Claude Lévi-Strauss
L'etnologo e antropologo francese Claude Lévi-Strauss (Bruxelles 1908 - Parigi 2009), laureatosi in filosofia, compie due importanti spedizioni etnografiche in Brasile (raccontate in Tristi tropici, 1955). Dall'applicazione della metodologia strutturalista nascono la sua opera principale, Le strutture elementari della parentela (1947), e altri importanti saggi, fra cui Antropologia strutturale (1966) e Mitologica (1966-74).
Il metodo strutturale
Lévi-Strauss assume come guida della sua indagine antropologica il concetto di struttura, quale "sistema di relazioni latenti nell'oggetto", con la convinzione che questo sistema di relazioni sia diffuso in ogni civiltà umana, come una sorta di matrice logica inconscia. Scopo delle scienze umane e sociali è appunto elaborare modelli idonei a svelare queste regole inconsce che condizionano il comportamento umano. A tal fine, l'antropologia si deve ispirare alla linguistica, nel presupposto che si dia una stretta corrispondenza tra sistemi sociali e sistemi linguistici. Nelle Strutture elementari della parentela Lévi-Strauss mette a frutto questa ipotesi: approfondendo le relazioni della parentela nei primitivi da lui osservati in Brasile, riesce a ridurle a poche e ricorrenti forme di scambio di donne. Lévi-Strauss scopre, in particolare, la relazione occulta che lega il pensiero simbolico alla proibizione dell'incesto, rilevando come le popolazioni amerinde accomunino gli abusi del linguaggio all'incesto. Egli, inoltre, rifiuta l'idea di un'evoluzione lineare della cultura: non esiste un progresso qualitativo dello spirito umano nella storia, perché ogni civiltà è fondata su criteri diversi dalle altre, e la stessa idea di società "primitiva" è falsa, in quanto presuppone arbitrariamente la verità esclusiva dei valori propri della civiltà occidentale.
Lo studio dei miti primitivi
L'applicazione della linguistica strutturale conduce Lévi-Strauss a enucleare una grammatica generale dei miti. Riprendendo la lezione di de Saussure sul fonema (l'unità minima del suono linguistico, non ulteriormente scomponibile), elabora la nozione di "mitema", entità minima significativa del mito, interpretato come una forma di pensiero dotata di una struttura interna invariante. Il senso delle figure mitiche non proviene dalle figure narrate o dalla presenza in esso di archetipi, nell'accezione di Jung, ma dalla loro natura formale, che si configura come una struttura, o categoria universale, dello spirito umano, a cui può corrispondere un gran numero di prodotti mentali e culturali differenti.