sfondàto

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agg. e sm. [sec. XIV; pp. di sfondare].

1) Agg., che ha il fondo rotto; per estensione, sfasciato: porta sfondata. Fig.: ricco sfondato, ricchissimo. Familiare, ingordo, insaziabile, anche sm.: sei uno sfondato!

2) Sm., nell'arte, tipo di decorazione pittorica eseguita su cupole, soffitti, pareti, allo scopo di introdurre illusoriamente, mediante accorgimenti prospettici, spazi aperti all'interno di edifici o vani, continuando così lo spazio reale architettonico in uno spazio illusorio. L'uso degli sfondati nacque in epoca rinascimentale (famosi gli esempi di A. Mantegna nel Palazzo Ducale di Mantova e del Veronese nella Villa Barbaro a Maser) e trovò il massimo sviluppo nei due secoli successivi divenendo una vera e propria specializzazione pittorica (v. quadraturismo).

3) In anatomia, fondi ciechi, estroflessioni o dilatazioni di una formazione: sfondato o spazio del Douglas, ripiegamento del peritoneo dalla faccia anteriore del retto sulla parete posteriore e superiore della vescica (nell'uomo) o su quella posteriore dell'utero (nella donna); è la parte più declive della cavità pelvica

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