.