La storia delle impronte digitali, asso nella manica delle scienze forensi

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Sono considerate tra le prove più importanti per crimini di ogni tipo, ma la loro storia inizia moltissimi secoli fa

Non c'è thriller in cui non spunti fuori il momento cruciale dell'identificazione delle impronte digitali dei presunti criminali. Improvvisamente il nome del colpevole è chiaro, grazie all’analisi e all’incrocio del dato con fornitissimi database anagrafici internazionali. Ma cosa sono le impronte digitali? Si tratta di tracce lasciate dai solchi e dalle creste che gli esseri umani hanno su parte della propria pelle, in specifici punti del corpo. Ma la storia di queste tracce biologiche inizia tanto tempo fa. Basti pensare che sono state rinvenute tracce assimilabili al concetto di impronte digitali nell'antica storia cinese ed egiziana. Ecco come le impronte digitali sono diventate l'asso nella manica di tutti i criminologi e investigatori.

Cosa sono le impronte digitali

Le impronte digitali sono composte dai segni lasciati dai polpastrelli delle dita su una superficie liscia (es. un foglio di carta o un qualsiasi materiale privo di venature). La scienza forense – ma non solo – utilizza queste tracce come mezzo di identificazione personale.
L’insieme di solchi e creste si chiama dermatoglifo: si ritrovano su polpastrelli, ma anche sulla pelle dei palmi delle mani e delle piante dei piedi. A rendere uniche le impronte digitali sono proprio le diverse forme e disposizioni di creste e solchi sulla pelle di ogni singolo individuo. Perfino nei gemelli omozigoti ci sono impronte digitali differenti che, per di più, non cambiano mai: si formano nel feto attorno all'ottavo mese di gravidanza e restano tali per tutta la vita. 

La scoperta delle impronte digitali

La storia delle impronte digitali inizia nel territorio oggi chiamato Iraq. Infatti, nell'antica città di Ninive sono state rinvenute 25.000 tavolette in ceramica, che hanno raccontato al mondo come la redazione di contratti e atti giuridici richiedesse la certificazione del nome attraverso le impronte digitali. Oltre a parti di polpastrelli, erano incisi anche i solchi delle unghie o le creste papillari dell'autore, “firme autenticate” incontrovertibili.

Ma il primato nell'utilizzo delle impronte digitali è stato accertato da una scoperta fatta nel lontano Oriente. Infatti, pare che l'imperatore cinese Qin Shin Huang, vissuto dal 259 al 210 a.C. firmasse i documenti reali con le proprie impronte digitali. Successivamente la dinastia Han ha perfezionato l'identificazione delle persone attraverso l'analisi delle creste papillari riportate su carta, inventando di fatto una specie di primordiale carta d'identità.
In Occidente si dovranno aspettare molti secoli prima di arrivare a questi sofisticati mezzi di identificazione. Si preferirà marchiare a fuoco le persone o incidere sofisticati segni sulla pelle. Si dovrà aspettare l'invenzione della fotografia e l'intuizione di Alphonse Bertillon di identificare le persone attraverso la misurazione corporea, per veder cambiare i metodi di identificazione anche in Occidente.

Esistono persone senza impronte digitali?

Tuttavia, esiste anche un'anomalia che comporta l'assenza delle impronte digitali sulla pelle di un individuo. In quel caso si parla di adermatoglifia. Si tratta di una disfunzione molto rara, causata da un'anomalia genetica legata alla mutazione del gene SMARCAD1. 

Quanti tipi di impronte digitali esistono?

I solchi e le creste che compongono i dermatoglifi possono disporsi in modi diversi, dando forma a schemi variabili. Tuttavia, queste sequenze di disposizioni sono limitate e permettono, dunque, di raggrupparle in categorie identificabili universalmente.

Classificare ed esaminare le impronte digitali è un procedimento complicato, al centro di numerosi studi che chi vuole intraprendere la carriera di criminologo è chiamato ad approfondire. La materia che si occupa del rilievo e l'esame di queste tracce si chiama dattiloscopia.

La storia della dattiloscopia inizia con il trattato sulle creste cutanee di Marcello Malpighi, intitolato De externo tactus organo anatomica observatio (1665). Ma la prima classificazione delle impronte basata sulla struttura delle creste si deve a Jan Evangelista Purkyně, professore di anatomia all'Università di Breslavia, elaborata nel 1823.

Ad oggi l'FBI utilizza le seguenti classi di impronte: plain arch, tented arch, right loop, left loop, plain whorl, central pocket, double loop, accidental whorl.

Come si rilevano le impronte digitali

L'operazione più delicata legata alle impronte digitali è la rilevazione. Può avvenire in modo diretto, quando a rilasciarle è l’interessato. L'immagine di presunti criminali intenti a imprimere i propri polpastrelli sull'inchiostro è nota a tutti. Ma le impronte possono essere rilevate anche in modo indiretto, attraverso delle tecniche chimiche applicate sulle scene del crimine.

Si utilizzano polveri a base di alluminio, carbone o sostanze fluorescenti su superfici dure, incapaci di assorbire i materiali. Queste sostanze aderiscono alle tracce di sebo, sostanza naturalmente presente sulla pelle, mettendo in evidenza le impronte. Se la rilevazione deve essere effettuata su superfici porose (come la carta) o su tessuti, si usano prodotti chimici a base di ninidrina e vapore di iodio.

Stefania Leo

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