Aventino
IndiceStoria: la tradizione romana
(latino Aventīnus). Colle (40 m) di Roma, a SW del Palatino, sulla sponda sinistra del Tevere. Secondo l'antica tradizione romana, in momenti acuti del contrasto tra patrizi e plebei, questi ultimi si ritiravano sull'Aventino (o sul Monte Sacro) come avvenne nel 494 a. C. e poi ancora nel 449, dopo la caduta del secondo decemvirato. Non è facile discernere in tali avvenimenti la verità dalla leggenda. È certo comunque che il colle avesse carattere popolare: nel 456 a. C. vi furono distribuiti terreni, ager publicus, alla plebe; inoltre vi sorgevano il celebre santuario dedicato a Diana, sede di un culto federale in comune con i Latini, e un tempio in onore della triade agraria Cerere, Libero e Libera, che era centro delle attività della plebe cui sovrintendevano gli edili plebei. Ritirarsi sull'Aventino, rimasto fino al 49 d. C. al di fuori della cinta urbana (pomerio), acquistò quindi nel tempo il significato di appartarsi rifiutando la collaborazione con le altre forze politiche della città.
Storia: l'opposizione antifascista
Richiamandosi alle secessioni della plebe romana sul colle, si definisce Aventino quella parte dell'opposizione parlamentare antifascista che, uscita con moto spontaneo di protesta dalla Camera in seguito all'assassinio del deputato socialriformista G. Matteotti decise, il 27 giugno 1924, di non ritornare in aula finché un nuovo governo non avesse provveduto a ristabilire la legalità democratica, reprimendo i fenomeni di illegalismo ed eliminando la milizia di parte. Condizionata dall'intransigenza legalitaria del suo capo, Giovanni Amendola, l'opposizione dell'Aventino si isterilì nella vana attesa di uno sbocco positivo per opera della corona, tramite le istituzioni tradizionali. Di questa incapacità di azione diretta, che suscitò la dissidenza dei comunisti e la loro decisione di tornare alla Camera (ottobre 1924), profittò Mussolini per mettere in atto, dopo il colpo di Stato del 3 gennaio 1925, una serie di provvedimenti liberticidi fino a giungere nel novembre 1926 a dichiarare decaduti gli aventiniani dal mandato parlamentare.
A. Gramsci, La crisi italiana ed il fascismo in “Mondo Operaio”, n. 9, 1953; F. Turati, A. Kuliscioff, Carteggio VI (1923-1926), Torino, 1959; P. Nenni, Vent'anni di fascismo, Milano, 1964; A. Giovannini, Il rifiuto dell'Aventino, Bologna, 1966; R. De Felice, Mussolini il fascista (1921-1925), Torino, 1966; A. Landuyt, Le sinistre e l'Aventino, Milano, 1972; P. Milza, S. Bernstein, Storia del fascismo, Milano, 1982.