Dalla peste al coronavirus: le più grandi pandemie della storia
Il coronavirus, o Covid-19 come è stato ribattezzato, mercoledì 11 marzo 2020 è ufficialmente diventato una pandemia. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha sciolto le riserve dopo che i contagi si sono verificati in ogni parte del mondo, in tutti i continenti: Europa, Asia, Africa, America, Antartide e Oceania.
Una dichiarazione che mette un punto a tutte le supposizioni e le ipotesi fatte nelle ultime settimane, quando le notizie di casi confermati di coronavirus hanno iniziato ad arrivare da ogni angolo del globo dopo lo scoppio dell’epidemia in Cina, nella regione dell’Hubei. Epicentro, la città di Wuhan: da lì il contagio, nel giro di poche settimane, si è diffuso in tutto il mondo, spingendo appunto l’Oms a dichiarare ufficialmente la pandemia. Non è un caso che la parola pandemia derivi dal greco "pandemos", che significa "tutta la popolazione": demos” significa la popolazione, “pan” significa tutti.
Come si passa da un'epidemia a una pandemia
L’Oms dichiara uno stato di pandemia in accordo con le linee guida stabilite a livello mondiale. A oggi non è definito in modo chiaro e definito il momento in cui un'epidemia diventa una pandemia, ma in generale si parla di pandemia quando in più Paesi avvengono epidemie con una trasmissione molto sostenuta, che non può più essere messa in relazione con il focolaio originario della nuova malattia.
I presupposti fondamentali sono, comunque, la contemporanea presenza di numerose sorgenti di infezioni in molteplici località, la particolare resistenza e aggressività dell'agente patogeno e la facilità di trasmissione diretta o indiretta. Tutte caratteristiche che il coronavirus ha dimostrato di avere, alla luce della crescita esponenziale dei casi e della diffusione a macchia d’olio del contagio. Non è tanto la gravità della malattia a decretare la pandemia, quanto la diffusione e la sua rapidità: una volta dichiarato lo stato di pandemia, ogni Paese deve mettere a punto un piano pandemico da aggiornare sulla base delle linee guida dell’Oms.
Le cause più frequenti di una pandemia
Le cause più frequenti di una pandemia sono da ricondursi alla velocità con cui la malattia si propaga. Più persone vengono in contatto con altre persone, e più si spostano sul territorio, più e facile che il virus passi di organismo in organismo infettando sempre più persone che diventano, a loro volta dei vettori che si spostano sul territorio. La situazione è complicata dal fatto che è possibile che alcune persone possono contrarre il virus senza sintomi: inconsapevoli di averlo, si muovono normalmente ed entrano in contatto con persone a cui di fatto possono passarlo, pur non subendo le conseguenze dell’infezione.
Altro fattore che contribuisce allo stato di pandemia è la globalizzazione: in un mondo estremamente collegato in modi rapidi, il virus ha potuto spostarsi da un continente all'altro a bordo degli aerei, oltre che dei treni, proprio come aveva fatto il virus dell'influenza H1N1.
Le più grandi pandemie della storia
Quella del coronavirus è la seconda pandemia di questo secolo, comparsa a 11 anni di distanza dalla pandemia dell'influenza A/H1N1. Nel corso della storia ce ne sono state altre tristemente famose dall’influenza Spagnola a quella Asiatica passando per quella di Hong-Kong e arrivando, appunto, sino all’Influenza Pandemica H1N1. Nel mezzo, alcuni eventi quasi pandemici, dalla pseudo pandemia di H1N1 del 1947 all’Influenza Russa che si è diffusa nel maggio 1977 nel nord est della Cina, e che colpì soprattutto o quasi unicamente giovani con meno di 25 anni, con manifestazioni cliniche lievi, anche se tipicamente influenzali.
La peste nera del Trecento
La Peste Nera del Trecento è forse una delle pandemie più famose della storia. Partita intorno alla metà del 1300 nel nord della Cina si diffuse in Siria estendendosi alla Turchia asiatica ed europea per poi raggiungere la Grecia, l'Egitto e la penisola balcanica. Nel 1347 arrivò in Italia, prima in Sicilia e poi a Genova. L’anno dopo il contagio, dall’Italia, passò in Svizzera e poi nel resto d’Europa, Francia, Spagna, l’Inghilterra, la Scozia e l'Irlanda. Nel 1953, dopo aver infettato tutta l'Europa, i focolai della malattia si ridussero fino a scomparire. Secondo le stime moderne, la peste nera uccise almeno un terzo della popolazione del continente, provocando quasi 20 milioni di vittime e cambiando per sempre la storia.
L'influenza spagnola - H1N1 (1918–1919)
La pandemia del 1918–1919, secondo le stime, colpì un terzo della popolazione mondiale. La malattia aveva una letalità maggiore del 2,5% e fece registrare circa 50 milioni di decessi, alcuni ipotizzano fino a 100 milioni. Iniziò nell'agosto del 1918 in tre diversi luoghi: Brest, in Francia; Boston, nel Massachusetts; e Freetown in Sierra Leone, un ceppo di influenza particolarmente violenta e letale di cui ancora oggi non si conoscono le origini.
Studi moderni suggeriscono che il virus del 1918 fosse interamente nuovo per l’umanità, e non frutto di un processo di riassortimento a partire da ceppi già circolanti, come successe in seguito nel 1957 e nel 1968. Era un virus simile a quelli dell’influenza aviaria, originatosi da un ospite rimasto sconosciuto.
Analizzando la curva della mortalità dell’influenza del 1918, il picco di mortalità si piazzata nelle età centrali, tra gli adulti tra 25 e 44 anni. I tassi di mortalità per influenza e polmonite tra 15 e 44 anni furono più di 20 volte maggiori di quelli degli anni precedenti e quasi metà delle morti furono tra i giovani adulti di 20-40 anni, un fenomeno unico nella storia conosciuta. Il 99% dei decessi furono a carico delle persone con meno di 65 anni, cosa che non si è più ripetuta.
Stando a quanto riportato dall’Istituto Superiori di Sanità, negli anni Trenta furono isolati virus influenzali dai maiali e dagli uomini che, attraverso studi sieroepidemiologici, furono messi in relazione con il virus della pandemia del 1918. Si è visto che i discendenti di questo virus circolano ancora oggi nei maiali e forse hanno continuato a circolare anche tra gli esseri umani, causando epidemie stagionali fino agli anni ’50, quando si fece strada il nuovo ceppo pandemico A/H2N2 che diede luogo all’Asiatica del 1957. Il virus del 1918 è probabilmente l’antenato dei 4 ceppi umani e suini A/H1N1 e A/H3N2, e del virus A/H2N2 estinto.
L'influenza asiatica - H2N2 (1957-1960)
L’influenza asiatica, ceppo H2N2, fu rilevata per la prima volta in Cina nel febbraio del 1957, raggiunse gli Stati Uniti nel giugno dello stesso anno. Il numero stimato di morti registrati nel periodo in cui infuriò è di circa 1.1 milioni.
LAsiatica del 1957 rese evidente, contrariamente al passato, il fenomeno di polmoniti primariamente virali. Contrariamente a quanto osservato nel 1918, le morti si verificarono soprattutto nelle persone affette da malattie croniche e meno colpiti furono i soggetti sani.
Secondo gli studi epidemiologici, fu causata dal virus A/Singapore/1/57 H2N2 (influenza di tipo A), isolato per la prima volta in Cina nel 1954. Nello stesso anno fu preparato un vaccino che riuscì a contenere la malattia, e infatti il virus dell’Asiatica scomparve dopo soli 11 anni, soppiantato dal sottotipo A/H3N2 Hong Kong.
L'influenza spaziale - H3N2 (1968–1969)
L’influenza spaziale, o di Hong Kong, come suggerisce il nome si sviluppò nel Sud Est Asiatico con una grande epidemia a Hong Kong nel 1968, e lo tesso anno arrivò negli Stati Uniti. Era un’influenza aviaria, di tipo A, dovuta al ceppo H3N2, molto somigliante all’influenza Asiatica del 1957 causata dal ceppo H2N2.
Proprio per questo, e per lo sviluppo di anticorpi nella popolazione, fece meno vittime di altre pandemie. In Giappone, per esempio, le epidemie furono saltuarie, sparse e di limitate dimensioni fino alla fine del 1968. L’Iss riporta che il virus fu poi introdotto nella costa occidentale degli Usa con elevati tassi di mortalità, contrariamente all’esperienza dell’Europa dove l’epidemia, nel 1968–1969, non si associò ad elevati tassi di mortalità.
In Italia l’eccesso di mortalità attribuibile a polmonite e influenza associato con questa pandemia fu stimato di circa 20.000 decessi. Proprio in Italia, dove si ripresentò nel 1972, fu ribattezzata “Influenza spaziale”. Il numero stimato di decessi, secondo il Center for Disease Control and Prevention (Cdc), fu di 1 milione in tutto il mondo.
L' Influenza pandemica - A(H1N1)pdm09 (2009-2010)
Prima del Covid-19, l'unica pandemia influenzale del 21esimo secolo è stata quella del 2009: quella che a oggi viene chiamata, impropriamente, “influenza suina”, causata da un virus A H1N1. Il Cdc riporta che si trattò di un virus dalle caratteristiche molto peculiari mai identificate prima né negli animali né nelle persone, che fece la sua comparsa negli Stati Uniti e si diffuse molto rapidamente nel resto del mondo.
Gli studi effettuati sull’influenza pandemica indicano che nel primo anno di pandemia, l’influenza pandemica fece dalle 100mila alle 570mila vittime, e che la maggior parte delle vittime (l’80%) avevano meno di 65 anni, contrariamente a quanto accaduto per le altre epidemie stagionali di influenza.
Il Coronavirus – Covid-19 (2019 - 2020)
Quella del coronavirus SarsCoV2 è, come detto, la seconda pandemia del mondo globalizzato. Ancora non è chiaro esattamente quando abbia iniziato a diffondersi: in Cina, nella provincia dell’Hubei, sarebbe comparsa a dicembre, ma alcuni esperti ritengono che alcuni casi possano essere ancora precedenti. I primi casi hanno coinvolto i lavoratori del mercato del pesce di Wuhan, in cui sono in vendita animali vivi, e proprio dalla macellazione degli animali il virus avrebbe fatto i cosiddetto “salto”, con tutta probabilità dai pipistrelli.
Il virus è stato isolato nel giro di poche settimane e ricondotto alla sequenza genetica della Sars-Cov, il coronavirus da sindrome respiratoria acuta grave all’origine dell’epidemia del 2003. A oggi sono in corso, a velocità esponenziale, studi sul Covid-19 in primis per individuare terapie adatte (il Remdesivir, farmaci efficace contro l’ebola, si è dimostrato efficace anche contro il Covid-19) e un vaccino, ma è stato accertato un elevato tasso di contagiosità tramite le esalazioni e per contatto.