Da De Nicola a Mattarella: tutti i presidenti della Repubblica italiana
Dalla sua nascita, l'Italia repubblicana ha visto l'avvicendarsi di dodici presidenti della Repubblica. Ecco i tratti salienti di ogni mandato.
Nel sistema politico italiano, il Presidente della Repubblica Italiana è il capo dello Stato. La sua figura è il simbolo dell'unità nazionale. Benché non detenga alcun particolare potere, sorveglia quelli legislativo, esecutivo e giudiziario, ponendosi come un garante. L'ultimo Presidente in ordine di tempo è Sergio Mattarella che, dopo aver dato la sua indisponibilità a un secondo mandato, è stato eletto per la seconda volta il 29 gennaio 2022 all'ottavo scrutinio. A oggi, dopo Giorgio Napolitano, è il secondo Presidente della Repubblica ad affrontare un secondo incarico. E allora ripercorriamo la storia d'Italia attraverso i suoi presidenti dalla nascita dello Stato democratico italiano ad oggi.
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Enrico De Nicola
Enrico De Nicola viene eletto Presidente della Repubblica il 1 gennaio 1948. Il suo mandato termina dopo pochi mesi, il 12 maggio dello stesso anno. Da presidente della Repubblica Italiana conferisce l'incarico ad un solo presidente del Consiglio, Alcide De Gasperi. Non nomina alcun senatore a vita nel suo breve mandato, ma lo diventa egli stesso.
De Nicola assume quattro delle cinque maggiori cariche dello Stato in un solo mandato: presidente della Repubblica, del Senato, della Camera, della Corte Costituzionale.
Alla ricerca di una figura europeista, che cozzava con la visione di De Nicola, De Gasperi non appoggia la rielezione di De Nicola. Così, dopo quattro scrutini, in occasione delle prime elezioni parlamentari del presidente della Repubblica, viene eletto il liberale Luigi Einaudi.
Luigi Einaudi
Luigi Einaudi assume la carica di Presidente della Repubblica il 12 maggio 1948, dopo esser stato eletto con il 57,6% dei voti. Il suo mandato termina l'11 maggio 1955, rimanendo senatore a vita fino al 30 ottobre 1961, anno della sua morte.
Anche lui, come De Nicola, partecipa all'Assemblea Costituente: infatti, è considerato uno dei padri della Repubblica Italiana. Inizialmente si schiera a favore della monarchia, ma nel suo discorso di insediamento definisce il popolo italiano ormai maturo per la democrazia.
Conferisce per sette volte l'incarico di Capo del Governo ad Alcide De Gasperi. Alle sue dimissioni, incarica Attilio Piccioni, che però fallisce il suo mandato. Viene incaricato Giuseppe Pella, considerato il capo del primo "governo del Presidente" della storia costituzionale italiana, cioè scelto a discrezione del Capo dello Stato tra i suoi uomini di fiducia.
Alcuni settori del Parlamento propendono per la rielezione dell'ormai 82enne Presidente della Repubblica, ma dopo quattro scrutini, viene eletto Giovanni Gronchi.
Giovanni Gronchi
Giovanni Gronchi inizia il suo mandato l'11 maggio 1955, ottenendo il 78,1% delle preferenze. Rimane al Colle fino all'11 maggio 1962, operando come senatore a vita sino al 17 ottobre 1978, anno della sua morte. Presiede lo scrutinio della sua elezione, leggendo tutti i voti fino alla fine.
Come Capo dello Stato ha conferito l'incarico a quattro Presidenti del Consiglio: Antonio Segni (1955-1957), Adone Zoli (1957-1958), Amintore Fanfani (1958-1959) e Fernando Tambroni (1960). Ha fondato la Democrazia Cristiana.
Il suo mandato si snoda lungo le tensioni della Guerra Fredda. Sostiene l'idea di riunificare le due Germanie, cosa che porta a crisi governative e internazionali. Nel 1957 scrive una lettera indirizzata al presidente degli Stati Uniti Dwight Eisenhower contenente rilevanti obiettivi di politica estera. Lo fa senza consultare il governo, cosa che sembra un tentativo di aprire la strada al presidenzialismo. Ma la diplomazia personale resta la cifra della presidenza Gronchi.
Il Gronchi rosa
Giovanni Gronchi ha un peso importante nella cultura di massa. È il primo Presidente della Repubblica a visitare l'America Latina e Istanbul. Ma soprattutto diventa famoso a causa di un francobollo, emesso proprio in occasione del viaggio in Sudamerica. Un errore nella riproduzione dei confini geografici del Perù ne provoca il ritiro, rendendo il Gronchi Rosa la sfida più ambita degli appassionati di filatelia mondiale.
Antonio Segni
Il quarto Presidente della Repubblica è Antonio Segni. Per eleggerlo sono necessari nove scrutini, che lo portano al Colle dal 6 maggio 1962 al 6 dicembre 1964. Viene eletto di misura con il 51,9% dei voti. Conferisce l'incarico a tre Presidenti del Consiglio dei ministri: Amintore Fanfani, Giovanni Leone e Aldo Moro.
I suoi due anni al Quirinale sono caratterizzati da tensioni con il blocco formato da Ugo La Malfa, il PSI ed una parte della DC che spingeva per riforme sociali e strutturali. Il suo mandato si interrompe a causa di una trombosi cerebrale che lo colpisce il 7 agosto 1964 e lo porta a rassegnare le dimissioni volontarie il 6 dicembre 1964. Resta senatore a vita fino alla sua morte, avvenuta nel 1972.
Giuseppe Saragat
Un altro scrutinio sofferto è quello che porta all'elezione di Giuseppe Saragat come quinto Presidente della Repubblica Italiana. Lui è anche il primo esponente del partito socialdemocratico a ricoprire questa carica. Viene eletto il 29 dicembre 1964 con il 67,1% dei voti dopo 21 scrutini. Rimane in carica fino al 29 dicembre 1971 e senatore a vita fino all'11 giugno 1988, anno della sua morte.
Conferisce l'incarico a quattro Presidenti del Consiglio: Aldo Moro, Giovanni Leone, Mariano Rumor ed Emilio Colombo. Atlantista, si trova a scontrarsi con la politica pro-araba di Amintore Fanfani. Sotto la sua presidenza, l'Italia assiste alla riunificazione socialista: PSI e PSDI si unirono nel Partito Socialista Unificato.
Giovanni Leone
Giovanni Leone è il sesto Presidente della Repubblica Italiana, eletto con il maggior numero di votazioni parlamentari di sempre (23) il 29 dicembre 1971 con il 51,4% dei voti. Resto al Quirinale fino alle sue dimissioni, terminando il mandato il 15 giugno 1978. Opera come senatore a vita fino al 9 novembre 2001, anno della sua morte.
Come capo dello Stato, Leone conferisce l'incarico a tre presidenti del Consiglio: Giulio Andreotti, Mariano Rumor e Aldo Moro.
È il primo presidente a procedere allo scioglimento anticipato delle camere, nel 1972 e una seconda volta nel 1976. Si dimette in anticipo di sei mesi rispetto alla naturale scadenza del mandato, in seguito a campagne di stampa che lo vedono coinvolto nello scandalo Lockheed, legato a corruzione in diversi stati del mondo negli anni Settanta per la vendita di aerei militari.
Sandro Pertini
Il 9 luglio 1978 si insedia al Quirinale Sandro Pertini. Dopo 16 scrutini, conquista l'82,3% dei voti. Resta in carica fino al 29 giugno 1985, operando come senatore a vita fino al 24 febbraio 1990.
Come capo dello Stato conferisce l'incarico a sei presidenti del Consiglio: Giulio Andreotti, Francesco Cossiga, Arnaldo Forlani, Giovanni Spadolini, Amintore Fanfani e Bettino Craxi.
Nel suo discorso di insediamento, il neoeletto presidente sottolinea la necessità di porre fine alle violenze del terrorismo, ricordando la tragica scomparsa di Aldo Moro, avvenuta il 9 maggio 1978. La sua figura di eroico combattente antifascista imprime alla scena politica italiana un grande segnale di cambiamento.
Francesco Cossiga
Il 3 luglio 1985 Francesco Cossiga viene eletto Presidente della Repubblica con il 74,3% dei voti, ricevuti in un unico scrutinio. Resta in carica fino al 28 aprile 1992, esercitando il suo ruolo di senatore a vita fino al 17 agosto 2010, anno della sua morte.
Come capo dello Stato conferisce l'incarico a cinque presidenti del Consiglio: Bettino Craxi, Amintore Fanfani, Giovanni Goria, Ciriaco De Mita e Giulio Andreotti.
La presidenza Cossiga si divide in due fasi: una prima, in cui svolge il suo uolo in maniera istituzionale; una seconda, innescata dalla caduta del Muro di Berlino, che lo trasformano nel "picconatore" del sistema politico italiano.
Tentando di smuovere un sistema impantanato su se stesso, fu l'autore di uno dei discorsi più brevi della storia della Repubblica, tenuto il 31 dicembre 1991. «Parlare non dicendo, tacendo anzi quello che tacere non si dovrebbe, non sarebbe conforme alla mia dignità di uomo libero, al mio costume di schiettezza, ai miei doveri nei confronti della Nazione. E questo proprio ormai alla fine del mio mandato che appunto va a scadere il prossimo 3 luglio 1992. Questo comportamento mi farebbe violare il comandamento che mi sono dato, per esempio di un grande Santo e uomo di stato, e al quale ho cercato di rimanere umilmente fedele: privilegiare sempre la propria retta coscienza, essere buon servitore della legge, e anche quindi della tradizione, ma soprattutto di Dio, cioè della verità. E allora mi sembra meglio tacere.»
Oscar Luigi Scalfaro
Come per Pertini, ci vogliono 16 scrutini per eleggere Oscar Luigi Scalfaro con il 66,5% dei voti. Sale al Colle il 28 maggio 1992 e vi rimane fino al 15 maggio 1999. Diventa senatore a vita ed esercita la sua funzione fino al 29 gennaio 2012, anno della sua morte.
Come capo dello Stato conferisce l'incarico a sei presidenti del Consiglio: Giuliano Amato, Carlo Azeglio Ciampi, Silvio Berlusconi, Lamberto Dini, Romano Prodi e Massimo D'Alema. La sua presidenza assiste all'inchiesta Mani Pulite e all'ingresso in politica di Silvio Berlusconi. In più, la sua difficile presidenza assiste a una delle più forti crisi economiche del Paese. Il ruolo che Scalfaro riveste è quello di difesa dei valori fondanti della Repubblica.
Toccato dall'inchiesta sui fondi riservati del SISDE, la sera del 3 novembre 1993 Scalfaro si presenta in televisione, a reti unificate e interrompendo la telecronaca diretta della partita di Coppa UEFA tra il Cagliari e la squadra turca del Trabzonspor, con un messaggio straordinario alla nazione. In esso pronuncia l'espressione poi passata alla storia, «Non ci sto». Parla di «gioco al massacro» e dà una chiave di lettura dello scandalo come di una rappresaglia della classe politica travolta da Tangentopoli nei suoi confronti.
Carlo Azeglio Ciampi
Il 18 maggio 1999 sale al Colle Carlo Azeglio Ciampi, eletto con il 70% dei voti in un'unica votazione, segno di stima e affetto che la sua figura riscuoteva da sempre in Parlamento. Resta in carica fino al 15 maggio 2006, esercitando il ruolo di senatore a vita fino al 16 settembre 2016.
Come Capo dello Stato conferisce l'incarico a tre presidenti del Consiglio dei ministri: Massimo D'Alema, Giuliano Amato e Silvio Berlusconi.
Ciampi conquista un alto indice di gradimento popolare, diventando al pari di Pertini una delle figure nelle quali gli italiani ripongono la loro fiducia, rafforzando lo stesso ruolo del presidente della Repubblica. Durante il suo mandato reintroduce la parata delle forze armate. La fase turbolenta del suo settennato è contrassegnata dalla contrapposizione con Silvio Berlusconi.
Giorgio Napolitano
Giorgio Napolitano diventa l'undicesimo Presidente della Repubblica Italiana il 15 maggio 2006, ricoprendo due mandati fino al 14 gennaio 2015. È l'unico presidente ad aver ricoperto per due volte la stessa carica. Dopo aver rassegnato le sue dimissioni il 14 gennaio 2015, oggi svolge la sua attività di senatore a vita.
Come capo dello Stato conferisce l'incarico a cinque presidenti del Consiglio dei ministri: Romano Prodi, Silvio Berlusconi, Mario Monti, Enrico Letta e Matteo Renzi.
Nell'ambito del processo della presunta trattativa Stato-mafia, Napolitano solleva il conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale, chiedendo che le intercettazioni venissero distrutte. L'iter legale porta alla distruzione delle intercettazioni durante il giuramento per il secondo mandato di Napolitano, che avviene il 20 aprile 2013.
Nello stesso anno, lo stallo politico porta Napolitano a un'iniziativa inconsueta: nomina una commissione di “10 saggi” – esperti e personalità del mondo accademico e politico – che elaborino delle proposte in modo da individuare dei punti di convergenza per un possibile programma condiviso tra le forze politiche. Nello stesso momento preannuncia le sue dimissioni.
Ma un ampio schieramento di forze politiche porta alla sua seconda elezione e lo stallo politico termina con la nascita del governo guidato da Enrico Letta (Pd), a cui Napolitano affida l’incarico di governo pochi giorni dopo. Ma il neonato governo paga subito lo scotto di faide politiche interne al Pd, che portano a Palazzo Chigi Matteo Renzi.
Sergio Mattarella
Dopo 4 votazioni, il 31 gennaio 2015 viene eletto con il 65,9% dei voti Sergio Mattarella, presidente attualmente in carica. Il suo primo mandato è terminato a inizio 2022. Il 29 gennaio dello stesso anno, dopo un impasse durata diversi giorni, viene nuovamente eletto Presidente della Repubblica. Come Capo di Stato ha finora conferito l'incarico a tre presidenti del Consiglio dei ministri: Paolo Gentiloni, Giuseppe Conte e Mario Draghi.
Tra i primi atti della sua presidenza ci sono la rinuncia alla pensione da professore universitario (decurtata dallo stipendio da presidente) e l'ampliamento della zona visitabile del Quirinale. Ha affrontato tre crisi politiche e ha animato il suo mandato di un forte spirito europeista, in contrapposizione con pressanti spinte populiste.
Stefania Leo