dìttico
sm. (pl. -ci) [sec. XVIII; dal greco díptycha, tavolette ripiegate]. Oggetto composto di due valve di legno, metallo o avorio, unite da una cerniera e chiudibili a libro. Nell'antichità fu usato per scrivere e a tale scopo le valve, all'esterno quasi sempre artisticamente ornate, all'interno venivano coperte di uno strato di cera su cui si incidevano le lettere con uno stilo. Per estensione, dipinto costituito da due tavole unite da una cerniera. § Nella tarda età imperiale fu in uso inviare dittici a ricordo di fausti avvenimenti (nomine di alti funzionari, matrimoni, ecc.). Di particolare importanza fra quelli a noi pervenuti sono i cosiddetti dittici consolari, usati a Roma per celebrare l'entrata in carica dei consoli. Inizialmente si adoperavano dittici profani come quello del sec. V (Monza, Tesoro del Duomo) in cui il console presentato in due pose diverse è stato trasformato nel sec. IX a rappresentare Davide e S. Gregorio; in seguito se ne eseguirono di appositi, con scene di argomento sacro (dittico con Le pie donne al sepolcro, Milano, Civico Museo del Castello Sforzesco; dittico con Storie della vita di S. Paolo, Firenze, Museo Nazionale del Bargello). I cristiani dei primi secoli usarono dittici per scrivervi i nomi di martiri, papi, vescovi. Tra i dittici emessi per celebrare avvenimenti legati alla storia di determinate famiglie e in particolare a matrimoni, si ricorda quello dei Simmaci e Nicomaci, diviso tra il Musée de Cluny di Parigi e il Victoria and Albert Museum di Londra. I dittici eseguiti nell'Impero d'Oriente cominciano con la serie, stilisticamente assai elegante, di Areobindo (506; i due principali si trovano nel Landesmuseum di Zurigo e nel Musée de Cluny a Parigi); tipici dell'elaborato stile orientale sono il dittico di Anastasio e quello di Magno (517 e 518, ambedue nella Biblioteca Nazionale di Parigi). I dittici imperiali composti di cinque valve, una al centro e quattro ai lati (avorio Barberini; Parigi, Louvre), presentavano di solito la figura dell'imperatore affiancata da vittorie alate, con cortei di barbari soggiogati, e servirono di modello ai dittici ecclesiastici adoperati come coperte di evangeliari, recanti al centro la figura del Cristo o della Vergine tra angeli, con cortei di re adoranti o simili. Durante i sec. XII e XIII nell'Oriente bizantino si diffuse la moda dei dittici intagliati nella parte interna delle valve in modo da formare icone doppie; questo uso devozionale dei dittici in avorio scolpiti internamente trovò largo impiego anche in Occidente in età gotica. I dipinti in forma di dittico (recanti sulle due facce episodi della vita di Cristo o di santi oppure una scena sacra su un pannello e sull'altro l'effigie del donatore in adorazione) furono largamente usati nel sec. XIV, specialmente dai fiamminghi. Si ricorse al dittico anche per realizzare doppi ritratti, come nel caso di quelli dei duchi d'Urbino dipinti da Piero della Francesca (Firenze, Uffizi).