Secessione dell’Aventino: cos’è e cosa accadde dopo
I fatti che portarono alla secessione dell'Aventino, le ragioni del fallimento della protesta e le conseguenze sulla tenuta del governo di Mussolini.
La secessione dell'Aventino fu un atto di protesta iniziato il 27 giugno 1924 da 123 parlamentari della Camera dei deputati del Regno d'Italia nei confronti del governo Mussolini, a seguito del rapimento di Giacomo Matteotti avvenuto il 10 giugno dello stesso anno. L'iniziativa - che non ebbe successo - consisteva nell'astensione dai lavori parlamentari fino a che i responsabili non fossero stati processati.
Il contesto politico
La secessione dell'Aventino si inserì in un contesto politico di forti tensioni. Le elezioni della Camera dei deputati del 6 aprile 1924, le ultime multi-partitiche a sovranità popolare svoltesi in Italia prima dell'avvento della dittatura fascista, avevano visto la netta vittoria della Lista Nazionale (o “Listone”), ideata e guidata da Benito Mussolini.
La denuncia di Matteotti
Il 30 maggio 1924, il deputato socialista Giacomo Matteotti prese la parola alla Camera dei deputati, denunciando brogli elettorali attuati dai fascisti, così come una serie di violenze e illegalità commesse per condizionare l’esito delle urne.
Il rapimento di Matteotti
Il 10 giugno 1924, uscito di casa a piedi per dirigersi verso Montecitorio, sul lungotevere Arnaldo da Brescia Matteotti fu aggredito e prelevato da una squadra fascista composta da cinque uomini capeggiati da Amerigo Dumini, che di forza lo fecero salire a bordo di un’auto.
Cosa accadde il 27 giugno 1924
Il 13 giugno Mussolini, presidente del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia dal 31 ottobre 1922 (ovvero dalla marcia su Roma), parlò alla Camera affermando di non essere coinvolto nella scomparsa di Matteotti. In risposta, le opposizioni parlamentari proclamarono l’impossibilità di riprendere i lavori della Camera finché un nuovo governo non avesse ristabilito le libertà democratiche.
Perché si dice Secessione dell’Aventino?
L’iniziativa prese il nome del colle Aventino: è qui che, nell’Antica Roma, che si ritiravano i plebei nei periodi di acuto conflitto con i patrizi (secessio plebis). Gli aventiniani decisero di comune accordo di abbandonare i lavori parlamentari dopo una riunione nella sala della Lupa di Montecitorio, oggi nota anche come sala dell'Aventino.
Chi erano gli aventiniani
Gli aventiniani erano 123: si trattava di deputati d'opposizione appartenenti a Partito Popolare Italiano, Partito Socialista Unitario, Partito Socialista Italiano, Partito Comunista d'Italia, Opposizione Costituzionale, Partito Democratico Sociale Italiano, Partito Repubblicano Italiano e Partito Sardo d'Azione. Oltre ai deputati del Partito Nazionale Fascista, non aderirono alla protesta i parlamentari del Partito Liberale Italiano e del Partito dei Contadini d'Italia, così come i deputati delle Liste di slavi e di tedeschi.
L’instaurarsi della dittatura
Il 27 giugno 1924 cominciò un lungo braccio di ferro, durante il quale il governo fascista sembrò più volte sul punto di capitolare, anche perché il 16 agosto nel bosco della Quartarella fu rinvenuto il corpo senza vita di Matteotti. Ma non accadde. Così, il 3 gennaio 1925 con uno storico discorso alla Camera, Mussolini si assunse la responsabilità politica, morale e storica di quanto accaduto, dando di fatto inizio alla dittatura. Il 6 novembre 1926, tramite Regio decreto, tutti i partiti politici ad eccezione del Partito Nazionale Fascista furono definitivamente soppressi: ciò portò alla decadenza dei 123 deputati aventiniani.
Cosa sono le Leggi fascistissime
La locuzione “leggi fascistissime” identifica una serie di norme giuridiche, emanate tra il 1925 e il 1926, che sancirono l’inizio della trasformazione dell’ordinamento giuridico del Regno d’Italia in un regime autoritario. Tale processo si concluse poi nel 1939, quando la Camera dei fasci e delle corporazioni sostituì la Camera dei deputati, cancellando ogni residua parvenza di suffragio.
L’arresto di Gramsci
Segretario generale del Partito Comunista d'Italia da nove mesi, l’8 novembre 1926 Antonio Gramsci, in violazione dell’immunità parlamentare, fu fermato e arrestato insieme a tutti gli altri deputati del PCI.
Accusato di attività cospirativa, istigazione alla guerra civile, apologia di reato e incitamento all'odio di classe, Gramsci fu rinchiuso nel carcere romano di Regina Coeli. Processato dal Tribunale Speciale Fascista, istituito da Mussolini nel 1927, venne condannato a 20 anni, quattro mesi e cinque giorni di reclusione, da scontare nel carcere di Turi in provincia di Bari. Nel 1934, a seguito al grave deterioramento delle sue condizioni di salute, ottenne la libertà condizionata e fu ricoverato in clinica a Roma, dove trascorse gli ultimi anni di vita fino alla morte nel 1937.
Il giudizio storico sulla Secessione dell’Aventino
La secessione dell’Aventino non ebbe successo perché l’indignazione che l’aveva determinata non ebbe sbocco politico.
Da parte sua il re Vittorio Emanuele III, nel corso della crisi, rifiutò di prendere in considerazione un’iniziativa extraparlamentare - ossia sciogliere la Camera per indire nuove elezioni - come invece speravano gli aventiniani. Di contro, quest’ultimi decisero di non portare la lotta alla Camera, come aveva invece chiesto implicitamente il sovrano. Per cui si creò una situazione di stallo, che di fatto favorì Mussolini, il quale infine pronunciò il famoso discorso del 3 gennaio 1925.
Matteo Innocenti